Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 47721 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 47721 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 10/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Rocca di Neto il giorno 25/4/1943 rappresentato ed assistito dall’avv. NOME COGNOME di fiducia avverso la sentenza in data 22/11/2023 della Corte di Appello di Catanzaro
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale del procedimento;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME COGNOME
letta la requisitoria scritta con la quale il Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso;
letta la memoria datata 11/11/2024 presentata dall’avv. NOME COGNOME quale difensore della parte civile NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso nonché la liquidazione delle spese e competenze come da nota allegata;
letta la memoria difensiva datata 3/12/2024 di replica alle conclusioni della Procura generale a firma dell’avv. COGNOME quale difensore dell’imputato.
RITENUTO IN FATTO
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Con sentenza in data 22 novembre 2023 la Corte di Appello di Catanzaro ha confermato la sentenza in data 11 settembre 2019 del Tribunale di Crotone con la quale era stata affermata la penale responsabilità di NOME COGNOME in relazione al reato di cui agli artt. 633 e 639-bis cod. pen. e, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, il predetto imputato era stato condannato a pena ritenuta di giustizia.
In particolare, si contesta al COGNOME di avere occupato un appezzamento di terreno di proprietà del Comune sito in Rocca di Neto – località INDIRIZZO effettuandone la coltivazione.
Il reato è contestato come consumato in data 11 marzo 2016 con condotta perdurante.
Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore (avv. COGNOME dell’imputato, deducendo:
2.1. Violazione dell’art. 21 della legge n. 203/1982 in relazione all’art. 606, lett. b), cod. proc. pen.
Rileva al riguardo il difensore del ricorrente che poiché l’appezzamento di terreno di cui all’imputazione era stato dal Comune di Rocca di Neto assegnato in affitto ad NOME COGNOME (figlio del precedente assegnatario NOME COGNOME) il quale aveva segnalato all’Ente l’occupazione abusiva da parte dell’odierno imputato NOME COGNOME, nel caso in esame si renderebbe applicabile la legge agraria n. 203/1982 che, ai sensi dell’art. 21, comma 1, vieta i contratti di subaffitto, di sublocazione e comunque di subconcessione dei fondi rustici. Sempre secondo la predetta legge la violazione di tale divieto può essere fatta valere entro quattro mesi dalla data in cui il concedente ne è venuto a conoscenza, termine di decadenza che il Comune non ha fatto valere con la conseguenza che il ricorrente deterrebbe ancora oggi in affitto l’appezzamento di terreno de quo.
2.2. Manifesta illogicità della motivazione ex art. 606, lett. e), cod. proc. pen. e mancata assoluzione dell’imputato per precedente giudicato in violazione dell’art. 649 cod. proc. pen.
Dopo avere illustrato le controversie intercorse nel tempo in seno al nucleo familiare dell’imputato in ordine alla disponibilità degli appezzamenti di terreno, rappresenta la difesa del ricorrente che a seguito della morte del padre (NOME COGNOME) i terreni in affitto del de cuius vennero divisi in via bonaria tra i figli e all’odierno ricorrente venne assegnato anche quello oggetto del presente procedimento (mapp. 29, part. 125 di proprietà del Comune).
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NOME COGNOMEfratello del ricorrente) fece un primo tentativo di appropriarsi di tale terreno iniziando nel 2005 un’azione legale ma il Tribunale rigettò il relativo ricorso.
Successivamente NOME COGNOME presentò quindi una querela contro il fratello ed il Giudice di Pace di Strongoli, con sentenza del 13 febbraio 2013 (divenuta irrevocabile), assolveva NOME COGNOME dal reato di cui agli artt. 81, 633 cod. pen. con la formula “perché il fatto non costituisce reato”.
Si sarebbe così formato un precedente giudicato sul punto.
A ciò si aggiunge, prosegue la difesa del ricorrente, che NOME COGNOME sarebbe subentrato al padre nel possesso del terreno il che non integra, secondo la giurisprudenza di legittimità il reato in contestazione.
2.3. Intervenuta prescrizione. Violazione dell’art. 158 cod. pen. in riferimento all’art. 606, lett. a), cod. proc. pen.
Rileva la difesa del ricorrente che la citata sentenza assolutoria del Giudice di pace di Strongoli del 13 febbraio 2013 avrebbe interrotto a far tempo da tale data la permanenza della consumazione del reato con la conseguenza che lo stesso è da ritenersi estinto per prescrizione.
2.4. Violazione dell’art. 1193 cod. civ. in relazione all’art. 606, lett. a), co proc. pen., nonché violazione degli artt. 633 e 639-bis cod. pen. per manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen.
Rileva il difensore del ricorrente che risulterebbe provato sulla base della deposizione testimoniale di tale NOME COGNOME che NOME COGNOME ha tentato il pagamento del canone di locazione relativo all’appezzamento di terreno oggetto dell’imputazione ma che tale pagamento è stato attribuito ad altri terreni dallo stesso condotti in affitto.
Sarebbe quindi ravvisabile nel caso in esame la violazione dell’art. 1193 cod. civ. che dispone l’imputazione del pagamento alla volontà del debitore il che dimostrerebbe che NOME COGNOME pagava e paga il canone di affitto del terreno in oggetto e non può essere considerato soggetto invasore arbitrario del terreno stesso.
Sostiene, infine, il difensore del ricorrente che la circostanza che la presenza di NOME COGNOME sul terreno di cui è processo è stata dichiarata legittima da due precedenti provvedimenti giudiziari e non può essere vanificata da un successivo contratto di affitto in mancanza di un provvedimento giudiziario che ordini il rilascio del fondo.
2.5. Con memoria difensiva datata 3 dicembre 2024 il difensore dell’imputato ha replicato alle conclusioni formulate dal Procuratore generale a firma dell’avv.
COGNOME quale difensore dell’imputato sostanzialmente ribadendo le doglianze proposte con il ricorso principale.
Con memoria datata 11 novembre 2024 l’avv. NOME COGNOME quale difensore della parte civile NOME COGNOME dopo avere ricostruito l’evoluzione dei fatti, ha rilevato che:
non risponde a realtà la circostanza che il ricorrente ignorava l’esistenza di un contratto di fitto e che lo stesso ha sempre coltivato il fondo;
le ricevute di pagamento dell’affitto del fondo prodotte dal ricorrente sono relative a terreni differenti da quello di cui è processo;
non v’è dubbio che alla data di contestazione di cui al capo di imputazione l’imputato occupava illegittimamente e senza titolo il terreno de quo, stante l’esistenza di un atto di assegnazione del fondo in data 25 novembre 2015 a favore della parte civile NOME COGNOME
Segnalava, ancora, il difensore della parte civile che NOME COGNOME in data 11 marzo 2016, aveva denunciato al Comune l’occupazione abusiva del terreno, che in data 16 agosto 2016 la stessa parte civile aveva ottenuto dal Comune l’autorizzazione a recintare il terreno e che il giorno successivo l’Ente aveva invitato nuovamente l’imputato NOME COGNOME ad abbandonare il terreno.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Non pertinente e comunque irrilevante in relazione ai fatti-reato di cui è processo deve ritenersi la richiamata circostanza che ai sensi dell’art. 21 della legge agraria n. 203/1982 dopo essere stato sancito che «Sono vietati i contratti di subaffitto, di sublocazione e comunque di subconcessione dei fondi rustici» si è ulteriormente precisato che «La violazione del divieto, ai fini della dichiarazione di nullità del subaffitto o della subconcessione, della risoluzione del contratto di affitto e della restituzione del fondo, può essere fatta valere soltanto dal locatore, entro quattro mesi dalla data in cui ne è venuto a conoscenza. Se il locatore non si avvale di tale facoltà, il subaffittuario o il sub concessionario subentra nella posizione giuridica dell’affittuario o del concessionario», ciò in quanto nel caso in esame non si discute dell’esistenza e della validità di contratti di subaffitto, d sublocazione e comunque di subconcessione dei fondi rustici, quanto, piuttosto dell’invasione abusiva di un terreno di proprietà comunale assegnato ad altro soggetto.
La valutazione di manifesta infondatezza riguarda poi anche il secondo motivo di ricorso atteso che in questa sede si discute di un reato contestato come accertato in data 11 marzo 2016 con condotta perdurante e comunque legato ad una assegnazione effettuata a beneficio di altro soggetto (NOME COGNOME dal legittimo proprietario Comune di Rocca di Neto con provvedimento amministrativo del 25 novembre 2015, prot. n. 6307, che non risulta mai essere stato revocato o annullato.
Ne consegue che tutti gli atti e le decisioni giudiziarie precedenti, come correttamente chiarito anche nella sentenza del Tribunale che si integra con quella della Corte di appello così a formare una c.d. “doppia conforme”, non assumono alcuna rilevanza neppure nell’ottica di cui all’art. 649 cod. pen.
Manifestamente infondato è anche il terzo motivo di ricorso non essendo decorso il termine di prescrizione del reato che, alla luce della contestazione “aperta” così come effettuata (e non contestata dalla difesa del ricorrente) vede decorrere per consolidata giurisprudenza (ex multis: Sez. 6, n. 2843 del 26/11/2003, dep. 2004, COGNOME, Rv. 228330 – 01) l’inizio del termine di prescrizione alla data della pronuncia della sentenza di primo grado (11 settembre 2019).
Manifestamente infondato è, infine, anche il quarto motivo di ricorso, in quanto il tentativo di pagare il canone di affitto per un terreno abusivamente occupato non consente ex sé di sanare una condotta delittuosa già commessa ed ancora in atto.
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186) al versamento della somma ritenuta equa di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Ne discendono, altresì, le correlative statuizioni di seguito espresse in ordine alla rifusione delle spese del grado in favore della costituita parte civile NOME COGNOME la cui liquidazione, tenuto conto del grado di complessità della vicenda processuale, viene operata secondo l’importo in dispositivo meglio enunciato.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME NOME, che liquida in complessivi euro 3.686/00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 10 dicembre 2024.