Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 25913 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 25913 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato a Palermo il 29/12/1961; nel procedimento a carico del medesimo; avverso la sentenza del 30/01/2025 del tribunale di Agrigento; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dr. NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio; udite le conclusioni del difensore di parte civile avv. COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso; udite le conclusioni dei difensori dell’imputato avv.ti COGNOME e COGNOME che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza di cui in epigrafe il tribunale di Agrigento condannava COGNOME NOME in ordine al reato di cui all’art. 54-1161 cod. nav.
Avverso la predetta sentenza COGNOME NOME propone ricorso mediante il suo difensore.
Con il primo motivo deduce il vizio di violazione di legge e di motivazione. Si rappresenta che la decisione sarebbe errata in diritto quanto alla ricostruzione della concessione demaniale rilasciata al ricorrente ed eccentrica rispetto alle risultanze processuali riguardanti il predetto argomento, con travisamento anche delle prove. Sul punto vi sarebbe in sentenza uno scambio di persona, di ruoli e di società interessate alla concessione demaniale e si evidenzia che l’unica reale società del ricorrente, RAGIONE_SOCIALE ottenne un’autonoma concessione nel 2014 e una proroga del 2015, operativa fino all’affidamento in concessione dell’aeroporto di Lampedusa a favore del nuovo soggetto aggiudicatario dello stesso. Nel 2017 l’Enac avrebbe poi corretto l’estensione della superficie affidata in concessione ed erroneamente formalizzata in circa 500 mq piuttosto che 2000 circa, parametrando il nuovo canone, da valere anche per il futuro assieme alla nuova superficie corretta. Somma poi percepita da Ast, quale nuovo aggiudicatario dell’aeroporto. E quindi la superficie rilevata nel 2018 con indagini di pg corrisponderebbe a quella rilevata con provvedimento del 2017 dell’Enac e sopra citato e vi sarebbe quindi liceità nella condotta del ricorrente e della sua società, atteso che l’occupazione sarebbe stata autorizzata con concessione del 2014 e con proroga del 2015 e riprecisata nel contenuto e nel canone nel 2017. Il ricorrente e la sua società sarebbero stati poi costretti a rimanere in occupazione dell’area ancora nel 2018 e tempi successivi per ragioni interne alla gestione dell’aeroporto. Ancora, il 21 febbraio 2020 sarebbero avvenuti pagamenti a favore di Ast prima del sequestro del 25.2.2020. In ogni caso, si aggiunge che ogni eventuale arbitraria occupazione anteriore alla concessione del 2014 sarebbe ormai oggetto di maturata prescrizione. Nessun collegamento poi potrebbe ritenersi valido, come invece fatto dal giudice in senso negativo, tra la contestata occupazione e l’avvenuto rilascio di una certificazione a favore della società del ricorrente perché legata a capacità tecnico economiche riscontrate nella effettuazione della cd. attività di fuelling e refuelling sotto bordo. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Si osserva, poi, che in sentenza si abbandonerebbe ad un certo punto la tesi di procedure illegittime di rilascio di concessioni demaniali per optare per una accusa al ricorrente di occupazione di aree mai affidategli, mentre per quanto sopra rilevato, sin dall’inizio fu occupata l’area in contestazione su base di formali titoli legittimi. Mancherebbe altresì, alla luce di tali titoli, a l’elemento soggettivo.
Con il secondo motivo si deduce il vizio di violazione di legge e di motivazione, in ordine all’intervenuto rigetto della richiesta di oblazione ex art. 162 c.p., atteso che erroneamente il giudice avrebbe ritenuto che il ricorrente
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ancora occupasse l’area in contestazione nonostante l’intervenuto sequestro. Tanto che l’istante avrebbe chiesto alla Procura di accedere all’area per rimuovere le conseguenze dannose della pregressa occupazione e realizzare le prescrizioni ex art. 162 comma 3 c.p.
Con il terzo motivo si deducono i vizi di violazione di legge e di motivazione in ordine all’art. 163 c.p. per avvenuta applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena in assenza di richiesta e senza motivazione.
Con il quarto motivo si deduce il vizio di violazione di legge per erronea applicazione delle norme in materia di statuizioni civili, con particolare riferimento alla condanna generica al risarcimento del danno e alla applicazione di una provvisionale esecutiva senza alcuna motivazione. Mancherebbe la motivazione a base del danno ritenuto sussistente e risarcibile. E in proposito si sarebbero travisate prove. E mancherebbe motivazione in ordine alla provvisionale come sopra già riportato.
La parte civile ha presentato conclusioni scritte
CONSIDERATO IN DIRITTO
Appare del tutto infondato il primo motivo. La tesi di accusa posta a base del giudizio di responsabilità penale si sostanzia, in sentenza, nell’affermazione per cui il ricorrente, a mezzo della sua società RAGIONE_SOCIALE avrebbe occupato senza alcun titolo una area di “gran lunga superiore a quella consentita” di circa 2010 mq. in luogo dei 523 mq. assegnati. L’ulteriore profilo che sembra trasparire dal capo di imputazione, circa la successione di illegittime procedure di rilascio di concessioni in favore dell’imputato, è di fatto trascurato, posto che il giudice ha espressamente sostenuto solo la tesi sopra riportata, fondata su assenza di titolo, in ragione di una maggiore occupazione, nel momento in cui ha dichiarato invece di “prescindere dalla dubbiosa procedura di rinnovazione delle concessioni da parte dell’Enac ….e sulla quale sono in corso indagini…”. Tanto precisato, occorre altresì osservare che in sentenza si sostiene che l’arbitraria occupazione sarebbe dimostrata sia dal dato per cui la originaria concessione del maggio 2014, rilasciata alla predetta società dell’imputato, avrebbe avuto riguardo solo a 523 mq., sia da quello per cui l’Enac avrebbe certificato, con suo provvedimento del 17.2.2017, che l’imputato avrebbe invece continuato ad occupare un’area più vasta “con conseguente rideterminazione dei
canoni” (oltre che dal successivo sopralluogo di polizia giudiziaria). Si tratta di motivazione che appare adeguata, alla luce della stessa specificazione del giudice per cui il predetto Ente avrebbe provveduto, con il citato provvedimento, solo a rideterminare i canoni in ragione della maggiore area occupata. Ed invero il suindicato atto, che questa Corte può esaminare siccome allegato dalla difesa, reca espressamente già nel titolo la dizione “Aeroporto di Lampedusa rideterminazione canoni demaniali concessione deposito rifornimento carburante (provvedimento prot. n. 421 001 del 06/04/2004 e successivi rinnovi)”, quale attestazione che conforta la ricostruzione di cui in sentenza, secondo la quale si tratterebbe solo di una rideterminazione di canoni nascente da una maggiore occupazione di fatto e non certo di un nuovo più ampio provvedimento concessorio, tantomeno di adeguamento del precedente. Emerge quindi sul punto una valutazione di un provvedimento amministrativo adeguata e come tale non sindacabile, laddove la evidenziazione difensiva per cui con il predetto provvedimento si sarebbe formalmente dichiarato che “è stata erroneamente formalizzata l’occupazione di un’area deposito dì mq. 500 (di cui 250 mq. uso avio e 250 mq. uso marina) e di uffici operativi di mq. 23, è necessario procedere alla rideterminazione dei canoni” non appare in “manifesto” contrasto con la suddetta qualificazione dell’atto come operata dal giudice. Va aggiunto che in tale quadro la difesa propone, con riguardo al citato atto di Enac, una mera valutazione di fatto, come tale inammissibile in questa sede. In proposito si rammenta che questa Corte ha più volte precisato che non costituisce violazione di legge deducibile con ricorso per cassazione l’erronea interpretazione di un atto amministrativo, che, in quanto relativa ad atti privi di carattere normativo, rientra nella valutazione del fatto. (da ultimo, in sede cautelare, Sez. 3, n. 14977 del 25/02/2022, Tilenni, Rv. 283035 – 01). La insuperabile valutazione del giudice si completa con il rilievo, anche esso corretto, per cui l’elemento soggettivo del reato ascritto non è escluso dalla acquiescenza degli organi preposti e che, seppur stringato, appare adeguato a rispondere alle ulteriori considerazioni difensive, anche esse meramente fattuali e rivalutative, tese a sostenere una persistenza della occupazione ascrivibile alla stessa Amministrazione. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il secondo motivo è fondato atteso che il giudice ha rigettato la richiesta di obiezione sostenendo che permarrebbero le conseguenze dannose del reato senza illustrare quali sarebbero le predette conseguenze dannose e le ragioni di tale permanenza a fronte dell’intervenuto sequestro. Invero, ove si dovessero collegare le predette conseguenze alla permanenza della occupazione, emerge una motivazione alquanto contraddittoria e illogica: il giudice sostiene che pur a
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fronte di un intervenuto sequestro del 25.2.2020, avendo il ricorrente avanzato richiesta di accedere all’area in vinculis per rimediare ad una situazione di pericolo, avrebbe in tal modo dimostrato che l’area sarebbe ancora in sua disponibilità a prescindere dalla esecuzione del sequestro predetto, laddove invece, proprio la richiesta di accedere all’area dimostrerebbe, a rigor di logica, la cessazione dell’occupazione. Né pare sufficiente l’ulteriore rilievo per cui il ricorrente avrebbe ottenuto un certificato di idoneità del 2019 e valevole sino al 2024, quale prestatore di servizi aeroportuali, in assenza di ogni specificazione della eventuale significatività di tale atto rispetto alla dimostrazione della persistenza o meno della occupazione.
Si vuole osservare che ove le ragioni del rigetto risiedessero nella persistenza della occupazione si tratterebbe, come anticipato, di una motivazione chiaramente illogica e contraddittoria, posto che il sequestro è misura cautelare che determina, una volta eseguito, l’effetto di sottrarre il bene al chi ne aveva precedente disponibilità e con riguardo allo specifico caso di contestata occupazione di area pubblica, quello, altresì, di interrompere la condotta ritenuta illecita. Così che al contrario, proprio la attestata avvenuta domanda, evidentemente rivolta alla autorità giudiziaria competente, di essere autorizzato ad accedere alla zona sequestrata dimostra, in assenza di altri contrapposti dati a disposizione di questa Corte e che comunque il giudice di merito potrà meglio verificare ai fini in parola, la sottrazione della stessa all’imputato.
In conclusione il rigetto della domanda di oblazione non appare supportato da alcuna adeguata spiegazione.
Né può rilevare, come sostento dalla parte civile, l’inammissibilità della domanda siccome proposta non all’inizio della discussione ex art. 162 bis cod. pen., sia per l’assenza di ogni allegazione documentale al riguardo che consenta a questa corte una tale verifica sul punto, sia in assenza di una esplicita previsione di tale termine a pena di inammissibilità.
La fondatezza del secondo motivo, per la sua anteriorità logico-giuridica determina l’assorbimento degli altri motivi proposti.
Quanto poi, al giudizio di accertamento del reato e di responsabilità espresso in sentenza, alla inammissibilità del primo motivo proposto, sopra illustrata, consegue l’intervenuto giudicato progressivo e quindi l’impossibilità di ritenere l’ulteriore decorso della prescrizione. Rispetto a tale giudicato parziale, quindi, il giudice del rinvio deve solo verificare l’accoglibilità o meno della domanda di oblazione e in caso eventualmente negativo procedere alle necessarie valutazioni in tema di sanzioni ed eventuali effetti civili.
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5. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che la sentenza debba essere annullata limitatamente alla oblazione con rinvio al
tribunale di Agrigento in altra composizione fisica. Con dichiarazione di inammissibilità nel resto del ricorso.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata limitatamente alla oblazione e rinvia per nuovo giudizio sul punto al tribunale di Agrigento. Dichiara inammissibile nel
resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 02/07/2025
Il onsigliere estens re /