Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 38482 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 38482 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nato in Romania il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/03/2022 della Corte d’appello di Firenze visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito, per il ricorrente, l’AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 8 marzo 2022, la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Livorno, che aveva dichiarato la penale responsabilità di NOME per il reato di cui all’art. 10 d.lgs. n. 74 del 2000, e lo aveva condannato alla pena di un anno di reclusione, condizionalmente sospesa, con diniego delle circostanze attenuanti generiche.
Secondo quanto ricostruito dai giudici di merito, NOME COGNOME, in qualità di amministratore unico della “RAGIONE_SOCIALE“, avrebbe distrutto o comunque occultato tutte le fatture e i libri contabili di cui è obbligatoria la tenuta relativi a tale società, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi e del volume degli affari per gli anni dal 2010 al 2013; con condotta protratta dal 18 ottobre 2010 al 27 settembre 2013.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza indicata in epigrafe NOME COGNOME, con atto sottoscritto dall’AVV_NOTAIO, articolando tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 2, quarto comma, cod. pen., 10 d.lgs. n. 74 del 2000 e 39, comma 1, lett. n), d.l. n. 124 del 2019, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avuto riguardo alla mancata dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione.
Si deduce che la sentenza impugnata ha illegittimamente calcolato il tempo necessario a prescrivere, perché ha preso come termine di riferimento la sanzione massima di sette anni di reclusione, introdotta dall’art. 39, comma 1, lett. n), d.l. n. 124 del 2019, in violazione del principio di divieto di retroattività delle modifiche sfavorevoli della legge penale, posto dall’art. 2, quarto comma, cod. pen.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 10 d.lgs. n. 74 del 2000, nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza del reato e, in particolare, dell’elemento soggettivo.
Dopo ampia premessa sullo svolgimento del processo in primo e secondo grado, si deduce che l’affermazione di responsabilità è stata pronunciata in violazione del principio secondo cui è onere dell’accusa fornire la prova di tutti gli elementi costitutivi del reato.
Si osserva che la prova sia della distruzione o dell’occultamento delle fatture e dei libri contabili di cui è obbligatoria la tenuta sia del dolo specifico necessario ad integrare la fattispecie è stata desunta esclusivamente dalla mancata consegna degli stessi. Si richiamano le risultanze del processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza per evidenziare, da un lato, che sarebbe stato agevole acquisire presso i terzi le fatture attive emesse dalla società di cui era amministratore l’attuale ricorrente, e, dall’altro, che, nel momento in cui il medesimo aveva acquistato le quote societarie della “RAGIONE_SOCIALE“, tutte le unità immobiliari ultimate dalla società erano state vendute, ed i relativi pagamenti già effettuati. Si osserva che l’agevole individuazione delle operazioni sulla cui base calcolare le imposte dovute, la fiducia nel commercialista che aveva omesso di presentare le dichiarazioni fiscali obbligatorie, e la situazione di inattività
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dell’impresa sono tutte circostanze idonee ad escludere il dolo e a far ipotizzare la colpa. Si aggiunge che il trasferimento della documentazione contabile in Romania, dove poi la stessa era perita per l’incendio del capannone in cui era custodita, si spiega perché l’attuale ricorrente, in considerazione della stasi dell’attività sociale, aveva ritenuto di chiedere una verifica sulle condizioni dell’impresa a persone di sua fiducia.
2.3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 62-bis cod. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo al diniego delle circostanze attenuanti generiche e del beneficio della non menzione.
Si deduce che la sentenza impugnata ha negato la concessione delle circostanze attenuanti generiche sulla base di una motivazione apodittica, ed omettendo di considerare la disponibilità dell’attuale ricorrente, persona del tutto incensurata, a rendere, già in fase di indagini, la propria versione dei fatti e a consegnare il verbale di denuncia dell’incendio avvenuto in Romania nel quale era andata distrutta la documentazione societaria.
