Occultamento Scritture Contabili: La Cassazione Dichiara il Ricorso Inammissibile
L’occultamento di scritture contabili rappresenta un grave reato fiscale, disciplinato dall’articolo 10 del D.Lgs. 74/2000. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 46391/2024, ha fornito importanti chiarimenti sui limiti del ricorso e sulla valutazione delle prove in questi casi. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore, condannando la sua linea difensiva come manifestamente infondata e ribadendo principi fondamentali in materia di prova e circostanze attenuanti.
Il Contesto del Caso Giudiziario
I fatti riguardano un imprenditore dichiarato responsabile per reati fiscali, inclusi quelli previsti dagli articoli 5 (omessa dichiarazione) e 10 (occultamento o distruzione di documenti contabili) del D.Lgs. 74/2000. La condanna si basava, tra le altre cose, sul mancato reperimento della documentazione contabile presso la sede della società. Tale documentazione era stata, tuttavia, parzialmente ricostruita grazie all’acquisizione di copie delle fatture presso i clienti dell’azienda. L’imprenditore ha deciso di impugnare la sentenza della Corte d’Appello, portando il caso dinanzi alla Corte di Cassazione.
I Motivi del Ricorso e l’Occultamento delle Scritture Contabili
L’imputato ha basato il suo ricorso su quattro motivi principali, tutti respinti dalla Suprema Corte:
1. Violazione delle norme sull’acquisizione delle prove: Si contestava la legittimità dell’acquisizione delle fatture presso i clienti, sostenendo che non fossero state rispettate le garanzie procedurali.
2. Vizio di motivazione sulla responsabilità: Si lamentava che la condanna per l’occultamento delle scritture contabili si fondasse su un accertamento presuntivo, non adeguatamente provato.
3. Insufficiente accertamento delle soglie di punibilità: Si affermava che non fosse stato dimostrato con certezza il superamento delle soglie di punibilità per il reato di omessa dichiarazione.
4. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: Si criticava la decisione dei giudici di merito di non concedere le attenuanti, nonostante la presunta collaborazione dell’imputato durante l’accertamento fiscale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. Secondo i giudici, tutti i motivi presentati erano manifestamente infondati, e in parte ripetitivi di doglianze già adeguatamente respinte nei gradi di merito. Questa decisione ha portato non solo alla conferma della condanna, ma anche all’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni difensive.
Sul primo motivo, i giudici hanno chiarito che il reato di occultamento delle scritture contabili si perfeziona con il semplice mancato reperimento dei documenti presso la sede dell’impresa. Il successivo rinvenimento di copie presso i clienti non è un vizio procedurale, ma al contrario, una prova che conferma l’esistenza di tali documenti e il loro occultamento doloso da parte dell’amministratore.
Riguardo al secondo motivo, è stato ribadito che la responsabilità non derivava da una presunzione, ma da due elementi fattuali concreti: il mancato rinvenimento della documentazione in sede e la prova della sua esistenza ottenuta tramite le indagini presso i clienti. La Corte ha sottolineato come il ricorso mirasse a una rivalutazione dei fatti, inammissibile in sede di legittimità.
Anche il terzo motivo è stato giudicato infondato, poiché la Corte d’Appello aveva già spiegato che i ricavi erano stati determinati in modo prudenziale, basandosi unicamente sulle fatture effettivamente trovate, fornendo una motivazione logica e adeguata.
Infine, sul tema delle attenuanti generiche, la Cassazione ha espresso un principio netto: la collaborazione offerta durante un accertamento fiscale costituisce un comportamento doveroso per il cittadino. Come tale, non può essere considerato un elemento positivo da premiare con una riduzione di pena, a meno che non sia accompagnato da altre circostanze meritevoli di valutazione favorevole, che nel caso di specie non erano state allegate.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
L’ordinanza 46391/2024 rafforza alcuni principi chiave in materia di reati fiscali. In primo luogo, conferma che la prova dell’occultamento delle scritture contabili può legittimamente basarsi su prove indirette, come le copie delle fatture recuperate presso terzi. In secondo luogo, stabilisce un confine chiaro tra un comportamento collaborativo, considerato un dovere civico, e una condotta eccezionale meritevole di attenuanti. Per gli imprenditori e i professionisti, questa pronuncia serve come monito sull’importanza della corretta tenuta e conservazione della documentazione contabile e sulla limitata possibilità di contestare in Cassazione le valutazioni di fatto compiute dai giudici di merito, se adeguatamente motivate.
Il ritrovamento di fatture presso i clienti può essere usato come prova contro un imprenditore per occultamento di documenti contabili?
Sì. La Corte di Cassazione ha specificato che il ritrovamento di copie di fatture presso i clienti, a fronte della loro assenza presso la sede aziendale, costituisce una conferma dell’esistenza della documentazione e del suo deliberato occultamento da parte del responsabile.
Collaborare con le autorità durante un accertamento fiscale garantisce automaticamente il diritto alle attenuanti generiche?
No. Secondo la sentenza, la collaborazione nel corso di un accertamento fiscale è considerata un comportamento doveroso. In quanto tale, non è di per sé sufficiente per ottenere il riconoscimento delle attenuanti generiche, a meno che l’imputato non fornisca ulteriori elementi positivi da valutare.
È possibile contestare in Cassazione la valutazione dei fatti e delle prove già effettuata dai giudici di merito?
No. Il ricorso per Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. La Corte può annullare una sentenza solo per violazioni di legge o vizi logici della motivazione, ma non può riesaminare i fatti. In questo caso, il ricorso è stato dichiarato inammissibile anche perché tentava di ottenere una nuova valutazione delle prove, compito che non spetta alla Suprema Corte.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46391 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46391 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a VICO EQUENSE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/03/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
i
. COGNOME Rilevato che il primo motivo del ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME (dichiarato responsabile dei delitti di cui agli artt. 5 e 10 d.lgs. 74/2000), med quale è stata denunciata la violazione degli artt. 191 cod. proc. pen. e 220 disp. att. proc. pen., a causa della acquisizione presso i clienti della società amministrata ricorrente delle fatture non rinvenute presso la sede della società senza osservare garanzie previste dalle disposizioni di cui è stata denunciata la violazio manifestamente infondato, in quanto l’affermazione di responsabilità in relazione al re di cui all’art. 10 d.lgs. 74/2000 si fonda sul mancato reperimento della documentazio contabile di detta società presso la sede della stessa e il loro rinvenimento pre clienti, riferito in dibattimento dal teste COGNOME, costituisce solamente conferm istituzione della documentazione contabile occultata dal ricorrente.
Considerato che il secondo motivo di ricorso, con il quale è stata lamentata violazione degli artt. 192 e 546 cod. proc. pen. con riferimento alla conferma d affermazione di responsabilità in relazione al medesimo delitto di cui all’art. 10 74/2000, in conseguenza dell’accertamento presuntivo della istituzione dell documentazione contabile non rinvenuta, è manifestamente infondato, sia perché volto a sindacare accertamenti di fatto giustificati in modo concorde dai giudici di merito motivazione adeguata; sia perché tale conferma si fonda, come già osservato a proposito del primo motivo, sul mancato rinvenimento della documentazione contabile presso la sede della società amministrata dal ricorrente e sull’accertamento, attraverso indag presso i clienti di tale società, laddove sono state rinvenute le copie delle occultate dal ricorrente medesimo, della istituzione di detta documentazione.
Osservato che il terzo motivo, relativo all’insufficiente accertamento superamento della soglia di punibilità in relazione alle due contestazioni ex art. 5 d.lgs. 74/2000 (di cui ai capi 2 e 3 della rubrica), è anch’esso inammissibile, perché si lim ad affermare l’insufficienza di tale accertamento e della motivazione sul punto de sentenza impugnata, che invece ha dato adeguata risposta al corrispondente motivo di appello (sostanzialmente replicato con il ricorso per cassazione), evidenziando che í ri erano stati determinati, prudenzialmente, sulla base delle sole fatture rinvenute, co conseguenza che la doglianza formulata sul punto risulta manifestamente infondata.
Rilevato, infine, che il quarto motivo di ricorso, relativo alla indebita esc della riconoscibilità delle circostanze attenuanti generiche, è anch’esso manifestamen infondato, non avendo il ricorrente allegato alcun elemento positivamente valutabile in senso, posto che la evidenziata collaborazione del ricorrente nel corso dell’accertament fiscale costituisce comportamento doveroso, come tale non favorevolmente valutabile ai fini del riconoscimento di detto beneficio.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, stante manìfesta infondatezza di tutti i motivi ai quali è stato affidato.
Rilevato che alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente