Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 8347 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 8347 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a San Severo il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 10/03/2023 del Tribunale di Foggia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni scritte, per il ricorrente, dell’AVV_NOTAIO, che insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 10 marzo 2023, il Tribunale di Foggia ha dichiarato la penale responsabilità di NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 1161 r.d. n. 327 del 1942 e gli ha irrogato la pena di 300,00 (trecento) euro di ammenda, con concessione del beneficio della sospensione condizionale.
Secondo quanto ricostruito dai giudici di merito, NOME COGNOME avrebbe occupato uno specchio d’acqua di un porto-canale, compreso nel demanio marittimo, facendovi stazionare il proprio natante da diporto, ormeggiandolo a paletti in ferro conficcati nel fondo del canale, e assicurandovi l’accesso mediante un pontile costituito da tavole di legno, anche in violazione di ordinanza del Ministero dei Trasporti n. 2/2007.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe NOME COGNOME, con atto sottoscritto dall’AVV_NOTAIO, articolando quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 1161 r.d. n. 327 del 1942, nonché difetto assoluto di motivazione, a norma dell’art. 606, cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta configurabilità del reato di occupazione abusiva di bene demaniale.
Si deduce che, a norma dell’art. 1161 r.d. n. 327 del 1942, l’occupazione di area demaniale effettuata da un veicolo implica un illecito amministrativo e non penale, che, secondo la giurisprudenza, tale fattispecie ricorre anche quando si è in presenza di imbarcazione o natante agevolmente rimuovibili (si cita Sez. 3, n. 49328 del 14/11/2013), che, nella specie, gli operanti hanno ammesso come l’ormeggio fosse assicurato da «mezzi di fortuna», e che la sentenza impugnata nulla ha motivato in proposito.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 158 cod. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla mancata dichiarazione di estinzione per prescrizione del reato.
Si deduce che la contestazione fa riferimento alla data del 2 dicembre 2016, e che la sentenza afferma la protrazione della condotta fino al 2019, sulla base di un travisamento delle dichiarazioni rese dal teste di polizia giudiziaria; questi, infatti, ha detto di essersi recato fino al 2019 nella zona dove aveva rinvenuto il natante ormeggiato, ma non ha precisato se, fino a quella data, il natante era rimasto in quella posizione. Si osserva, inoltre, che non vi è stata alcuna contestazione suppletiva in ordine alla permanenza del reato, e che, quindi, spettava alla Procura l’onere di dimostrarne la protrazione.
2.3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art 131-bis cod. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla mancata dichiarazione di non punibilità del reato per particolare tenuità del fatto.
Si deduce che la sentenza impugnata non ha motivato in ordine alla abitualità della condotta, e non ha spiegato perché deve ritenersi che l’imbarcazione sia TARGA_VEICOLO
rimasta ormeggiata nel punto indicato dalla polizia giudiziaria per circa tre anni. Si rappresenta, inoltre, che l’area interessata dall’ormeggio è esigua.
2.4. Con il quarto motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 163 cod. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo all’applicazione della sospensione condizionale della pena.
Si deduce che vi può essere interesse, da parte dell’imputato, alla mancata applicazione della sospensione condizionale della pena, come evidenziato da Sez. U, n. 6563 del 16/03/1994.
Nell’interesse del ricorrente, l’AVV_NOTAIO ha presentato memoria, nella quale si ribadiscono le argomentazioni esposte a fondamento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito precisate.
Manifestamente infondate sono le censure esposte nel primo motivo, che contestano la configurabilità del reato di occupazione abusiva di bene demaniale, deducendo che, nella specie, ricorrerebbe l’illecito amministrativo di cui al secondo comma dell’art. 1161 cod. nav., perché il fatto sarebbe stato commesso mediante un natante assicurato all’ormeggio con «mezzi di fortuna».
2.1. In giurisprudenza, la questione della configurabilità di un illecit amministrativo invece che penale, quando l’occupazione abusiva del demanio marittimo avviene con imbarcazioni o natanti, ha dato luogo a soluzioni contrastanti.
Secondo una decisione, in tema di occupazione abusiva di spazi demaniali, la sanzione amministrativa prevista dall’art. 1161, comma secondo, cod. nav., può essere irrogata non solo per l’occupazione commessa da mezzi circolanti su strada, ma anche per quella posta in essere da imbarcazioni o natanti con modalità o sistemi non provvisti di stabilità che ne consentano, quindi, una agevole rimozione (così Sez. 3, n. 49328 del 14/11/2013, D’Errico, Rv. 257349-01).
Altre decisioni, invece, affermano che, in tema di occupazione abusiva di spazi demaniali, la sanzione amministrativa prevista nell’art. 1161, comma secondo, cod. nav., non si riferisce ad imbarcazioni o natanti, ma unicamente ai mezzi circolanti su strada, in quanto la diversità di trattamento, rispetto alla prevision penale di cui al comma primo, si giustifica per la maggiore facilità con la quale può essere realizzata la rimozione del veicolo rispetto ai natanti ed alle imbarcazioni in genere, stanti altresì le modalità (gavitelli, corpi morti o impianti fissi) c
viene normalmente posta in essere la occupazione da parte di questi ultimi (così, tra le altre, Sez. 3, n. 33471 del 05/07/2006, Campione, Rv. 235123-01, e Sez. 3, n. 8410 del 12/01/2005, COGNOME, Rv. 230974-01, ma anche, in termini più generali, Sez. 3, n. 35790 del 15/02/2017, Messineo, Rv. 271396-01).
2.2. Ad avviso del Collegio, la tesi che ritiene configurabile un illecito amministrativo anche in caso di imbarcazione non può comunque estendersi all’ipotesi di occupazione effettuata mediante l’utilizzo di ulteriori oper abusivamente realizzate, sia pure in funzione ausiliaria all’ormeggio del natante.
Questa conclusione dall’assetto complessivo del sistema sanzionatorio previsto in materia di occupazione abusiva di spazio demaniale, come delineato dall’art. 1161 cod. nav.
Invero, l’art. 1161 cod. nav. prevede, al primo comma, un illecito penale con riferimento alla condotta di «hiunque arbitrariamente occupa uno spazio del demanio marittimo o aeronautico o delle zone portuali della navigazione interna, ne impedisce l’uso pubblico o vi fa innovazioni non autorizzate, ovvero non osserva i vincoli cui è assoggettata la proprietà privata nelle zone prossime al demanio marittimo od agli aeroporti», e, al secondo comma, un illecito amministrativo, «e l’occupazione di cui al primo comma è effettuata con un veicolo».
Il testo normativo, quindi, detta una disciplina secondo cui: a) l’occupazione di uno spazio demaniale o di una zona portuale della navigazione interna costituisce sempre reato; b) l’unica eccezione a questa regola AVV_NOTAIO ricorre se tale condotta sia «effettuata con un veicolo».
Di conseguenza, è ragionevole ritenere che, se l’occupazione è effettuata avvalendosi, oltre che di un veicolo, anche di cose fisicamente distinte rispetto ad esso, si è fuori dalla fattispecie di deroga alla disciplina AVV_NOTAIO.
In questo ambito penalmente rilevante, ricade anche l’ipotesi in cui, per assicurare la sosta di una imbarcazione, siano utilizzate strutture abusivamente realizzate per consentirne l’ormeggio o per assicurarvi l’accesso: dette strutture, infatti, sono cose ben distinte rispetto al veicolo, e, anzi, implicanti un’occupazione estesa ad uno spazio ulteriore rispetto a quello occupato da quest’ultimo.
2.3. Nella specie, dalla sentenza impugnata risulta che l’imbarcazione mediante la quale è stata realizzata l’occupazione abusiva, una motopesca, è rimasta ormeggiata per almeno tre anni in zona vietata dall’ordinanza del Ministero dei Trasporti n. 2/2007, e, per quanto indicato nell’imputazione, l’ormeggio è stato effettuato utilizzando paletti in ferro conficcati nel fondo del canale marino, nonché un pontile costituito da tavole in legno per assicurare l’accesso al veicolo.
L’occupazione abusiva del demanio marittimo, quindi, non è avvenuta solo mediante la sosta della nnotopesca, ma anche mediante l’utilizzo di specifiche strutture, quali i paletti in ferro conficcati nel fondo del canale marino e il pont in tavole in legno per accedere all’imbarcazione, utilizzate per almeno tre anni, l e A,
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quali erano state abusivamente realizzate: come indicato dal teste autore delle indagini, e puntualmente riportato in sentenza, l’attracco dell’imbarcazione era stata effettuato «con mezzi messi abusivamente perché non è censito nulla».
Si è perciò accertata una fattispecie di occupazione abusiva commessa a mezzo, congiuntamente, sia di una imbarcazione, sia di ulteriori oggetti abusivamente realizzati, e, quindi, come tale, non riconducibile al paradigma della occupazione «effettuata con un veicolo», unica condotta di occupazione abusiva di spazio demaniale integrante illecito amministrativo a norma dell’art. 1161, secondo comma, cod. nav., in deroga alla disciplina AVV_NOTAIO che configura l’occupazione abusiva di spazio demaniale come illecito penale.
Prive di specificità o comunque diverse da quelle consentite sono le censure formulate nel secondo motivo, che contestano la mancata dichiarazione di prescrizione, deducendo che la sentenza impugnata è incorsa in un travisamento della prova quando ha desunto dalla testimonianza del teste di accusa la prova della protrazione dell’ormeggio della motopesca sino al 2019, tra l’altro a fronte di una contestazione indicante come data di accertamento i(,2 dicembre 2016.
3.1. Va rilevato, in primo luogo, che il travisamento della prova è stato semplicemente allegato mediante una soggettiva riproduzione del verbale di udienza relativo alle dichiarazioni del teste che si assumono obiettivamente disattese, e non mediate allegazione del verbale o richiesta alla cancelleria del giudice a quo di allegazione dello stesso, a norma dell’art. 165-bis cod. proc. pen.
Va poi osservato, in ogni caso, che le dichiarazioni del teste, pure per come riportate nel ricorso, risultano certamente interpretabili nel senso che il medesimo ha visto il natante ormeggiato abusivamente nel luogo indicato nell’imputazione fino al 2019. Di conseguenza, anche a confrontarsi con quanto indicato nel ricorso, la questione posta attiene non al travisamento della prova, ma all’interpretazione della stessa, e, quindi, ad una operazione non consentita in sede di legittimità.
3.2. Per completezza, appare opportuno precisare che il riferimento, compiuto nel ricorso in via del tutto incidentale, al difetto di contestazione suppletiva della protrazione della permanenza dell’occupazione, è manifestamente infondato.
Il reato di occupazione abusiva di spazio demaniale di cui all’art. 1161 cod. nav. è sicuramente un reato permanente (cfr., per tutte, Sez. U, n. 11930 del 11/11/1994, Polizzi, Rv. 199168-01, e Sez. 3, n. 6732 del 09/01/2019, Guazzolini, Rv. 275837-01).
E, in materia di consumazione di reato permanente, la giurisprudenza di legittimità, ha più volte precisato che, salvo il caso di indicazione della data di cessazione della condotta, la stessa deve intendersi contestata come perdurante.
In particolare, secondo le Sezioni Unite, poiché la contestazione del reato permanente, per l’intrinseca natura del fatto che enuncia, contiene già l’elemento /’
del perdurare della condotta antigiuridica, qualora il pubblico ministero si sia limitato ad indicare esclusivamente la data iniziale (o la data dell’accertamento) e non quella finale, la permanenza – intesa come dato della realtà – deve ritenersi compresa nell’imputazione, sicché l’interessato è chiamato a difendersi nel processo in relazione ad un fatto la cui essenziale connotazione è data dalla sua persistenza nel tempo, senza alcuna necessità che il protrarsi della condotta criminosa formi oggetto di contestazioni suppletive da parte del titolare dell’azione penale (Sez. U, n. 11021 del 13/07/1998, Montanari, Rv. 211385-01; cfr., inoltre, in termini analoghi, con riferimento al reato di cui all’art. 1161 cod. nav. commesso mendiate la mancata attuazione di un’ordinanza di demolizione e sgombero di opere abusive realizzate su suolo demaniale marittimo, Sez. U, n. 11930 del 11/11/1994, n. 199169-01). Altra decisione ha osservato che, nel caso di reato permanente, la contestazione deve ritenersi “chiusa” quando reca indicazione della data di cessazione della condotta illecita (ad es. con la formula “accertato fino al…”), e, invece, “aperta” quando indica solo la data di inizio della consumazione o quella dell’accertamento, precisando che solo nella prima ipotesi è necessaria una modifica dell’imputazione ex art. 516 cod. proc. pen., mentre nella seconda il giudice può valutare, senza necessità di contestazioni suppletive, anche la condotta criminosa eventualmente posta in essere fino alla data della sentenza di primo grado (Sez. 2, n. 20798 del 20/04/2016, COGNOME, Rv. 267085-01).
Di conseguenza, del tutto legittimamente la sentenza impugnata ha ritenuto che l’indicazione posta alla fine dell’imputazione «accertato al 02.12.2016» abbia il significato di contestazione “aperta”, e che, quindi, non fossero necessarie contestazioni suppletive per poter affermare la protrazione della condotta illecita «almeno fino al 2019», e, così, per escludere la prescrizione del reato.
Manifestamente infondate sono le censure enunciate nel terzo motivo, che contestano la mancata dichiarazione di non punibilità del reato per particolare tenuità del fatto, deducendo l’illegittimità della motivazione della sentenza impugnata sul punto laddove ha ritenuto la protrazione della condotta per più anni ed ha omesso di considerare l’esiguità dello spazio demaniale occupato.
La sentenza impugnata, infatti, del tutto legittimamente afferma che l’occupazione abusiva si è protratta per circa tre anni, posto che la data di accertamento dell’ormeggio abusivo della motopesca risale a dicembre 2016 e che tale situazione di attracco abusivo, secondo le dichiarazioni del teste di polizia giudiziaria autore delle indagini, è rimasta inalterata fino al 2019.
Ciò posto, la pluriennale protrazione della condotta illecita costituisce elemento legittimamente valorizzabile per escludere la sussistenza della particolare tenuità del fatto a norma dell’art. 131-bis cod. pen.
Non sorrette da alcun interesse giuridicamente apprezzabile, o comunque prive di specificità sono le censure proposte con il quarto motivo, che contestano l’applicazione della sospensione condizionale della pena, deducendo che l’imputato potrebbe non avere interesse alla concessione di tale beneficio.
Ora, come rileva costantemente la giurisprudenza, è ammissibile l’impugnazione proposta dall’imputato avverso una sentenza di condanna a pena pecuniaria che sia stata condizionalmente sospesa senza sua richiesta, qualora l’impugnazione concerna interessi giuridicamente apprezzabili poiché correlati alla funzione stessa della sospensione condizionale, consistente nella “individualizzazione” della pena e nella sua finalizzazione alla reintegrazione sociale del condannato, e non si risolva nella prospettazione di motivi di mera opportunità, come quello di riservare il beneficio per eventuali condanne a pene più gravi (cfr., tra le tante, Sez. 5, n. 35315 del 25/03/2022, COGNOME, Rv. 283475-01, e Sez. 3, n. 17384 del 28/01/2021, COGNOME, Rv. 281539-01). Inoltre, altre decisioni precisano che è ammissibile l’impugnazione proposta dall’imputato avverso una sentenza di condanna a pena pecuniaria che sia stata condizionalmente sospesa senza sua richiesta, purché il medesimo alleghi e, se necessario, documenti un interesse giuridicamente apprezzabile correlato alla funzione stessa della sospensione condizionale (così, in particolare, Sez. 1, n. 43217 del 09/02/2018, Carrieri, Rv. 274410-01).
Ciò posto, il ricorso si limita a contestare la statuizione concernente la sospensione condizionale della pena pecuniaria, inflitta dalla sentenza impugnata nella misura di 300,00 euro di ammenda, ma non allega alcuno specifico interesse alla mancata applicazione del beneficio.
Di conseguenza, nella specie, non ricorre o comunque non è rilevabile alcun interesse giuridicamente apprezzabile alla mancata applicazione della sospensione condizionale della pena irrogata.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento a favore della cassa delle ammende, della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
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Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 12/01/2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente