Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 26538 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 26538 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 21/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposti da NOME, nato a Reggio Calabria il DATA_NASCITA; avverso l’ordinanza del 22/12/2023 del Gip del Tribunale di Bolzano; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 22 dicembre 2023, il Gip del Tribunale di Bolzano ha convalidato il provvedimento del Questore di Bolzano di applicazione, fra l’altro, dell’obbligo di presentazione in concomitanza con manifestazioni sportive, di cui all’art. 6, comma 2, della legge n. 401 del 1989.
Avverso l’ordinanza, l’interessato, mediante il difensore, ha proposto ricorso per cassazione.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, si lamenta il difetto di motivazione del provvedimento impugnato in relazione alle memorie di difensive depositate, le quali non sarebbero state prese in considerazione, non essendo sufficiente, a fronte di puntuali contestazioni circa la recidiva e circa la durata della misura, i solo riferimento seguente: “vista altresì la memoria difensiva a firma dell’AVV_NOTAIO“.
2.2. In secondo luogo, il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 3 e 10 della legge n. 241 del 1990 e l’eccesso di potere per il difetto di motivazione del provvedimento in relazione al principio di gradualità della sanzione, essendosi il questore limitato a richiamare i precedenti dell’interessato.
2.3. Con un terzo motivo di doglianza, si rilevano la violazione dell’art. 6 della legge n. 401 del 1989 e il difetto di motivazione circa le ragioni per cui i prevenuto debba presentarsi presso la Questura anche in corrispondenza di partiti amichevoli della sua squadra, non essendo egli in grado di informarsi quotidianamente sulla programmazione di tali partite, che spesso non vengono pubblicizzate o si svolgono a porte chiuse contro squadre di provincia poco conosciute e in giorni lavorativi.
2.4. Con una quarta censura, si rilevano la violazione dell’art. 6 della legge n. 401 del 1989 e il difetto della motivazione in merito alle ragioni per le quali l’interessato debba presentarsi in questura più volte in occasione delle partite di calcio che la squadra di riferimento gioca sul territorio nazionale, ovvero 15 minuti dopo l’inizio del primo tempo e quindi 15 minuti prima della fine della partita. Non si sarebbe tenuto conto del fatto che il prevenuto vive in provincia di Milano e che la squadra in questione, di Reggio Calabria, gioca incontri essenzialmente limitati alle regioni Calabria e Sicilia; con la conseguenza che egli avrebbe comunque estrema difficoltà a recarvisi, anche volendo, in violazione dei divieti imposti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il primo motivo di doglianza, riferito al preteso mancato esame di memorie depositate, è formulato in modo non specifico. La difesa si limita a richiamare sinteticamente l’oggetto delle censure che afferma di aver formulato con le memorie in questione, senza considerare se rispetto a tali censure il provvedimento impugnato abbia fornito risposta e senza spiegare illustrare le ragioni poste a fondamento delle censure stesse. Anche a voler seguire la
prospettazione difensiva, peraltro, il provvedimento impugnato contiene non solo un espresso richiamo agli atti difensivi di parte, ma anche – come si vedrà un’adeguata motivazione sia quanto alla durata della misura sia quanto alle modalità della sua esecuzione, in relazione ad un soggetto che è stato sottoposto in passato per due volte al divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive e si è reso protagonista di comportamenti particolarmente violenti.
1.2. Inammissibile è anche il secondo motivo di censura, riferito alla congruità della misura, non essendosi la difesa confrontata – neanche in via di mera prospettazione – con la motivazione dell’ordinanza, che si salda con quella del provvedimento questorile, da cui emerge che il soggetto ha posto in essere plurimi atti di violenza fisica con l’uso di armi contro la polizia, nonché lesioni danni di operatori del reparto mobile e atteggiamenti minacciosi e provocatori, a fronte di precedenti divieti emessi nei suoi confronti, i quali, evidentemente, non hanno sviluppato in concreto alcuna efficacia deterrente. Si tratta, in altri termini, di rilievi difensivi diretti a suscitare da parte della Corte di cassazio una rivalutazione dei fatti, preclusa dal carattere vincolato della critica disciplinata dall’art. 606 cod. proc. pen.
1.3. Inammissibile è il terzo motivo, riferito all’obbligo di presentazione in corrispondenza di partite amichevoli. La difesa non tiene conto del fatto che il provvedimento deve efficacemente impedire in concreto la partecipazione del soggetto a manifestazioni sportive nelle quali possa porre in essere nuovamente condotte violente e minacciose del tipo di quelle che ne hanno giustificato l’adozione. Deve del resto ribadirsi il principio secondo cui il divieto di accesso ai luoghi di svolgimento di manifestazioni sportive, con contestuale obbligo di presentazione ad un ufficio o comando di polizia, previsto dall’art. 6, commi 1 e 2, legge 13 dicembre 1989, n. 401, può legittimamente riferirsi anche agli incontri cd. “amichevoli”, che siano stati programmati e pubblicizzati attraverso i normali strumenti di diffusione in modo da essere previamente conoscibili dall’interessato, sussistendo, anche in tal caso, l’esigenza di prevenire fenomeni di violenza valevoli a mettere a repentaglio l’ordine e la sicurezza pubblica (ex plurimis, Sez. 3, n. 12355 del 14/02/2023, Rv. 284235 – 02; Sez. 3, n. 35557 del 11/05/2017, Rv. 270788 – 01). Più in generale, si è affermato che, ai fini della validità del provvedimento con cui il Questore vieta l’accesso allo stadio in occasione di alcune competizioni sportive e invita il destinatario a presentarsi all’autorità di P.S., non è necessario che le manifestazioni sportive siano nominativamente indicate, essendo sufficiente che queste ultime siano determinabili, sulla base di elementi di identificazione forniti nel provvedimento,
in modo certo dal destinatario che ha l’onere di tenersi informato sul punto (ex multis, Sez. 3, n. 7948 del 03/11/2016, dep. 20/02/2017, Rv. 269318 – 01).
Tali principi, da un lato, rispondono alla ragione di evitare vuoti di tutela i relazione a partite non appartenenti a calendari di tornei o competizioni sportive, che possono comunque essere occasione per manifestazioni di intemperanza da parte del prevenuto, dall’altro rispettano le esigenze di conoscibilità in concreto del precetto da osservare, perché limitano il divieto a incontri che siano conoscibili attraverso i normali canali di informazione, escludendo evidentemente quelli non conoscibili attraverso l’esercizio di un’ordinaria diligenza.
1.4. Anche la quarta doglianza è inammissibile, in quanto basata su generiche asserzioni circa la lontananza tra il luogo di pretesa residenza effettiva del soggetto e i luoghi in cui si svolgerebbero le partite della squadra interessata, che sarebbero limitati – a dire del ricorrente – alle Regioni Calabria e Sicilia. I ogni caso, il provvedimento impugnato risulta sufficientemente motivato circa la necessità della “doppia firma”, dopo l’inizio e prima della fine della manifestazione sportiva, richiamando l’estrema gravità degli atti compiuti dal soggetto, il quale si trovava a permanere tra le prime file dei facinorosi utilizzando un’asta di bandiera per sferrare i colpi contro gli operatori di pubblica sicurezza.
Per questi motivi, il ricorso devono essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.