Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9129 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9129 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Brindisi il 09/05/1979
avverso la sentenza del 08/01/2024 della Corte di appello di Lecce
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
lette per l’imputato le conclusioni scritte dell’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi e l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 08/01/2024, la Corte di appello di Lecce confermava la sentenza del Tribunale di Brindisi in data 19/03/2021, con la quale NOME NOME era stato dichiarato responsabile del reato di cui all’art. 10 d.lgs 74/2000 e condannato alla pena di mesi dei di reclusione.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOMECOGNOME a mezzo del difensore di fiducia, articolando tre motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce nullità della sentenza e vizio di motivazione con riferimento agli artt. 148 e ss., 178 e 179 cod.proc.pen.
Argomenta che era nulla la notifica del decreto che disponeva il giudizio, disposta all’udienza del 7.4.2017 dal Tribunale ed effettuata presso il difensore di ufficio ex art. 161, comma 4, cod.proc.pen., nonostante risultasse che il ricorrente, in data 3/10/2014, aveva eletto domicilio presso la propria residenza alla INDIRIZZO; l’inidoneità di tale elezione di domicilio risultava da una dicitura prestampata della relata di notifica redatta dall’ufficiale giudiziario comunque, se il Tribunale avesse delegato la polizia giudiziaria per la notifica sarebbe stato più semplice scoprire che il ricorrente era residente alla INDIRIZZO ove, poi, riceveva la notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello.
Con il secondo motivo deduce violazione degli artt. 53-58 della I.n.689/1981 come riformulati dal d.lgs 150/2022 e correlato vizio di motivazione.
Lamenta che la Corte di appello aveva denegato la richiesta di applicazione delle pene sostitutive della reclusione avanzata con l’atto di appello, limitandosi a rilevare che il difensore era sprovvisto di procura speciale; argomenta che il difensore era munito di procura speciale depositata contestualmente all’appello e che non sussisteva alcuna ragione ostativa all’applicazione delle sanzioni sostitutive alternative alla detenzione e che la Corte di appello avrebbe dovuto applicare le pene sostitutive valutando i parametri di cui all’art. 133 cod.pen., ateso che la applicazione delle pene sostitutive può intervenire anche nella fase dell’emissione del dispositivo di condanna.
Con il terzo motivo deduce violazione degli artt. 133 e 157 cod.pen.
Lamenta che la Corte di appello aveva omesso di rilevare che alcuni episodi in contestazione nel capo 2) dell’imputazione si erano prescritti alla data del 24/7/2023.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
Il PG ha depositato requisitoria scritta; il difensore dell’imput depositato memoria con conclusioni scritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La Corte di appello ha correttamente ritenuto la ritualità della not all’imputato del decreto che disponeva il giudizio di citazione, disposta all’ud del 07.04.2017 ed effettuata presso il difensore di ufficio ai sensi dell’ar comma 4, cod.proc.pen., rilevando che la notifica al difensore di ufficio era va in quanto agli atti risultava l’inidoneità del domicilio eletto (INDIRIZZO perché l’imputato risultava “trasferitosi altrove” (cfr, relata di not 6.12.2016, in atti).
Va ricordato che l’esito negativo di una notifica all’imputato nel domic dichiarato o eletto, per una ragione “definitiva” che renda impossibile l’esecuz della notifica in tale luogo, quale il trasferimento dell’imputato o l’inesist del suo nominativo, rende valide le successive notifiche, in ogni fase e grado procedimento, effettuate direttamente al difensore, ai sensi dell’art. 161, co 4, cod. proc. pen., senza previa reiterazione del tentativo di notifica presso domicilio (Sez.4, n. 3930 del 12/01/2021, Rv.280383 – 01).
2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Secondo il condiviso orientamento di questa Corte, in tema di pene sostitutive, il giudice d’appello può applicarle anche d’ufficio e acquisire il co dell’interessato anche dopo la lettura del dispositivo esclusivamente nel caso in i presupposti formali per la sostituzione divengano attuali a seguito d definizione del giudizio di secondo grado; diversamente, laddove il quadr sanzionatorio dettato dalla sentenza appellata sia di per sé compatibile l’applicazione di una pena sostituitiva, il consenso deve essere manifes dall’imputato entro l’udienza di discussione dell’appello, in caso di deci partecipata, o nei termini utili al deposito dei motivi aggiunti o della mem difensiva, in caso di trattazione cartolare (Sez.6, n. 30711 del 30/05/2 Rv.286830 – 01).
La Corte di appello, in linea con il suesposto principio di diritt correttamente rilevato l’inammissibilità del motivo di appello diretto a sollec l’applicazione della pena sostittla (nella specie, la pena sostitutiva dei l pubblica utilità), per la riscontrata assenza di un consenso espressamente pres sul punto dall’imputato, a fronte di un trattamento sanzionatorio, irrogato in p grado, che già consentiva, sul piano formale, la sostituzione della pena irroga
Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Il ricorrente è stato dichiarato responsabile del reato di cui all’art. 10 74/2000 per aver occultato la documentazione contabile di cui è obbligatoria conservazione.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la condotta del rea previsto dall’art. 10 del d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74, consistente nell’occulta delle scritture contabili o dei documenti di cui è obbligatoria la conservazion modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affa costituisce un reato permanente, che si protrae sino al momento dell’accertament fiscale e la condotta punibile perdura sino a quando non sia spirato il termi decadenza per l’accertamento, momento che costituisce anche il dies a quo per la decorrenza del termine di prescrizione (cfr Sez.3, n.14461 del 25/05/201 dep.24/03/2017, Rv.269898; Sez.3, n.38376 del 09/07/2015, Rv.264676; Sez.3, n.3055 del 14/11/2007, dep.21/01/2008; Rv.238612; Sez.F, n.35665 del 2015, non mass. Sez.3, n.10873 del 11/01/2001, Rv.218958).
Nella specie, essendo intervenuto l’accertamento in data 3.10.2014, il termi prescrizionale massimo, in base al combinato disposto degli artt. 157 cod.pen 17 d.lgs 74/2000, è pari a dieci anni e, considerato il periodo di sospension corso della prescrizione (277 giorni), la prescrizione maturerà in data 7/7/202 termine prescrizionale, quindi, non era evidentemente ancora decorso alla da della pronuncia impugnata.
Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
5.Essendo il ricorso inammissibile e, in base al disposto dell’art. 616 cod. p pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso il 14/01/2025