Occupazione Abusiva Immobile: Pagare l’Indennità non Esclude il Reato
L’occupazione abusiva immobile, specialmente quando riguarda alloggi di edilizia popolare, rappresenta un tema di grande attualità e rilevanza sociale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione penale ha fornito chiarimenti cruciali, stabilendo che il pagamento di un’indennità all’ente proprietario non è sufficiente a sanare l’illecito né a evitare misure cautelari come il sequestro preventivo. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata e le implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine dal sequestro preventivo di un appartamento di proprietà dell’Istituto Autonomo Case Popolari (IACP), disposto dal Giudice per le Indagini Preliminari. L’immobile era stato occupato senza alcun titolo da una donna, indagata per il reato di invasione di terreni o edifici (art. 633 del Codice Penale).
L’indagata aveva presentato un’istanza di riesame al Tribunale, sostenendo che mancasse il cosiddetto periculum, ovvero il pericolo che giustifica il sequestro. A suo avviso, l’ente proprietario aveva, di fatto, acconsentito all’occupazione, inviandole bollettini per il pagamento di un'”indennità” e incassando regolarmente le somme. Inoltre, l’occupante si era autodenunciata proprio con l’intento di regolarizzare la sua posizione. Sulla base di questi elementi, la difesa riteneva insussistente il rischio di una protrazione del reato.
Il Tribunale del riesame, tuttavia, ha rigettato l’istanza, confermando il provvedimento di sequestro. Contro questa decisione, l’interessata ha proposto ricorso per Cassazione.
La Decisione della Corte di Cassazione sull’Occupazione Abusiva Immobile
La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato e privo della specificità richiesta dalla legge. La Corte ha confermato la piena legittimità del sequestro preventivo, ribadendo principi giuridici consolidati in materia di occupazione abusiva immobile a danno del patrimonio pubblico.
I giudici hanno smontato la tesi difensiva punto per punto, chiarendo la natura del reato e l’irrilevanza dei comportamenti tenuti dall’occupante e della presunta tolleranza dell’ente proprietario.
Le Motivazioni
La Suprema Corte ha fondato la sua decisione su tre pilastri argomentativi principali.
1. Irrilevanza del Pagamento dell’Indennità
Il punto centrale della motivazione riguarda la natura del pagamento effettuato dall’occupante. La Corte ha precisato che versare una somma a titolo di “indennità di occupazione” non equivale a pagare un canone di locazione. Tale indennità, prevista dall’art. 1591 del Codice Civile, rappresenta un mero risarcimento del danno per la mancata disponibilità del bene da parte del proprietario. Non costituisce, quindi, un titolo per legittimare la detenzione dell’immobile, né crea alcun tipo di rapporto contrattuale. L’occupazione rimane sine titulo, cioè illecita.
2. Sussistenza del Pericolo
La Corte ha respinto la tesi della mancanza del periculum. Il pericolo che giustifica il sequestro, in casi come questo, non è solo quello che altri possano commettere lo stesso reato, ma soprattutto la protrazione delle conseguenze dannose del reato già commesso. La condotta illecita dell’occupante continua a impedire che l’alloggio popolare venga assegnato a chi ne ha legittimamente diritto, secondo le graduatorie e le procedure pubbliche. Questo ostacolo alla destinazione pubblica del bene è proprio la conseguenza che il sequestro preventivo mira a interrompere.
3. La Natura Pubblica del Bene
Infine, la Cassazione ha richiamato la sua giurisprudenza costante, secondo cui gli alloggi di edilizia popolare sono destinati a perseguire finalità di interesse pubblico. La loro assegnazione deve avvenire esclusivamente attraverso procedure legali, trasparenti e non derogabili. Qualsiasi forma di acquiescenza o tolleranza da parte dell’ente pubblico non può sanare un’occupazione avvenuta al di fuori di queste regole, neanche per far fronte a situazioni di bisogno di persone non aventi diritto.
Le Conclusioni
La sentenza in esame rafforza un principio fondamentale: l’occupazione abusiva immobile di un alloggio popolare è un reato le cui conseguenze negative perdurano nel tempo e non possono essere sanate da accordi di fatto o dal pagamento di somme a titolo risarcitorio. La decisione ha importanti implicazioni pratiche:
– Per gli occupanti: Chi occupa un immobile pubblico senza titolo non può sperare di regolarizzare la propria posizione pagando un’indennità o autodenunciandosi. L’unica via è quella legale, attraverso le procedure di assegnazione previste.
– Per gli enti pubblici: La tolleranza verso le occupazioni abusive non solo non le rende lecite, ma può esporre l’ente stesso a responsabilità. È fondamentale agire con fermezza per ripristinare la legalità e garantire che i beni pubblici siano destinati a chi ne ha diritto.
– Per il sistema giudiziario: Viene confermata la piena legittimità del ricorso al sequestro preventivo come strumento efficace per interrompere la condotta illecita e le sue conseguenze dannose, tutelando l’interesse della collettività.
Pagare un’indennità all’ente proprietario sana l’occupazione abusiva di un immobile?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il pagamento di una somma a titolo di “indennità di occupazione” non legittima la permanenza nell’alloggio né trasforma l’occupazione illecita in un rapporto contrattuale. Tale pagamento costituisce solo un risarcimento per il danno subito dall’ente.
L’autodenuncia e la disponibilità a regolarizzare la propria posizione possono evitare il sequestro preventivo dell’immobile?
No. Secondo la sentenza, nemmeno l’autodenuncia o il pagamento di somme possono escludere il pericolo che giustifica il sequestro. Tale pericolo risiede nella protrazione delle conseguenze del reato, ossia nell’impedire che l’alloggio sia destinato a chi ne ha diritto secondo le procedure di legge.
L’acquiescenza di fatto da parte dell’ente proprietario (es. incassare i pagamenti senza chiedere il rilascio) rende lecita l’occupazione?
No. La sentenza chiarisce che il delitto di invasione di edifici sussiste anche in presenza di un’acquiescenza di fatto dell’ente pubblico. Gli alloggi popolari devono essere assegnati seguendo procedure legali specifiche, che non possono essere derogate da comportamenti tolleranti.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22555 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
SECONDA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22555 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/05/2025
– Presidente –
NOME COGNOME
NOME COGNOME
CC – 08/05/2025 R.G.N. 7167/2025
Motivazione Semplificata
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: NOME nato a MARSALA il 02/11/1998 avverso l’ordinanza del 18/12/2024 del TRIBUNALE di TRAPANI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; sentito il difensore, Avv. NOME COGNOME del foro di Marsala, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 18/12/2024 il Tribunale di Trapani ha rigettato l’istanza di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOME avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del Tribunale di Marsala del 20/11/2024 in relazione al reato di cui agli artt. 633 e 639-bis cod. pen. (invasione arbitraria di un appartamento in Marsala, di proprietà dello IACP).
Avverso l’ordinanza di riesame propone ricorso per cassazione la Maggio, tramite il difensore di fiducia, eccependo la carenza del requisito del periculum di cui all’art. 321 cod. proc. pen., posto che lo IACP aveva autorizzato per facta concludentia l’occupazione dell’immobile, avanzando richiesta di pagamento per la relativa indennità, tramite invio di bollettini, ed incassando le somme, senza pretendere il rilascio; non vi era, pertanto, il rischio concreto che altri potesse occupare l’appartamento o che l’indagata – che si era autodenunciata – protraesse il reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile perchØ presentato per un motivo privo della specificità necessaria ex artt. 581, comma 1, e 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. e, comunque, manifestamente infondato.
La ricorrente non contesta il fumus del reato (l’illegittima occupazione di un alloggio popolare), sostenendo la successiva regolarizzazione della propria posizione, a seguito dell’accettazione da parte dell’ente proprietario dell’indennità di occupazione, situazione che porterebbe ad escludere quanto meno il pericolo derivante dal ritardo nel rilascio, peraltro mai intimato.
La censura, già sottoposta all’esame del tribunale, non si confronta con la motivazione a riguardo del provvedimento impugnato che ha correttamente rilevato: a) l’accettazione da parte dello IACP dei pagamenti a titolo di indennità di occupazione ai sensi dell’art. 1591 cod. civ., senza legittimazione a permanere nell’alloggio; b) l’insussistenza di un’obbligazione contrattuale o di altro negozio giuridico legittimante la detenzione; c) il rischio di protrazione delle conseguenze del reato, posto che la condotta delittuosa della ricorrente continua ad essere di ostacolo alla destinazione pubblica dell’immobile ed agevola la commissione di reati analoghi.
La Corte ha piø volte ribadito che l’occupazione sine titulo di un alloggio costruito dall’Istituto Autonomo RAGIONE_SOCIALE integra gli estremi del reato di cui all’art. 633 cod. pen. anche nel caso in cui l’occupante si sia autodenunciato onde ottenere la regolarizzazione della propria posizione ed abbia corrisposto regolarmente il canone di locazione (Sez. 2, n. 37139 del 25/09/2007, COGNOME, Rv. 237357, in motivazione si Ł precisato che i predetti alloggi sono destinati al perseguimento di finalità di interesse pubblico e devono essere assegnati per legge solo agli aventi diritto, che vanno individuati secondo i criteri prefissati dagli organismi pubblici e da questi verificati attraverso idonee procedure, non derogabili neanche per provvedere a situazioni di estremo bisogno di terzi non aventi diritto; Sez.2, n. 40822 del 09/10/2008, COGNOME, Rv. 242242 ha precisato che integra il delitto di invasione di edifici la condotta di chi occupa sine titulo un alloggio in proprietà dell’Istituto autonomo case popolari, anche se con l’acquiescenza di fatto di detto ente pubblico.).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di € 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 08/05/2025 Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME