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Obbligo di presentazione: valido anche per amichevoli

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un tifoso contro un provvedimento che imponeva un obbligo di presentazione decennale. La misura è stata ritenuta valida anche per le partite amichevoli, a condizione che queste siano conoscibili. La Corte ha confermato che la sanzione è proporzionata alla gravità dei fatti commessi e all’elevata pericolosità del soggetto.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Obbligo di presentazione: la Cassazione conferma la validità anche per le amichevoli

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35338 del 2024, ha affrontato un caso relativo all’applicazione dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, una delle misure più incisive legate al cosiddetto DASPO. La decisione chiarisce due punti fondamentali: la proporzionalità della durata della misura e la sua estensione anche alle partite amichevoli. Questo provvedimento sottolinea il rigore con cui l’ordinamento giuridico persegue l’obiettivo di prevenire la violenza negli stadi, anche a costo di imporre restrizioni significative alla libertà personale di soggetti ritenuti pericolosi.

I fatti del caso

Un tifoso era stato destinatario di un provvedimento del Questore, convalidato dal GIP del Tribunale di Padova, che gli imponeva l’obbligo di presentazione per dieci anni in concomitanza con le manifestazioni sportive. La misura era stata disposta a seguito di gravi atti di violenza: il soggetto, già in passato colpito da un DASPO di cinque anni, aveva scavalcato un cancello, dando il via a un’invasione di campo. Durante gli scontri con tifosi avversari e forze dell’ordine, aveva utilizzato cinghie e aste di bandiera come armi, resistito all’arresto e causato lesioni a un poliziotto.

Contro l’ordinanza del GIP, il difensore del tifoso ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali:
1. Violazione del principio di gradualità: la durata di dieci anni è stata ritenuta eccessiva e sproporzionata, soprattutto perché era già stato scontato un precedente DASPO.
2. Illegittimità dell’obbligo per le partite amichevoli: il ricorrente sosteneva l’impossibilità di rispettare l’obbligo per gli incontri amichevoli, spesso non pubblicizzati o disputati a porte chiuse, rendendo difficile per lui venirne a conoscenza.

L’obbligo di presentazione e la valutazione della pericolosità

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le doglianze. Sul primo punto, i giudici hanno evidenziato che la difesa non si era confrontata adeguatamente con le motivazioni dell’ordinanza impugnata. Quest’ultima, infatti, si basava sulla gravità estrema delle condotte del tifoso, che dimostravano una “elevatissima pericolosità specifica”. Gli elementi considerati – l’invasione di campo, l’uso di oggetti come armi, la recidiva specifica e le lesioni a un agente – giustificavano pienamente una risposta preventiva severa come un obbligo decennale.

La questione delle partite amichevoli

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha ribadito un principio consolidato: l’obbligo di presentazione può legittimamente estendersi anche agli incontri amichevoli. La finalità della misura è impedire che il soggetto ponga in essere nuove condotte violente, e tale rischio sussiste indipendentemente dalla natura ufficiale o amichevole della partita.

Le motivazioni

La Cassazione ha chiarito che il requisito fondamentale per la validità della misura non è che le manifestazioni sportive siano indicate nominativamente nel provvedimento, ma che siano “determinabili”. Il destinatario ha l’onere di tenersi informato attraverso i normali canali di diffusione (siti web, stampa, etc.). Il divieto e il conseguente obbligo di firma si applicano solo agli incontri che possono essere conosciuti con un’ordinaria diligenza. Sono quindi esclusi quegli eventi la cui programmazione non è accessibile al pubblico, tutelando così l’esigenza di conoscibilità del precetto da parte del destinatario. In questo modo, si bilanciano l’efficacia della prevenzione e il diritto del soggetto a conoscere esattamente i propri obblighi.

Le conclusioni

La sentenza conferma un orientamento rigoroso nella lotta alla violenza sportiva. La valutazione sulla durata e sull’ambito di applicazione di misure come il DASPO e l’obbligo di presentazione deve essere ancorata a un giudizio concreto sulla pericolosità del soggetto, basato su fatti specifici. La decisione stabilisce inoltre che l’onere di informarsi sulla programmazione delle partite, incluse quelle amichevoli, ricade sul destinatario della misura, purché le informazioni siano reperibili con normale diligenza. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

L’obbligo di presentazione può essere applicato anche per le partite amichevoli?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che il divieto di accesso e il conseguente obbligo di presentazione possono legittimamente riferirsi anche agli incontri cosiddetti ‘amichevoli’, a patto che questi siano stati programmati e pubblicizzati attraverso i normali strumenti di diffusione, in modo da essere previamente conoscibili dall’interessato con un’ordinaria diligenza.

Come viene valutata la proporzionalità di una misura come l’obbligo di presentazione?
La proporzionalità e la durata della misura vengono valutate in base alla gravità concreta dei fatti commessi e al grado di pericolosità specifica del soggetto. Nel caso di specie, la durata di dieci anni è stata ritenuta congrua a fronte di atti gravissimi come l’aver guidato un’invasione di campo, l’uso di armi improprie, la recidiva e le lesioni a un poliziotto.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando la Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, non esamina il merito della questione. La parte che ha proposto il ricorso viene condannata, a norma dell’art. 616 del codice di procedura penale, al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende, a meno che non dimostri di aver agito senza colpa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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