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Obbligo di presentazione: quando il Daspo è legittimo?

Un tifoso ha impugnato un provvedimento di Daspo che includeva l’obbligo di presentazione alla polizia durante le partite. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, ritenendolo inammissibile. Secondo la Corte, la misura era giustificata dalla pericolosità dimostrata dal soggetto, identificato come aggressivo durante scontri tra tifoserie. La motivazione del giudice di primo grado è stata considerata adeguata sia sulla necessità della misura restrittiva, sia sulla sua durata, confermando la legittimità dell’obbligo di presentazione per prevenire future violazioni.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Obbligo di presentazione: la Cassazione chiarisce i limiti del Daspo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6570/2024, è tornata a pronunciarsi sulla legittimità delle misure di prevenzione negli stadi, in particolare sull’applicazione dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Questa misura, accessoria al Daspo, rappresenta una significativa limitazione della libertà personale e, come ribadito dalla Corte, richiede una motivazione solida e puntuale da parte del giudice. Il caso analizzato offre spunti cruciali per comprendere quando tale aggravamento del Daspo sia giustificato.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un provvedimento del Questore che imponeva a un tifoso un Daspo per un periodo di due anni e sei mesi. Oltre al divieto di accesso agli stadi, il provvedimento prevedeva l’obbligo di presentazione presso il commissariato di Pubblica Sicurezza durante lo svolgimento delle partite della sua squadra. La misura era scaturita a seguito di scontri tra tifoserie, durante i quali il soggetto era stato identificato, anche grazie a riprese fotografiche, come partecipante attivo e aggressivo, venendo persino trovato in possesso di una pietra.

Il G.I.P. (Giudice per le Indagini Preliminari) del Tribunale competente convalidava il provvedimento. Contro questa decisione, il difensore del tifoso proponeva ricorso per Cassazione, lamentando principalmente due aspetti: la carenza di motivazione sulla reale condotta e pericolosità del suo assistito e la sproporzione della misura, in particolare dell’obbligo di firma.

I Motivi del Ricorso

Il ricorrente contestava la decisione del G.I.P. su due fronti principali:

1. Violazione di legge e carenza di motivazione: Secondo la difesa, il giudice aveva convalidato il provvedimento basandosi acriticamente sugli atti del Questore, senza un’analisi autonoma della condotta del tifoso. Le immagini fotografiche, a dire del ricorrente, non provavano un ruolo da protagonista negli scontri, ma al massimo un atteggiamento passivo. Inoltre, si negava il possesso di pietre, evidenziando l’assenza di precedenti penali e, quindi, una presunta carenza di pericolosità sociale.
2. Mancanza di motivazione sulla necessità e proporzionalità: La difesa lamentava che il giudice non avesse adeguatamente motivato la necessità e l’urgenza della misura, né le ragioni del doppio obbligo di presentazione (imposto sia per le partite in casa che in trasferta). Si sottolineava inoltre la sproporzione della durata della misura e il disagio logistico, poiché le partite casalinghe si svolgevano a 15 km dal comune di residenza.

L’obbligo di presentazione e i criteri di valutazione del giudice

La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso inammissibile, ha colto l’occasione per ribadire i principi fondamentali che governano la convalida del Daspo aggravato dall’obbligo di presentazione. I giudici hanno chiarito che il controllo del G.I.P. non può essere meramente formale. Esso deve investire la legittimità, la congruità, la proporzionalità e la necessità della misura, soprattutto quando questa incide sulla libertà personale.

Per imporre l’obbligo di presentazione, non basta il semplice divieto di accesso allo stadio. È necessario un ‘quid pluris’ di pericolosità sociale. Il provvedimento del Questore e la successiva convalida del giudice devono esplicitare le ragioni per cui la sola misura del divieto di accesso non sia ritenuta sufficiente a prevenire la commissione di ulteriori reati.

Le Motivazioni della Cassazione

Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto che la motivazione del G.I.P. fosse completa e immune da vizi. Il giudice della convalida aveva correttamente valutato tutti gli elementi a disposizione, dando conto dell’identificazione certa del ricorrente e della sua condotta aggressiva, inclusa la circostanza del possesso di una pietra. Questi elementi, secondo la Corte, dimostravano una ‘notevole pericolosità’ che giustificava pienamente non solo il Daspo, ma anche la misura accessoria dell’obbligo di presentazione.

La Corte ha respinto anche le censure relative alla sproporzione e alla durata. La scelta di imporre l’obbligo di firma è stata considerata una conseguenza logica della necessità di impedire l’elusione del divieto di accesso, data la pericolosità del soggetto. Riguardo alla durata, i giudici hanno notato che il G.I.P. aveva già operato una riduzione rispetto alla richiesta originaria del Questore (da quattro anni a due anni e sei mesi), dimostrando un’equilibrata ponderazione. Infine, è stato chiarito che l’onere di provare l’avvenuta esecuzione della misura prima della convalida, al fine di contestarne l’urgenza, spetta al ricorrente, prova che nel caso specifico non era stata fornita.

Conclusioni

La sentenza consolida un importante principio: l’obbligo di presentazione è una misura legittima quando la pericolosità del soggetto, valutata sulla base di elementi concreti e non su mere supposizioni, rende insufficiente il solo divieto di accesso agli stadi. La motivazione del giudice della convalida deve essere effettiva e non apparente, ma può anche basarsi sulla gravità dei fatti e sulla pericolosità desunta dal comportamento del soggetto. Questa decisione sottolinea come la valutazione del giudice debba essere un bilanciamento tra la tutela dell’ordine pubblico e la salvaguardia della libertà personale, confermando che di fronte a condotte aggressive e pericolose, le misure preventive possono essere applicate con il massimo rigore previsto dalla legge.

Quando è giustificato l’obbligo di presentazione oltre al semplice Daspo?
L’obbligo di presentazione è giustificato quando sussiste un ‘quid pluris’ di pericolosità sociale del soggetto, tale da far ritenere che il solo divieto di accesso agli stadi sia insufficiente a prevenire la reiterazione di comportamenti violenti. La gravità del fatto e la pericolosità della persona sono elementi chiave per giustificare questa misura più afflittiva.

Il giudice della convalida può ridurre la durata di un Daspo richiesto dal Questore?
Sì, il giudice ha il dovere di verificare la congruità della durata della misura. Se la ritiene eccessiva rispetto alla gravità dei fatti contestati, può ridurla, fondando la sua decisione su una valutazione ponderata degli episodi accertati.

Chi deve provare che il provvedimento del Questore è stato eseguito prima della convalida del giudice?
L’onere di dimostrare che il provvedimento ha avuto concreta esecuzione prima dell’intervento del giudice (ad esempio, dovendo presentarsi in commissariato per una partita svoltasi tra la notifica e la convalida) spetta al ricorrente. Questa prova è necessaria per contestare specificamente la mancanza di motivazione sull’urgenza del provvedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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