Occupazione abusiva: quando la condotta permanente esclude le tutele
L’occupazione abusiva di immobili, specialmente se destinati a finalità pubbliche come gli alloggi popolari, rappresenta una problematica giuridica complessa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sulla natura permanente di questo reato e sui limiti di applicabilità di scriminanti come lo stato di necessità. La decisione sottolinea come la persistenza nell’illecito influenzi direttamente la valutazione della condotta e le possibili cause di non punibilità.
Il caso: un’occupazione prolungata di un alloggio pubblico
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda il ricorso presentato da due persone condannate per l’invasione e l’occupazione di un appartamento di edilizia residenziale pubblica. Gli imputati avevano fatto ricorso sostenendo, tra le altre cose, di essere subentrati a un precedente occupante e di versare in uno stato di necessità. La Corte d’Appello aveva già rigettato tali argomentazioni, confermando la condanna. I ricorrenti hanno quindi portato la questione dinanzi alla Corte di Cassazione, riproponendo sostanzialmente le medesime difese.
L’analisi della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, ritenendo i motivi proposti una mera reiterazione di quelli già correttamente valutati e respinti nel giudizio di secondo grado. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per ribadire alcuni principi fondamentali in materia di occupazione abusiva.
In primo luogo, è stato chiarito che il subentrare a un altro soggetto che già occupava illecitamente l’immobile non esclude la rilevanza penale della propria condotta. L’atto di invasione e occupazione si configura autonomamente. Inoltre, la Corte ha confermato la procedibilità d’ufficio per questo tipo di reato, data la finalità di interesse pubblico degli immobili dell’Istituto Case Popolari, anche quando sono già stati assegnati.
Le motivazioni: perché non si applica lo stato di necessità?
Uno dei punti centrali della decisione riguarda il rigetto della scriminante dello stato di necessità. La Corte ha spiegato che tale causa di giustificazione non può essere invocata quando l’occupazione abusiva si protrae per un lungo periodo. Lo stato di necessità presuppone un pericolo attuale e imminente di un danno grave alla persona. Una situazione illecita che si consolida nel tempo, diventando una scelta di vita stabile, perde i caratteri dell’eccezionalità e dell’urgenza richiesti dalla norma. La permanenza nell’immobile, quindi, neutralizza la possibilità di appellarsi a questa scriminante.
Le motivazioni: il reato permanente e la non punibilità
La Corte ha inoltre affrontato la questione della non punibilità. L’occupazione illegale è un reato permanente, il che significa che la condotta illecita si protrae continuativamente nel tempo fino a quando l’occupante non lascia l’immobile. La persistenza dell’illecito al momento del giudizio è stata considerata ostativa alla dichiarazione di non punibilità. In altre parole, non si può chiedere di non essere puniti per un reato che si sta ancora commettendo. La pena inflitta, peraltro, è stata giudicata congrua e contenuta, tenendo conto delle modalità della condotta e dei precedenti penali degli imputati.
Conclusioni: le implicazioni della decisione
Questa ordinanza della Cassazione consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso in materia di occupazione abusiva. Le conclusioni che se ne traggono sono chiare: la lunga durata dell’occupazione non attenua, ma anzi aggrava, la posizione dell’imputato, precludendogli l’accesso a scriminanti come lo stato di necessità. La natura di reato permanente impedisce l’applicazione di cause di non punibilità finché la condotta illecita perdura. La decisione serve da monito, sottolineando che la tutela del patrimonio immobiliare pubblico e il rispetto delle regole di assegnazione degli alloggi popolari sono beni giuridici che l’ordinamento protegge con fermezza, anche di fronte a situazioni di disagio personale che non presentino i rigorosi requisiti dello stato di necessità.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una semplice ripetizione di quelli già esaminati e correttamente respinti dalla Corte d’Appello, senza introdurre nuovi e validi punti di diritto.
Perché non è stata riconosciuta la scriminante dello stato di necessità?
La scriminante dello stato di necessità non è stata riconosciuta perché l’occupazione abusiva si era protratta per lungo tempo. Una condotta illecita permanente è incompatibile con il requisito del pericolo “imminente” richiesto per l’applicazione di tale scriminante.
Subentrare a un altro occupante abusivo esclude il reato?
No, la Corte ha chiarito che il fatto di essere subentrati nell’occupazione a un altro soggetto che già occupava abusivamente l’immobile non esclude la rilevanza penale della propria condotta.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30885 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30885 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a ERICE il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato a MARSALA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/11/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi nell’interesse di COGNOME NOME e COGNOME NOME;
considerato che i motivi di ricorso sono reiterativi dei motivi di appello, ai quali la Corte ha fornito corretta ed esaustiva risposta evidenziando che gli imputati sono stati rinvenuti all’interno dell’appartamento abusivamente occupato e si presume lo abbiano invaso per occuparlo, e che l’essere subentrati nella detta occupazione ad altro soggetto che aveva abusivamente occupato non esclude la rilevanza penale della condotta; che non ricorrono i presupposti della scriminante dello stato di necessità poiché l’occupazione si è protratta per lungo tempo; che si tratta di reato perseguibile d’ufficio poiché gli immobili dell’RAGIONE_SOCIALE sono adibiti a finalità di interesse pubblico, anche dopo l’assegnazione al singolo; che non può trovare applicazione la causa di non punibilità poiché al momento della celebrazione del giudizio i due imputati permanevano nell’appartamento da lungo tempo e la persistenza della condotta illecita, in caso di reati permanenti, risulta ostativa alla dichiarazione di non punibilità della condotta, che la pena è stata determinata in misura molto contenuta ed è stata ritenuta congrua, tenuto conto delle modalità della condotta e della personalità dei due imputati pluripregiudicati.
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 21 giugno 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente