Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30459 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30459 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/07/2024
SENTENZA
Sul ricorso presentato da COGNOME NOME, nata a Udine il DATA_NASCITA, avverso la sentenza del Tribunale di Udine del 16/10/2023.
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 16/10/2023 il Tribunale di Udine, dopo avere ammesso all’oblazione ‘ordinaria’ NOME COGNOME in riferimento al capo A), rigettava la domanda di oblazione speciale in riferimento al capo B) e condannava l’imputata alla pena di euro 2.200,00 di ammenda per il reato di cui all’articolo 71 d. lgs. 81/2008.
Avverso il provvedimento ricorre l’imputata, formulando un unico motivo di censura.
Ritiene la ricorrente che la sentenza abbia travisato il contenuto della deposizione del teste NOME COGNOME, RSSP dell’azienda, dalla cui corretta lettura si sarebbe evinto il venir meno del danno o del pericolo, elementi la cui assenza ha indotto il giudice a respingere la richiesta di oblazione speciale.
In data 11 giugno 2024, l’AVV_NOTAIO, per l’imputata, faceva pervenire memoria con cui insisteva per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Come evidenziato anche dal AVV_NOTAIO generale, in tema di contravvenzioni punite con pene alternative il giudice, nell’ammettere l’imputato all’oblazione ai sensi dell’art. 162bis cod. pen., è tenuto ad accertare anche d’ufficio che siano state eliminate, o che siano comunque venute meno, le conseguenze dannose o pericolose del reato, ostative all’accoglimento della domanda di oblazione ‘facoltativa’, giustificando il suo convincimento con una seppur succinta motivazione (Sez. 1, n. 5829 del 10/01/2024, COGNOME., Rv. 285788 – 01Sez. 1, n. 4992 del 20/07/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272287; di Sez. 3, n. 24159 del 05/04/2011, NOME, n. m.; Sez. 3, n. 26762 del 05/05/2010, COGNOME, Rv. 248063; Sez. 1, n. 1659 del 10/12/1996, dep. 1997, Cinque, Rv. 206933).
Nel caso di specie, il Tribunale ha evidenziato (v. pagg. 3-4, laddove si riportano diffusamente i contenuti delle deposizioni dei testi COGNOME e COGNOME, relativamente ai contenuti della consulenza della difesa a firma dell’AVV_NOTAIO. COGNOME, esposti dal teste COGNOME) che gli interventi posti in essere non possano essere ritenuti satisfattivi in termini di eliminazione del rischio, in quanto l’ispettore ha considerato che essi non erano rispondenti a quanto all’epoca prescritto (in particolare non sarebbero state precisate le modalità da adottare per la comunicazione verbale tra uomini a piedi e sui mezzi e alle modalità da adottare per la movimentazione/sblocco/ripristino della funzionalità dei carri cesti, qualora bloccati o in avaria).
Il tribunale ha ravvisato inoltre il permanere di rischi non eliminati, ostativi all’ammissione all’oblazione, anche nella non attuata limitazione degli accessi all’area, essendo stata detta prescrizione solo in parte portata a termine, laddove altri interventi sono stati solo programmati per il futuro.
Tale motivazione, ove anche in mera ipotesi errata, non appare manifestamente illogica o contraddittoria, né frutto di travisamento della prova posto che, come noto, il vizio di «contraddittorietà processuale» (o travisamento della prova) vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica dell’esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l’eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di «fotografia», neutra e a-valutativa, del «significante», ma non del «significato», atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell’elemento di prova (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME, Rv. 283370 – 01), e avvenire comunque in forma di «macroscopica o manifesta evidenza» (cfr., Sez. 4, n. 35963 del 3/12/2020, COGNOME; Sez. 2, n. 5336 del 9/1/2018, L., n.m.; ecc).
Elementi certamente non ricorrenti nel caso di specie.
3. Il ricorso non può quindi che essere dichiarato inammissibile.
Alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento. Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, che il Collegio ritiene di fissare, equitativamente, in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15/07/2024.