Occultamento Scritture Contabili: Quando si Consuma il Reato? La Risposta della Cassazione
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale per imprenditori e professionisti: il reato di occultamento scritture contabili. La decisione chiarisce in modo definitivo la natura di questo illecito e, di conseguenza, il momento esatto da cui inizia a decorrere il termine di prescrizione. Comprendere questo aspetto è fondamentale, poiché un’errata interpretazione può avere conseguenze penali significative. La Suprema Corte, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato, ha ribadito principi consolidati che meritano un’attenta analisi.
I Fatti del Caso
Il caso nasce dal ricorso presentato da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per il reato previsto dall’art. 10 del D.Lgs. 74/2000, ovvero la distruzione o l’occultamento di scritture e documenti contabili. L’imputato basava la sua difesa su due motivi principali: l’avvenuta prescrizione del reato e l’ingiusto diniego delle circostanze attenuanti generiche.
La Questione della Prescrizione nell’Occultamento Scritture Contabili
Il ricorrente sosteneva che il reato si fosse già prescritto. La sua tesi si fondava sulla qualificazione della sua condotta come ‘distruzione’ di documenti, un reato che si considera istantaneo e la cui prescrizione inizierebbe a decorrere dal momento stesso della distruzione. Tuttavia, la contestazione includeva anche l’occultamento.
La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente questa linea difensiva. Gli Ermellini hanno chiarito che, quando viene contestato l’occultamento scritture contabili, anche in via alternativa alla distruzione, il reato assume natura permanente. Ciò significa che la condotta illecita non si esaurisce in un solo momento, ma perdura per tutto il tempo in cui l’agente mantiene nascosti i documenti, violando l’obbligo di esibirli agli organi di controllo.
Il momento consumativo del reato, da cui far partire il calcolo della prescrizione decennale, non è quindi l’inizio dell’accertamento fiscale, ma la sua conclusione. Fino a quando il controllo è in corso, l’obbligo di esibizione persiste e, con esso, il reato. Nel caso di specie, la prescrizione sarebbe maturata solo dopo la pronuncia della sentenza d’appello, rendendo il motivo di ricorso infondato. Inoltre, la Corte ha sottolineato che l’imputato non aveva fornito alcuna prova né dell’avvenuta distruzione dei documenti né, soprattutto, della data in cui essa sarebbe avvenuta.
Il Diniego delle Attenuanti Generiche
Il secondo motivo di ricorso riguardava il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Anche su questo punto, la Cassazione ha ritenuto il motivo inammissibile. La Corte d’Appello aveva correttamente motivato il diniego sulla base di elementi concreti: l’assenza di collaborazione da parte dell’imputato durante le verifiche della Guardia di Finanza e la presenza di un precedente penale a suo carico.
La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio fondamentale: le attenuanti generiche non sono un diritto dell’imputato che scatta automaticamente in assenza di elementi negativi. Al contrario, la loro concessione richiede la presenza di elementi di segno positivo, meritevoli di considerazione, che nel caso in esame erano del tutto assenti.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La decisione della Suprema Corte si basa su un’interpretazione consolidata della giurisprudenza. La distinzione tra reato istantaneo (la distruzione) e reato permanente (l’occultamento) è centrale. L’occultamento scritture contabili è permanente perché l’offesa al bene giuridico tutelato, ovvero la trasparenza fiscale e la possibilità per l’Erario di effettuare controlli, dura finché i documenti non vengono resi disponibili. Di conseguenza, il reato si ‘consuma’ solo quando cessa la condotta, ovvero con la fine dell’accertamento fiscale, momento in cui l’obbligo di esibizione diventa non più attuale.
Per quanto riguarda le attenuanti, la Corte ha applicato il principio secondo cui il giudice di merito ha un ampio potere discrezionale nel valutarne la concessione. La motivazione del diniego, basata sull’assenza di collaborazione e su precedenti penali, è stata ritenuta logica, coerente e immune da vizi, rendendo il ricorso inammissibile.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, conferma che chi nasconde la contabilità per impedire un accertamento fiscale commette un reato la cui prescrizione è molto più difficile da raggiungere rispetto a quanto si potrebbe pensare. Il termine decennale inizia a decorrere solo alla fine delle operazioni di verifica.
In secondo luogo, l’onere della prova in caso di presunta distruzione ricade sull’imputato: non basta affermare di aver distrutto i documenti, ma bisogna dimostrare quando e come. Infine, la decisione ribadisce che un atteggiamento non collaborativo con gli organi ispettivi e la presenza di precedenti penali sono ostacoli quasi insormontabili per ottenere una riduzione di pena tramite le attenuanti generiche. L’esito del ricorso, con la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria, serve da monito sulla serietà con cui l’ordinamento tratta questi reati.
Quando inizia a decorrere la prescrizione per il reato di occultamento scritture contabili?
La prescrizione del reato, che ha natura permanente, inizia a decorrere non dal momento in cui i documenti vengono nascosti, ma dal momento della conclusione dell’accertamento fiscale, poiché è fino a quel momento che perdura l’obbligo di esibire la documentazione.
Per ottenere le circostanze attenuanti generiche è sufficiente non avere elementi negativi a proprio carico?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che la concessione delle attenuanti generiche non è un diritto e non deriva dalla mera assenza di elementi negativi. È necessaria la presenza di elementi positivi e meritevoli di valutazione (come la collaborazione), la cui assenza, unita a precedenti penali, giustifica pienamente il diniego.
Cosa accade se un ricorso in Cassazione viene giudicato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile e non viene ravvisata un’assenza di colpa da parte del ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19585 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19585 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO 11 14/05/1963
avverso la sentenza del 16/05/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il primo motivo del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME che dedu la violazione di legge in relazione agli artt. 157 e 158 cod. pen., è inammissibile per prospetta censure in palese contrasto con la giurisprudenza di questa Corte di legittimit secondo cui, nel caso – come nella specie – in cui sia contestato, oltre alla distruzione, a l’occultamento, totale o parziale, delle scritture contabili, il delitto ex art. 10 d.lgs. 10 marzo 2000 n.74 ha natura permanente, perdurando l’obbligo di esibizione dei documenti finché dura il controllo da parte degli organi verificatori, con la conseguenza che, come correttamen ritenuto dalla Corte d’appello, il momento consumativo del reato deve individuarsi nell conclusione e non nell’inizio di detto accertamento (Sez. 3, n. 40317 del 23/09/2021, Narcis Rv. 282340 – 01), sicché il termine decennale di prescrizione è maturato il 9 giugno 2024 (cf p. 5 della sentenza), e quindi dopo la pronuncia impugnata, mentre l’imputato, per avvalers della dedotta maturazione della prescrizione in conseguenza della qualificazione della condotta come distruttiva, avrebbe dovuto dimostrare sia la circostanza che la documentazione contabile era stata distrutta, e non semplicemente occultata, sia l’epoca di tale distruzione Sez. 3, n. 14461 del 25/05/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269898 – 01), il che non è avvenuto;
rilevato che il secondo motivo, che denuncia vizio di motivazione e violazione di legge · relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, è inammissibile, avendo la Corte merito logicamente argomentato l’assenza di elementi concreti cui ancorare l’applicazione delle attenuanti in esame, stante, anche, l’assenza di collaborazione dell’imputato, peraltro grava da un precedente penale, nei confronti della Guardia di Finanza, in ciò facendo corrett applicazione del principio secondo cui l’applicazione delle circostanze in esame non costituisc un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti la personalità del sogget ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego concessione delle stesse (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590);
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisan assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 18 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 maggio 2025.