Occultamento Documentazione Contabile: Quando il Ricorso è Inammissibile
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di reati tributari, specificamente per il delitto di occultamento documentazione contabile. La pronuncia sottolinea come la natura di reato permanente di tale illecito influenzi direttamente il calcolo della prescrizione e, di conseguenza, la validità dei ricorsi presentati. Analizziamo questa decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.
Il caso in esame: dal ricorso alla condanna
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imprenditore avverso una sentenza della Corte d’Appello che lo condannava per il reato di occultamento della documentazione contabile. Il ricorrente contestava la decisione, ma la Suprema Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile a causa della sua manifesta infondatezza, confermando la linea interpretativa dei giudici di merito.
La natura permanente del reato di occultamento documentazione contabile
Il punto cruciale della decisione ruota attorno alla qualificazione giuridica del reato. La Cassazione, in linea con la giurisprudenza consolidata (citando la sentenza n. 5974/2013), ha confermato che il delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili ha natura di reato permanente. Questo significa che la condotta illecita non si esaurisce in un singolo momento, ma si protrae nel tempo.
Il ‘Dies a Quo’ e la Prescrizione
La conseguenza diretta della natura permanente del reato è la determinazione del dies a quo, ovvero il giorno da cui inizia a decorrere il termine di prescrizione. Per questo tipo di illecito, la condotta penalmente rilevante si considera conclusa non quando i documenti vengono nascosti, ma nel momento in cui avviene l’accertamento fiscale. Fino a quel giorno, il reato è in corso. Nel caso specifico, la Corte ha identificato questo momento nella data dell’8 gennaio 2020, rendendo infondate le argomentazioni del ricorrente sulla prescrizione.
Le motivazioni della Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. I giudici hanno evidenziato che la Corte d’Appello aveva correttamente applicato i principi giuridici consolidati. La condotta di occultamento si protrae fino al momento dell’accertamento fiscale, che diventa il punto di riferimento sia per il calcolo della prescrizione sia per l’individuazione del regime sanzionatorio applicabile. Poiché le argomentazioni del ricorrente non introducevano elementi validi per contestare questa consolidata interpretazione, l’impugnazione è stata giudicata priva di qualsiasi fondamento giuridico.
Di conseguenza, richiamando anche una sentenza della Corte Costituzionale (n. 186/2000), la Cassazione ha stabilito che, non essendoci elementi per ritenere che il ricorrente avesse agito senza colpa nel proporre un ricorso infondato, alla declaratoria di inammissibilità dovesse seguire la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, fissata in 3.000,00 euro.
Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza
Questa ordinanza rafforza un importante principio per chi opera nel campo dei reati tributari. La natura permanente del reato di occultamento documentazione contabile sposta in avanti il momento consumativo del reato, con effetti diretti e significativi sulla prescrizione. La decisione serve da monito: presentare un ricorso in Cassazione basato su argomenti già ampiamente superati dalla giurisprudenza consolidata espone al rischio concreto non solo di un rigetto, ma di una declaratoria di inammissibilità con conseguente condanna a sanzioni pecuniarie. È quindi essenziale una valutazione rigorosa dei motivi di ricorso prima di adire la Suprema Corte.
Qual è la natura del reato di occultamento della documentazione contabile?
Secondo la Corte di Cassazione, si tratta di un reato permanente, la cui condotta illecita si protrae fino al momento dell’accertamento fiscale.
Da quale momento inizia a decorrere la prescrizione per questo reato?
La prescrizione inizia a decorrere dal giorno dell’accertamento fiscale, poiché è in quel momento che si considera cessata la condotta permanente di occultamento.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione per questo tipo di reato?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000,00 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12602 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12602 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SAN SEVERO il 20/05/1983
avverso la sentenza del 13/03/2024 della CORTE APPELLO di TRENTO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
(2,
1. GLYPH Il ricorso di NOME COGNOME che ha anche presentato memoria è inammissibile a fronte di una condanna per occultamento che integra una condotta permanente atteso che in tema di reati tributari, il delitto di occultamento della documentazione contabile ha natura di reato permanente, in quanto la condotta penalmente rilevante si protrae sino al momento dell’accertamento fiscale, come correttamente rilevato in sentenza con data corrispondente al 8 gennaio 2020, che coincide con il “dies a quo” da cui decorre il termine di prescrizione e anche il regime sanzionatorio applicabile e applicato. (Sez. 3, n. 5974 del 05/12/2012, dep. 2013, Pg in proc. buonocore, Rv. 254425 – 01). Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso, stante la manifesta infondatezza dell’impugnazione.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 20.12.2024