Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 8654 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 8654 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da AVV_NOTAIO, nato a Taranto il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/03/2023 della Corte di appello di Lecce visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, parzialmente riformando la decisione emessa dal Tribunale di Brindisi e appellata dall’imputato, la Corte di appello di Lecce ha escluso la recidiva e, per l’effetto, ha rideterminato in sei mesi di reclusione l pena inflitta nei confronti di NOME, nel resto confermando la pronuncia impugnata, la quale aveva affermato la penale responsabilità dell’imputato per il delitto di cui all’art. 10 d.lgs. n. 74 del 2000.
Avverso la sentenza, l’imputato, tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, con cui deduce:
la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in relazione all’art. 10 d.lgs. n. GLYPH 74 del 2000, in quanto, per l’integrazione del reato, è necessario un comportamento commissivo di distruzione o di occultamento delle scritture contabili di cui è obbligatoria la conservazione e, in ogni caso, l documentazione fornita dall’imputato era sufficiente per la determinazione dell’ammontare dei redditi e del volume d’affari della società di cui i NOME era il legale rappresentante, il che escluderebbe anche la sussistenza del dolo;
la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 62 -bis e 163 cod. pen., in quanto il contegno collaborativo assunto dall’imputato, la disapplicazione della recidiva e l’età avanzata dell’imputato avrebbero dovuto condurre i giudici di merito al riconoscimento sia della circostanze attenuanti generiche, sia della sospensione condizionale della pena;
la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen. per la mancata assunzione di una prova decisiva, ossia una consulenza tecnica d’ufficio e l’esame di tre testimoni, ritenuti indispensabili per verificare la sufficienza meno della documentazione contabile depositata all’agenzia delle entrate a determinare l’ammontare dei redditi e del volume di affari della società per l’anno di imposta 2010;
l’intervenuta prescrizione del reato, maturata, secondo quanto affermato dalla Corte di appello, il 16 giugno 2023, e considerando che non potrebbe tenersi conto del rinvio disposto all’udienza del 14 novembre 2016 all’il aprile 2017, che, pur risultando dqlla trascrizione del verbale fono registrato, non è stato indicato nel verbale di udienza riassuntivo; in ogni caso, la sospensione sarebbe illegittima oltre i sessanta giorni.
Nel termine di legge, il difensore, AVV_NOTAIO del foro di Brindisi, ha depositato memoria con cui insiste per l’accoglimento del ricorso.
In data odierna, il difensore ha fatto pervenire comunicazione con cui dichiara di rinunciare alla discussione orale che era stata precedetemente richiesta e autorizzata dal Presidente di Sezione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il primo motivo è inammissibile perché generico e fattuale.
I giudici di merito, con doppia valutazione convergente, hanno evidenziato che gli unici documenti prodotti dal consulente su incarico del AVV_NOTAIO – il quale, al momento dell’avvio della verifica, rivestiva la carica di liquidatore del società RAGIONE_SOCIALE, e solo quattro giorni dopo diveniva socio unico e, tre giorni dopo ancora, amministratore unico – sono state le fatture, asseritamente rilasciate dalla società amministrata dall’imputato, prodotte non in ordine di protocollo e, soprattutto, riguardanti le sole operazioni passive poste in essere dalla società, e, quindi, inidonee a quantificare i ricavi, il volume d’affar conseguentemente, le imposte dovute, tanto che, anche a causa dell’interruzione di ogni contatto con l’agenzia delle entrate, il procedimento si era concluso con un accertamento induttivo.
Su queste basi, la Corte di merito ha perciò ritenuto pienamente sussistente il delitto in esame, per la cui integrazione non si richiede che si verifichi concreto una impossibilità assoluta di ricostruire il volume d’affari o dei reddit essendo sufficiente anche una impossibilità relativa, non esclusa quando a tale ricostruzione si possa pervenire aliunde (Sez. 3, Sentenza n. 7051 del 15/01/2019, COGNOME, Rv. 275005; Sez. 3, Sentenza n. 39711 del 04/06/2009, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 244619).
3. Il secondo motivo è inammissibile.
3.1. Ribadito che, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti a fini della concessione o dell’esclusione (ex mulds, cfr. Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899) e che l’applicazione delle circostanze in esame non costituisce un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il
diniego di concessione delle stesse (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2 dep. 21/06/2021, COGNOME, Rv. 281590), nel caso di specie la Corte merito, per un verso, ha escluso la sussistenza di elementi positivi t giustificare una riduzione di pena, anche considerando che l’imputato, p tramite del consulente, non solo aveva consegnato le fatture alla rinfusa e quelle attestanti i costi, fatture che poi, una volta ritirate con l’i riordinarle, non erano state più riconsegnate; per altro verso, ha indivi come elemento ostativo, la negativa personalità dell’imputato, come emerge d precedenti penali.
Si tratta di una valutazione di fatto non manifestamente illogica, che su il vaglio di legittimità.
3.2. Quanto alla sospensione condizionale, si osserva iné con l’att appello, né in sede di conclusioni rassegnate all’udienza di discussio difensore aveva chiesto tale beneficio; di conseguenza, l’imputato non dolersi, con ricorso per cassazione, della sua mancata concessione, qualora ne abbia fatto richiesta nel corso del giudizio di merito (Sez. U, n. 225 25/10/2018, dep. 2019, Salerno, Rv. 275376).
4. Inammissibile è il terzo motivo.
4.1. Si rammenta che la rinnovazione del giudizio in appello è istitu carattere eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente quando il giu ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli tutti, cfr. Sez. U, n. 2780 del 24/01/1996, COGNOME ed RAGIONE_SOCIALE, Rv. 203974; S n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266820). Si è inoltre chiarito solo nel caso di prove sopravvenute o scoperte dopo la sentenza di primo gra (art. 603, comma 2, cod. proc. pen.), la mancata assunzione può costitu violazione dell’art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., mentre, neg casi previsti (commi primo e terzo dell’art. 603), il vizio deducibile in legittimità è quello attinente alla motivazione previsto dalla lett. e) del m art. 606 (Sez. 4, n. 4675 del 17/05/2006, dep. 2007, COGNOME, Rv. 235654; 5, n. 34643 del 08/05/2008, COGNOME, Rv. 240995).
Va, infine, ricordato che, in tema di ricorso per cassazione, può e censurata la mancata rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattime qualora si dimostri l’esistenza, nell’apparato motivazionale posto a base decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal tes medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le qua sarebbero state presumibilmente evitate provvedendosi all’assunzione o a riassunzione di determinate prove in appello (Sez. 6, n. 1400 del 22/10/20
dep. 2015, P.R., Rv. 261799; Sez. 6, n. 1256 del 28/11/2013, dep. 2014, Cozzetto, Rv. 258236).
4.2. Nel caso di specie, la Corte di merito ha evidenziato, per un verso, la completezza della piattaforma acquisita nel giudizio di primo grado, da cui erano emersi con chiarezza i risvolti fattuali dalla vicenda, e, in particolare, la mancat collaborazione dell’imputato nel reperire la documentazione richiesta; per altro verso, la non praticabilità della consulenza tecnica, per la dirimente ragione che non erano più a disposizione dell’A.g. le fatture, le quali, come detto, riguardavano solamente i costi sostenuti dalla società, sicché l’eventuale accertamento sarebbe stato anche parziale, non potendo stabilire i ricavi e il volume di affari della società.
Si osserva, infine, che – a prescindere dall’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi, che non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D. L., Rv. 217266) – la prescrizione non è affatto maturata.
Invero, posto che il reato si è consumato il 6 gennaio 2013, data in cui ha avuto inizio l’attività di accertamento da parte dell’amministrazione (cfr. Sez. 3, n. 14461 del 25/05/2016, dep. 2017, Quaglia, Rv. 269898), il termine decennale di prescrizione, cui devono aggiungersi 414 giorni di sospensione – 64 giorni ai sensi dell’art. 83, comma 4, d.l. 17 marzo 2020, n. 18 (cfr. Sez. U, n. 5292 del 26/11/2020, dep. 2021, Sanna, Rv. 280432-03), dal 27 giugno 2022 al 13 marzo 2023, pari a 197 giorni, e dall’Il aprile 2017 all’il settembre 2017, pari a 153 giorni, in entrambi i casi per adesione del difensore all’astensione dalle udienze -, maturerà il 24 febbraio 2024.
Essendo il ricorso inammissibile e ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 17/01/2024.