Occultamento Scritture Contabili: Condanna anche se il Fisco Ricostruisce i Redditi
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un caso di occultamento scritture contabili, confermando un principio giuridico di fondamentale importanza. Anche se l’amministrazione finanziaria riesce, con difficoltà, a ricostruire i redditi di un’impresa, il reato sussiste. Analizziamo insieme questa decisione per capire la logica seguita dai giudici e le implicazioni pratiche per imprenditori e professionisti.
I Fatti del Caso: un Imprenditore Evasore Totale
Il caso riguarda un imprenditore condannato in primo grado e in appello per il reato previsto dall’articolo 10 del D.Lgs. 74/2000, ovvero l’occultamento o la distruzione di documenti contabili al fine di evadere le imposte. L’imprenditore era stato qualificato come “evasore totale” per un lungo periodo, dal 2008 al 2013.
Durante un controllo della Guardia di Finanza, alla richiesta di esibire la documentazione contabile, l’imputato aveva presentato solamente alcuni bollettari e fatture compilati in modo parziale. Nonostante la documentazione carente, le autorità erano riuscite a ricostruire il volume d’affari e a quantificare l’evasione.
La Difesa in Cassazione e il presunto occultamento scritture contabili
L’imprenditore ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la sua condotta non integrasse il reato. A suo dire, il reato di occultamento scritture contabili non consiste in un semplice comportamento omissivo (la mancata tenuta o consegna), ma richiede un occultamento effettivo, realizzato con il dolo specifico di rendere impossibile la ricostruzione della contabilità. Poiché la Guardia di Finanza era riuscita nell’intento, secondo la difesa, il reato non sussisteva.
La Corte, tuttavia, ha preliminarmente rilevato che questa argomentazione era “nuova”, in quanto non era stata presentata nel giudizio di appello, dove l’imputato si era limitato a contestare l’ammontare del volume d’affari ricostruito e la prova sull’esatta quantificazione dell’evasione. Questa novità ha reso il motivo di ricorso, di per sé, inammissibile.
Le Motivazioni della Suprema Corte: l’Impossibilità non deve essere Assoluta
Pur dichiarando l’inammissibilità per la novità della doglianza, la Corte di Cassazione ha colto l’occasione per ribadire il suo orientamento consolidato in materia. I giudici hanno chiarito che l’impossibilità di ricostruire il reddito o il volume d’affari, richiesta dalla norma, non deve essere intesa in senso “assoluto”.
Il reato sussiste anche quando l’occultamento o la distruzione dei documenti contabili costringe gli organi accertatori a un lavoro di ricostruzione più complesso e laborioso, ad esempio attraverso l’acquisizione di documentazione mancante presso soggetti terzi (clienti, fornitori, banche).
In altre parole, è sufficiente che la condotta dell’imputato renda la ricostruzione della sua posizione fiscale significativamente più difficile. La capacità del Fisco di superare, con un notevole sforzo investigativo, gli ostacoli creati dall’imputato non fa venir meno la rilevanza penale del suo comportamento.
Le Conclusioni: un Principio Consolidato sull’Occultamento Scritture Contabili
La decisione in commento conferma che la legge intende punire chiunque tenti di ostacolare l’attività di accertamento fiscale attraverso la manomissione della documentazione contabile. Il messaggio è chiaro: la responsabilità penale per l’occultamento scritture contabili non è esclusa dalla successiva, e spesso faticosa, ricostruzione dei redditi da parte dell’amministrazione finanziaria. Per gli imprenditori, ciò sottolinea l’importanza cruciale di una corretta e trasparente tenuta della contabilità, poiché la semplice presentazione di documentazione parziale o incompleta può essere sufficiente a integrare una grave fattispecie di reato tributario.
Commettere il reato di occultamento di scritture contabili richiede che la ricostruzione dei redditi sia assolutamente impossibile?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito che l’impossibilità di ricostruire il reddito o il volume d’affari non deve essere intesa in senso assoluto. Il reato sussiste anche quando, per la mancanza dei documenti, è necessario procedere all’acquisizione di informazioni presso terzi per poter effettuare la ricostruzione.
La semplice esibizione di documentazione parziale può integrare il reato di occultamento?
Sì. Nel caso di specie, i giudici di merito hanno ritenuto che l’aver esibito solo alcuni bollettari e fatture parzialmente compilate, a fronte di una richiesta della Guardia di Finanza, fosse una condotta idonea a configurare il reato, rendendo necessaria una complessa attività di ricostruzione.
Cosa succede se un motivo di ricorso viene presentato per la prima volta in Cassazione?
Se un’argomentazione o una contestazione (tecnicamente ‘doglianza’) non è stata presentata nei precedenti gradi di giudizio (come l’appello), viene considerata ‘nuova’ e, di conseguenza, dichiarata inammissibile dalla Corte di Cassazione, che non può esaminarla nel merito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6433 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6433 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/10/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a POTENZA PICENA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/05/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RG NUMERO_DOCUMENTO
Rilevato che con sentenza in data 22 maggio 2023 la Corte di appello di Ancona ha confermato la sentenza in data 26 aprile 2021 del Tribunale di Macerata che aveva condannato NOME alle pene di legge per il reato dell’art. 10 d.lgs. n. 74 del 2000;
Rilevato che il ricorrente ha eccepito la violazione di legge, sostenendo che la condotta occultamento delle scritture contabili non poteva consistere in un mero comportamento omissivo di mancata tenuta o consegna delle scritture contabili, ma era necessario l’effettivo occultamento delle stesse con il dolo specifico di rendere impossibile la ricostruzione della contabilità, però, nel caso specifico la Guardia di Finanza aveva potuto effettuare;
Considerato che la doglianza è nuova, perché nell’atto di appello il ricorrente aveva contestato la ricostruzione del volume d’affari e il mancato raggiungimento della prova sull’esatt quantificazione dell’evasione;
Rilevato che i Giudici di merito hanno accertato che l’imputato era stato evasore totale dal 2008 al 2013 e che, alla richiesta della Guardia di finanza, aveva esibito solo alcuni bollettari e fa parzialmente compilate;
Ribadito il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l’impossibilità di ricostruir reddito o il volume d’affari derivante dalla distruzione o dall’occultamento di documenti contabi non deve essere intesa in senso assoluto, sussistendo anche quando è necessario procedere all’acquisizione presso terzi della documentazione mancante (tra le più recenti, Sez. 3, n. 7051 del 15/01/2019, Ferrigni, Rv. 275005-01);
Ritenuto, pertanto, che la sentenza impugnata sia immune da censure;
Rilevato che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile e rilevato che alla declarator dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese de procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
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