Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 31296 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 2 Num. 31296 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 10/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME
UP – 10/09/2025
R.G.N. 17132/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:
1.COGNOME NOME nato a Sant’Agata di Militello il 26/08/1993
NOME nata in Romania il 21/01/1990
COGNOME NOME nata a Sant’Agata di Militello il 09/09/1964 avverso la sentenza emessa in data 15/12/2023 dalla Corte di appello di Messina, prima sezione penale
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
preso atto che il procedimento si celebra con contraddittorio scritto, senza la presenza delle parti, in mancanza di rituale richiesta di trattazione orale secondo quanto disposto dagli artt. 610, commi 1 e 5 e 611, comma 1, cod. proc. pen.;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte depositate in data 23/07/2025 con le quali il sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto declaratoria di inammissibilità dei ricorsi; lette le conclusioni scritte depositate in data 28/07/2025 dall’avv. NOME COGNOME difensore della ricorrente COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso; preso che l’avv. NOME COGNOME difensore dei ricorrenti COGNOME NOME e NOMECOGNOME non ha depositato conclusioni scritte.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Messina ha confermato la pronuncia del 13/02/2023 del Tribunale di Patti che aveva dichiarato NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME responsabili, in concorso tra loro, del reato di cui agli artt. 633 e 639 bis cod. pen., con conseguente irrogazione della pena di un mese di reclusione, condizionalmente sospesa.
Hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, tramite i rispettivi difensori di fiducia articolando i seguenti motivi che, in quanto del tutto sovrapponibili tra loro, si illustrano cumulativamente, differenziando, secondo la prospettazione difensiva, i rispettivi ruoli ricoperti da ciascuno nella vicenda sottoposta a giudizio.
3.1. Con il primo ed il secondo motivo di ciascun ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen., l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con riferimento alla ritenuta sussistenza in capo agli imputati del reato di cui agli artt.
633 e 639 bis cod. pen. e il vizio di motivazione della sentenza impugnata per travisamento e, comunque, per carenza della stessa.
Si assume che le testimonianze raccolte nel dibattimento di primo grado sono state ‘letteralmente travisate’ dai giudici di appello secondo i quali i ricorrenti avrebbe abusivamente occupato l’immobile di proprietà RAGIONE_SOCIALE, a seguito della morte dell’assegnatario NOME COGNOME
Le deposizioni dell’agente di polizia giudiziaria NOME COGNOME e della testimone NOME COGNOME escludono che vi sia stato un insediamento stabile e di apprezzabile durata in tale appartamento al cui interno erano stati trovati i coimputati COGNOME e NOME COGNOME all’atto del controllo, mentre COGNOME era visto sopraggiungere: entrambi i testimoni, infatti, hanno riferito che la casa era ancora addobbata a funerale e gli arredi erano quelli appartenenti al defunto.
La volontà di COGNOME di occupare l’immobile non può essere desunta dal solo fatto che costui sia stato trovato in possesso di un blocco serratura e la coimputata COGNOME, nel corso dell’esame dibattimentale ne ha dichiarato l’estraneità.
Al momento dell’intervento delle forze dell’ordine, la COGNOME e la COGNOME si erano semplicemente affacciate nell’appartamento del defunto COGNOME spingendo la porta di ingresso che avevano trovato mezza aperta, al solo fine di constatare lo stato dell’immobile dopo la morte dell’assegnatario.
Non Ł stata quindi raggiunta alcuna prova di un accordo tra gli odierni ricorrenti, finalizzato ad occupare la casa assegnata al defunto; nØ vi Ł prova che costoro abbiano forzato la porta di ingresso.
La Corte di appello non ha tenuto in debita considerazione che l’appartamento era abbandonato e che nessuno dei parenti dell’ assegnatario intendeva subentrare nel possesso dell’immobile.
La coimputata COGNOME ha ben spiegato di essere lei sola a volere occupare la casa del Notaro trasferendosi nella stessa allo scopo di separarsi dal figlio NOME e dalla nuora NOME con i quali conviveva in spazi molto ristretti e in maniera conflittuale nell’appartamento sottostante a lei assegnato che, dunque, dopo il suo trasferimento, sarebbe rimasto in uso alla coppia.
NOME e NOME non avevano, dunque, alcun interesse o volontà di occupare l’immobile del defunto in quanto la madre aveva già manifestato l’intento di lasciare a loro disposizione quello già legittimamente in suo uso.
3.2. Con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b) e e), cod. proc. pen., la violazione di legge con riferimento all’art. 54 cod. pen. e la contraddittorietà della motivazione in punto di mancata applicazione dell’esimente dello stato di necessità.
La Corte di appello ha escluso la causa di giustificazione e il costrutto argomentativo sul quale si fonda tale assunto contrasta con gli esiti dell’istruttoria dibattimentale che ha dimostrato lo stato di indigenza degli imputati (l’assistente sociale COGNOME aveva riferito di una richiesta di sussidio addirittura per pagare una bolletta della luce di soli 58,00 euro) e le condizioni invivibili in cui dimoravano nella piccolissima abitazione assegnata alla COGNOME la quale, proprio per tale ragione, voleva trasferirsi nell’appartamento lasciato libero dal defunto Notaro.
3.3. Con il quarto motivo si deduce si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen., la violazione di legge con riferimento all’art. 131 bis cod. pen. e l’omessa motivazione in punto di mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
Nel caso di specie, in presenza di una occupazione di fatto neppure iniziata e comunque non protrattasi nel tempo, ben avrebbe potuto la Corte di appello ritenere particolarmente esigua l’offesa al bene giuridico protetto dalla fattispecie incriminatrice.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi possono essere valutati congiuntamente in quanto aventi ad oggetto identici profili di doglianza e vanno dichiarati inammissibili.
Non consentita, per come formulata, Ł la comune deduzione secondo cui le testimonianze assunte nel dibattimento sarebbero state ‘letteralmente travisate dai giudici di appello’.
Le difese ricorrenti, al riguardo, richiamano le deposizioni dell’agente di polizia giudiziaria NOME COGNOME e della testimone NOME COGNOME ma i relativi verbali trascrittivi non sono allegati, così da consentire l’apprezzamento del loro contenuto complessivo e verificare l’eventuale errore ‘sul significante’ nel quale sarebbero caduti i giudici di secondo grado (non sul “significato”, atteso il divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell’elemento di prova). Nel corpo del ricorso Ł riportato semplicemente un estratto di tali testimonianze (poche righe delle pagg. 4 e 7 dei relativi verbali stenotipici) ed in tal modo i ricorrenti hanno selezionato solo la parte ritenuta di loro interesse.
Va ricordato il consolidato orientamento di legittimità, che qui si ribadisce, secondo cui sono inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza e per genericità, quei motivi che, deducendo il vizio di manifesta illogicità o di contraddittorietà della motivazione, riportano meri stralci di singoli brani di prove dichiarative, estrapolati dal complessivo contenuto dell’atto processuale (Sez. 1, n. 23308 del 18/11/2024, COGNOME, Rv. 263601; Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2024, COGNOME, Rv. 265053; Sez. 2, n. 20677 del 11/0/ 2017, COGNOME, Rv. 270071).
In ogni caso, anche a volere considerare le sole parti dichiarative richiamate nei ricorsi, non si vede in che cosa consista il travisamento probatorio atteso che la Corte di appello ha riportato in sentenza esattamente quanto riferito dai testimoni COGNOME e COGNOME e cioŁ che al momento del sopralluogo era stata constatata non solo la presenza delle imputate COGNOME NOME COGNOME all’interno dell’appartamento già occupato dal legittimo assegnatario (deceduto quattro giorni prima) la cui porta di ingresso risultava forzata, ma anche il concomitante sopraggiungere di COGNOME il quale aveva con sØ un blocco di serratura per sostituire quello danneggiato.
Le ulteriori comuni prospettazioni in punto di sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del contestato reato di cui all’art. 633 cod. pen. sono parimenti non consentite in quanto reiterative di doglianze già proposte negli atti di appello (dei quali ciascun ricorso costituisce, di fatto, una mera fotocopia) e motivatamente disattese dalla Corte territoriale sulla scorta delle risultanze fattuali richiamate in entrambe le sentenze di merito, che si integrano tra loro, ed in conformità ai principi dettati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di invasione di edifici altrui. Con tale compiuto apparato argomentativo i ricorrenti non si confrontano e finiscono, al di là della formale deduzione di violazioni di legge e di vizi motivazionali, per invocare una non consentita rivalutazione degli elementi probatori.
La condotta tipica del reato di invasione di terreni o edifici consiste nell’introduzione non momentanea in un terreno o in un edificio altrui di cui non si abbia il possesso o la detenzione, senza la volontà dell’avente diritto e il dolo specifico Ł integrato dalla finalità di occupare l’immobile o di trarne altrimenti profitto, con la consapevolezza in capo all’agente dell’altruità del bene.
La Corte di appello (pagine 4 e 5 della sentenza impugnata), in coerenza agli esiti dell’istruttoria dibattimentale, ha dato conto della accertata presenza sine titulo di NOME COGNOME e NOME COGNOME all’interno dell’appartamento di proprietà dello RAGIONE_SOCIALE di Messina (già occupato da un legittimo assegnatario, deceduto qualche giorno prima) la cui porta di ingresso risultava forzata e danneggiata.
Da tale circostanza ha correttamente tratto la prova, sul piano oggettivo, della contestata condotta di invasione di edificio ad opera delle due imputate, nella specie avvenuta con violenza poichØ l’appartamento era chiuso a chiave dopo il decesso di colui che lo occupava legittimamente; ad essa aveva offerto un concreto contributo causale anche l’imputato COGNOME che, mentre era in corso l’intervento della polizia giudiziaria (allertata dal nipote del defunto in quanto informato della presenza di estranei nella casa nei giorni successivi al funerale del legittimo assegnatario), era sopraggiunto con in mano un blocco di serratura la cui destinazione era logicamente da individuarsi nella sostituzione di quella danneggiata, così da assicurarsi la disponibile esclusiva dell’immobile.
Sulla scorta di tali elementi fattuali e delle inequivocabili dichiarazioni rese da NOME COGNOME nel corso dell’esame dibattimentale, il collegio di merito – con considerazione tutt’altro che illogica e, come tale, non sindacabile in questa sede- ha ritenuto che la condotta di invasione (e cioŁ di indebito accesso in un immobile altrui in quanto di proprietàIRAGIONE_SOCIALE) era stata il frutto di un preciso accordo di tutti e tre gli imputati, diretto ad instaurare un concreto potere di fatto sullo stesso e cioŁ a consentirne alla COGNOME l’indebita perdurante e stabile occupazione abusiva, con conseguente profitto non solo per costei ma anche per il figlio (COGNOME e la moglie (NOMECOGNOME che avrebbero potuto così usufruire da soli dell’abitazione sottostante ove già dimoravano e godere, in tal modo, di maggiore spazio.
Manifestamente infondato Ł il terzo motivo, comune a tutti e tre i ricorsi, che concerne il mancato riconoscimento della causa di giustificazione di cui all’art. 54 cod. pen.
E’ principio ampiamente consolidato di questa Corte quello secondo cui l’abusiva occupazione di un bene immobile Ł scriminata dallo stato di necessità conseguente al pericolo di danno grave alla persona, il quale può consistere anche nella compromissione del diritto di abitazione ovvero di altri diritti fondamentali della persona riconosciuti e garantiti dall’art. 2 Cost., a condizione, tuttavia, che ricorrano, per tutto il tempo dell’illecita occupazione, anche gli altri elementi costitutivi della esimente, quali l’assoluta necessità della condotta e l’inevitabilità del pericolo; ne consegue che la stessa può essere invocata solo in relazione ad un pericolo attuale e transitorio e non per sopperire alla necessità di risolvere in via definitiva la propria esigenza abitativa(Sez. 2, n. 35024 del 09/10/2020, COGNOME, Rv. 280304; Sez. 2, n. 10694 del 30/10/2019, dep. 2020, Tortorici, Rv. 278520; Sez. 2, n. 9655 del 16/01/2015, Cannalire, Rv. 263296; Sez. 6, n. 28115 del 05/07/2012, COGNOME, Rv. 253035).
Di tale canone ermeneutico ha fatto buon governo la Corte di appello evidenziando che gli imputati non avevano allegato alcunchŁ in ordine ad una situazione di pericolo di tal fatta e, a ben vedere, non ricorreva neppure una emergenza abitativa poichØ tutti e tre gli imputati avevano la piena disponibilità di un alloggio e l’arbitraria invasione dell’appartamento posto al piano superiore rispetto a quello dove dimoravano era avvenuta semplicemente per risolvere situazioni conflittuali tra la Vasi e la nuora e, al contempo, per consentire a quest’ultima e al marito di godere di maggiori spazi.
Manifestamente infondato Ł anche il quarto comune di motivo.
Ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di
tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibili e dell’entità del danno o del pericolo. (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016 – dep. 06/04/2016, Tushaj, Rv. 26659001).
Nel caso di specie, la Corte di appello, con argomentazione immune da vizi logico giuridici e, come tale non sindacabile in questa sede, ha escluso l’applicazione dell’istituto di cui all’art. 131 bis cod. pen. in ragione del movente della condotta, descritto dalla stessa imputata COGNOME e dell’intensità del dolo caratterizzato dall’esigenza di assicurarsi una casa semplicemente piø ampia e piø comoda di quella di cui disponevano e non già da dimostrate difficoltà economiche ovvero dal bisogno di sopperire ad una necessità abitativa.
Alla inammissibilità dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali relative al presente grado di giudizio e al versamento, ciascuno, della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 10/09/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME