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Occupazione abusiva demaniale: Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per occupazione abusiva demaniale a carico del titolare di una concessione balneare. Il ricorso, basato sulla presunta assenza di dolo e sulla richiesta di applicazione della particolare tenuità del fatto, è stato respinto. La Corte ha stabilito che la reiterazione della condotta, anche a seguito di un primo provvedimento non definitivo, è sufficiente a dimostrare la consapevolezza dell’illecito e a escludere la tenuità del fatto, data la protratta lesione del bene giuridico tutelato.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Occupazione abusiva demaniale: la Cassazione sulla reiterazione della condotta

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 30397/2025, offre importanti chiarimenti in materia di occupazione abusiva demaniale, un reato previsto dall’articolo 1161 del codice della navigazione. Il caso riguarda il titolare di una concessione balneare condannato per aver esteso la propria attività su un’area adiacente non autorizzata. La pronuncia si sofferma su due aspetti cruciali: la prova dell’elemento soggettivo del reato e i limiti all’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

I Fatti del Caso

Il socio accomandatario di una società, titolare di una concessione demaniale marittima per uno stabilimento balneare, veniva condannato dal Tribunale di Savona a una pena di 500 euro di ammenda. L’accusa era di aver occupato, senza averne titolo, una porzione di litorale denominata “pennello di levante”, posizionandovi ombrelloni e lettini.

La condotta illecita era stata accertata tra il 18 e il 22 agosto 2023. Un dettaglio rilevante è che l’imputato era già stato sanzionato per un’analoga occupazione della stessa area nel mese di luglio 2023 tramite un decreto penale di condanna. A seguito di una nuova segnalazione, l’area era stata sottoposta a sequestro e l’imputato aveva ricevuto un secondo decreto penale, al quale si era opposto, dando così origine al processo.

I Motivi del Ricorso e l’occupazione abusiva demaniale

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione lamentando principalmente due vizi della sentenza di condanna:

1. Mancanza di motivazione sull’elemento soggettivo: Secondo la difesa, il Tribunale non avrebbe adeguatamente motivato la sussistenza della consapevolezza e volontà di commettere il reato, ossia l’arbitrarietà della condotta.
2. Erronea applicazione della legge penale: Il ricorrente contestava il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). Sosteneva che il primo decreto penale, essendo stato opposto e quindi non definitivo, non potesse essere considerato un precedente ostativo. Criticava inoltre la contraddittorietà della motivazione che, pur definendo la vicenda “circoscritta e non lesiva del profilo ambientale”, aveva negato le circostanze attenuanti generiche.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i motivi di ricorso infondati, rigettando le argomentazioni della difesa.

Sul primo punto, relativo all’elemento soggettivo, la Corte ha sottolineato che la materialità del fatto – ovvero l’occupazione di un’area palesemente esterna alla concessione – costituisce di per sé la “proiezione esterna della consapevolezza” di agire illecitamente. Spettava all’imputato, secondo i giudici, fornire elementi a sostegno di un eventuale errore o di un convincimento incolpevole di agire nei limiti del proprio diritto, cosa che non è avvenuta né nel merito né in sede di legittimità.

Per quanto riguarda il secondo motivo, la Corte ha formulato un principio di diritto di notevole importanza pratica. Ha stabilito che la reiterazione della condotta può essere legittimamente valutata per escludere la particolare tenuità del fatto, a prescindere dalla definitività del precedente provvedimento sanzionatorio. La Corte ha osservato che l’identità dell’oggetto della condotta e la sua prosecuzione, nonostante la prima segnalazione di luglio e l’intimazione a rimuovere le attrezzature, dimostrano una compressione del bene giuridico tutelato “tutt’altro che tenue”. Il fatto che si sia reso necessario un sequestro penale ha ulteriormente confermato la gravità e la persistenza della violazione.

Infine, la Corte ha escluso qualsiasi contraddizione tra l’applicazione di una pena vicina al minimo e il diniego delle attenuanti generiche. Le due valutazioni si basano su presupposti diversi: la prima attiene alla gravità oggettiva del singolo fatto (ritenuto non particolarmente allarmante sotto il profilo ambientale), mentre la seconda riguarda l’assenza di elementi positivi (come la resipiscenza) che possano giustificare una riduzione di pena.

Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce la fermezza della giurisprudenza nel contrastare il fenomeno dell’occupazione abusiva demaniale. I principi affermati hanno importanti implicazioni: la consapevolezza dell’illecito può essere presunta dalla manifesta estraneità dell’area occupata rispetto alla concessione, e la ripetizione del comportamento illecito, anche se avvenuta prima di una condanna definitiva, è un fattore decisivo per negare la non punibilità per particolare tenuità del fatto. Questa pronuncia serve da monito per i concessionari balneari, richiamandoli a un rigoroso rispetto dei limiti delle aree loro affidate, pena l’impossibilità di invocare la lieve entità dell’offesa di fronte a condotte ostinatamente reiterate.

Quando si considera provata la consapevolezza nell’occupazione abusiva demaniale?
La consapevolezza (dolo) si considera provata dalla materiale occupazione di un’area esterna alla propria concessione. Secondo la Corte, questo fatto oggettivo è la proiezione esterna della coscienza dell’arbitrarietà della condotta, a meno che l’imputato non fornisca prova di un errore incolpevole.

La reiterazione di un’occupazione abusiva impedisce di applicare la ‘particolare tenuità del fatto’?
Sì. La Corte ha stabilito che la reiterazione della condotta, specialmente dopo una prima segnalazione e un’intimazione, dimostra una compressione duratura del bene protetto che è incompatibile con la particolare tenuità del fatto, escludendone quindi l’applicazione.

Un precedente decreto penale non definitivo può essere usato per valutare la gravità della condotta?
Sì. Anche se il precedente decreto penale è stato opposto e non è ancora irrevocabile, il fatto che la condotta illecita sia stata ripetuta dopo quel primo provvedimento può essere legittimamente considerato dal giudice per valutare la gravità del comportamento e negare la causa di non punibilità per particolare tenuità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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