Hanno presentato memoria il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO presso la Corte di cassazione e, in replica, il difensore del ricorrente.
Nella memoria presentata nell’interesse del ricorrente, si ripropongono e precisano le censure formulate nel ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito precisate.
Manifestamente infondate sono le censure esposte nel primo motivo, che contestano la mancata dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione nella sentenza impugnata.
L’attuale ricorrente è stato condannato per il reato di occultamento o distruzione delle scritture contabili di cui all’art. 10 d.gs. n. 74 del 2000, commesso con condotta protratta (almeno) fino al 27 settembre 2013, data in cui l’attuale ricorrente ha ricevuto l’invito a presentarsi negli uffici della Guardia di Finanza.
Questi essendo i fatti rilevanti per individuare la disciplina relativa al tempo necessario a prescrivere, la regola fondamentale in proposito è costituita dall’art. 17, comma 1-bis, d.lgs. n. 74 del 2000.
Invero, questa disposizione è entrata in vigore il 17 settembre 2011, perché: a) la stessa è stata aggiunta dall’art. 2, comma 36-vicies seme!, lett. I), d.l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011,
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n. 148; b) l’art. 36-vicies bis d.l. cit. dispone: «Le norme di cui al comma 36-vicies semel si applicano ai fatti successivi alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto»; c) la data di entrata in vigore della legge di conversione del d.l. n. 138 del 2011 è il 17 settembre 2011, giorno successivo alla pubblicazione della legge n. 148 del 2011 sulla Gazzetta Ufficiale, secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 6, della medesima legge.
Ora, a norma dell’art. 17, comma 1-bis, d.lgs. n. 74 del 2000, « termini di prescrizione per i delitti previsti dagli articoli da 2 a 10 del presente decreto sono elevati di un terzo», e, quindi, anche per il delitto di occultamento o distruzione delle scritture contabili, sono pari a dieci anni (precisamente otto anni, più due per le interruzioni).
Individuati il tempo necessario a prescrivere il delitto per il quale è stata pronunciata condanna in dieci anni, e la data di inizio per il decorso di tale termine nel 27 settembre 2013, deve aggiungersi che la Corte d’appello ha pronunciato la sentenza impugnata in data 8 marzo 2022.
Ne discende che la sentenza impugnata, siccome emessa meno di dieci anni dalla data di consumazione del commesso reato, correttamente ha escluso il verificarsi della prescrizione del reato al momento della sua pronuncia.
Manifestamente infondate sono le censure formulate nel secondo motivo, che contestano l’affermazione di ritenuta sussistenza sia del fatto di distruzione od occultamento delle scritture contabili, sia del dolo specifico, deducendo che la difesa ha allegato il perimento della documentazione a causa di un incendio e che, comunque, molteplici elementi evidenziano l’assenza della volontà di evadere le imposte.
3.1. Quanto all’elemento oggettivo del reato, la Corte d’appello rappresenta innanzitutto che le scritture contabili della “RAGIONE_SOCIALE“, e di cui s contesta la distruzione o l’occultamento, sono state certamente detenute, per ultimo, dall’attuale ricorrente. In proposito, la stessa evidenzia che dette scritture: a) sono state restituite dallo studio commerciale depositarlo ad NOME COGNOME, precedente amministratore e gestore di fatto della società, il 15 ottobre 2010, e, poi, in data 18 ottobre 2010, da costui consegnate all’attuale ricorrente, come da ricevute di consegna, sottoscritte dai medesimi, ed acquisite agli atti; b) a dire dell’attuale ricorrente, inoltre, sono andate distrutte a causa di un incendio verificatosi in Romania il 28 ottobre 2013, presso l’abitazione della moglie.
La sentenza impugnata, inoltre, osserva che non è attendibile la prospettazione difensiva del perimento fortuito della documentazione a causa dell’incendio, per le seguenti ragioni: a) la denuncia dell’incendio avvenuto in Romania non contiene alcun riferimento alla “RAGIONE_SOCIALE“; b) non è
stato spiegato, né è comprensibile perché le scritture di una società avente sede in Italia, siano state trasferite all’estero, in uno Stato lontano, e proprio nell’immobile in cui è avvenuto l’incendio, siccome di proprietà non dell’imputato, ma della moglie; c) non è stato spiegato quando e come dette scritture siano state trasferite in Romania; d) l’incendio si è verificato il 28 ottobre 2013, ossia pochi giorni dopo che l’imputato era stato invitato a presentarsi presso gli uffici della Guardia di Finanza il 27 settembre 2013, in relazione alla verifica fiscale riguardante la “RAGIONE_SOCIALE“; e) non è stato spiegato, né è comprensibile, perché non è mai stata formata alcuna copia informatizzata della documentazione contabile da rendere prontamente fruibile anche alle autorità.
Quanto all’elemento soggettivo, la Corte d’appello rileva che non è stata presentata la dichiarazione fiscale relativa all’anno 2010, e che, inoltre, la “scomparsa” della documentazione è servita a “schermare” le vendite delle unità immobiliari ancora presenti nel patrimonio della società “RAGIONE_SOCIALE” alla data del 31 dicembre 2010, e, conseguentemente, a sottrarsi ai corrispondenti carichi fiscali. Aggiunge che è inattendibile la prospettazione difensiva dell’errore del commercialista con riferimento alla mancata presentazione della dichiarazione fiscale del 2010, perché l’attuale ricorrente non ha fornito alcuna indicazione utile ad individuare il professionista di cui egli stesso si era avvalso.
3.2. Le conclusioni della sentenza impugnata sono immuni da vizi.
La conclusione secondo cui le scritture contabili obbligatorie della “RAGIONE_SOCIALE” erano detenute dall’attuale ricorrente e sono state dallo stesso distrutte od occultate al fine di favorire l’evasione delle imposte del reale gestore della società, NOME COGNOME, si fonda su elementi precisi e congrui.
In particolare, la conclusione relativa all’inattendibilità della prospettazione difensiva circa il perimento fortuito delle scritture contabili nell’incendio verificato in Romania costituisce il risultato di una analisi accurata di tutti i dati disponibili, ed è contestata sulla base di mere, e del tutto generiche, asserzioni.
Le critiche concernenti l’affermazione della sussistenza del dolo sono anch’esse assertive, a fronte degli argomenti forniti dalla Corte d’appello, puntuali e fondati su massime di esperienza ampiamente accettabili.
Manifestamente infondate sono anche le censure enunciate nel terzo motivo, che contestano il diniego delle circostanze attenuanti ‘generiche e del beneficio della non menzione, deducendo che l’imputato è incensurato ed ha collaborato alla ricostruzione del fatto sin dalla fase delle indagini.
Invero, costituisce principio consolidato, condiviso dal Collegio, quello in forza del quale, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze
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di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (cfr., per tutte, Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489-01, e Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986).
Inoltre, secondo altro principio più volte affermato in giurisprudenza, la valutazione in ordine alla concessione del beneficio della non menzione della condanna deve tenere conto esclusivamente dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., senza possibilità di ricorrere ad elementi ad esso estranei (cfr., per tutte, Sez. 3, n. 13110 del 22/01/2020, P., Rv. 279094-01).
Ciò posto, deve ritenersi che, nella specie, legittimamente la sentenza impugnata ha negato all’imputato le circostanze attenuanti generiche e la non menzione. La stessa, infatti, ha valorizzato la gravità del fatto, per il lungo periodo di attività commerciale “occultata” attraverso la condotta illecita, e ha escluso la sussistenza di una condotta di collaborazione dell’attuale ricorrente, atteso il mancato adempimento dei più elementari oneri di allegazione (in particolare in tema di trasferimento della documentazione in Romania e ai fini dell’individuazione del commercialista).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento a favore della cassa delle ammende, della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 05/04/2024