Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 1726 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 1726 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a FIRENZE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/02/2023 del TRIBUNALE di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, nel senso dell’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Lecce, con la pronuncia indicata in epigrafe e all’esito di giudizio rescissorio, ha condanNOME NOME COGNOME per il reato (capo D dell’imputazione) di cui agli artt. 54 e 1161 del r.d. 30 marzo 1942, n. 327 (codice della navigazione) per aver, nella sua qualità di rappresentante legale di una società titolare della concessione demaniale marittima n. 13/2009 (rilasciata dal comune di Melendugno il 23 aprile 2009), abusivamente occupato con struttura in legno una zona del demanio marittimo, mantenendola oltre il termine previsto dai provvedimenti amministrativi.
Avverso la sentenza d’appello nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso fondato su due motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
2.1. Con il primo motivo si deduce il vizio cumulativo di motivazione in merito alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo della fattispecie contravvenzionale in oggetto, non avendo il giudicante considerato gli atti e i documenti acquisiti al processo e invece valutati con la sentenza annullata, proprio con riferimento all’assoluzione per il capo D in esame, da Sez. 3, n. 30423 del 20 aprile 2022, compresa, a dire del ricorrente, la sopravvenienza dell’art. 1, comma 246, della legge n. 145 del 30 dicembre 2018. Contraddittoriamente e in temini manifestamente illogici il Tribunale avrebbe difatti ritenuto sussistente l’elemento soggettivo in capo all’imputato in ragione dei limiti temporali di cui al provvedimento concessorio (cioè fino al termine della relativa stagione estiva – il 30 settembre 2015 -) e della protrazione dell’occupazione, a nulla valendo, in senso contrario l’inoltro, peraltro dopo la scadenza del termine, d’istanze volte al mantenimento della struttura.
2.2. Con il secondo motivo si deduce l’errore nel quale sarebbe incorso il giudice di merito nel non aver dichiarato l’estinzione del reato per prescrizione.
Si evidenzia che, come avrebbe chiarito dalla stessa sentenza rescindente, la fattispecie in esame non sarebbe istantanea e la sua permanenza cesserebbe con il venir meno dell’uso e del godimento illegittimi; la prescrizione decorrerebbe quindi fino a quando l’agente abbia rimosso l’opera o l’autorità pubblica abbia impedito la libera fruizione dell’area abusivamente occupata. Sicché, sempre per quanto sarebbe stato evidenziato dalla pronuncia di annullamento, il reato si sarebbe nella specie perfezioNOME con il sequestro preventivo, con decorrenza da tale data della prescrizione, derivando dal sequestro la perdita dell’uso e del godimento illegittimi dell’area demaniale. Il sequestro a cui far riferimento, però, a detta del ricorrente, sarebbe quello per primo effettuato, ancorché in altro procedimento, il 9 maggio 2016, allorché si constatò l’omessa rimozione della struttura e la sua trasformazione da balneare
a ristorante, e non quello effettuato, nel procedimento culmiNOME nel processo concluso con la sentenza impugnata, in data 9 dicembre 2017. Ciò anche se, sequestrata la struttura, in data 9 maggio 2016, fu concessa all’imputato la facoltà d’uso a partire dal 13 giugno 2016 sino al termine della stagione estiva. Ne conseguirebbe che, considerate le sospensioni per un totale di anni uno, mesi uno e giorni venti (già evidenziate dalla sentenza annullata, sul punto richiamata dalla sentenza rescindente), il termine di prescrizione quinquennale sarebbe decorso il 29 giugno 2022.
La Procura generale ha concluso per iscritto nei termini di cui in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, confrontando il ricorrente il suo dire non con la motivazione della sentenza impugnata (emessa all’esito del giudizio rescissorio), che ha accertato la responsabilità dell’imputato, punibile anche a titolo di colpa, per la fattispecie contravvenzionale ascritta, muovendo, in termini non contraddittori né manifestamente illogici, anche dalle istanze, successive, volte al mantenimento della struttura, ma, piuttosto, riproponendolo, con l’apparato argomentativo della sentenza annullata dalla Suprema Corte in accoglimento dell’impugnazione del Pubblico Ministero (per l’inammissibilità del motivo di ricorso che non coglie la ratio decidendi del provvedimento impugNOME, venendo così meno, in radice, l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso, ex plurimis: Sez. 4, n. 2644 del 16/12/2022, dep. 2023, COGNOME, in motivazione; Sez. 4, n. 49411 del 26/10/2022, COGNOME, in motivazione; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584).
Il ricorrente, laddove, nell’aggredire (sempre con il primo motivo di ricorso) l’apparato motivazionale della sentenza impugnata in merito alla ritenuta responsabilità per la fattispecie contravvenzionale in esame, fa riferimento agli effetti di cui al sopravvenuto art. 1, comma 246, della legge n. 145 del 30 dicembre 2018, mostra di non confrontarsi con il principio sancito dalla sentenza rescindente (Sez. 3, n. 30423 del 20/04/2022), cui il giudice di merito si è invece conformato, che esclude la retroattività della norma da ultimo indicata.
Parimenti dicasi circa il profilo deducente l’intervenuta prescrizione del reato (motivo secondo).
Il ricorrente argomenta muovendo da una data di commissione dello stesso in contrasto, ancora una volta, con quanto statuito dalla citata sentenza rescindente. La Suprema Corte, difatti, pronunciandosi su specifico motivo d’impugnazione, dopo aver ribadito la natura permanente della contravvenzione di cui all’art. 1161 cod. nav., ha statuito che: «Nel caso de quo il Pubblico ministero ha correttamente indicato che il reato si è perfezioNOME con il sequestro preventivo del 9 dicembre 2017; da tale data decorre anche il termine di
prescrizione che maturerà, tenuto conto dei periodi di sospensione indicati dal Tribunale di Lecce, il 31 gennaio 2024».
In conclusione, all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende, ex art. 616 cod. proc. pen., che si ritiene equa valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso nei termini innanzi evidenziati (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore dalla cassa delle ammende.
Così deciso il 16 novembre 2023 Il Co
Il Presidente