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Obbligo di presentazione DASPO: quando è legittimo?

Un tifoso ricorre contro un DASPO che include l’obbligo di firma, sostenendo una motivazione carente e la sproporzione della misura. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, confermando che l’obbligo di presentazione DASPO è legittimo quando la pericolosità del soggetto è provata, anche senza precedenti penali. La Corte sottolinea che l’identificazione certa, la condotta aggressiva e l’uso di oggetti come una cintura sono elementi sufficienti a giustificare non solo il divieto di accesso agli stadi, ma anche la misura accessoria della firma per garantirne il rispetto.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Obbligo di Presentazione DASPO: la Cassazione fissa i paletti

L’obbligo di presentazione DASPO rappresenta una delle misure più incisive per contrastare la violenza negli stadi. Ma quali sono i presupposti che la giustificano? È sufficiente un singolo episodio di aggressività per imporla, anche a chi non ha precedenti? Con la sentenza n. 6568 del 2024, la Corte di Cassazione torna sul tema, delineando i confini della discrezionalità del Questore e del controllo del giudice. Il caso analizzato riguarda un tifoso destinatario di un DASPO con obbligo di firma, il quale contestava la legittimità del provvedimento per carenza di motivazione e sproporzione.

I Fatti del Caso: dal Provvedimento del Questore al Ricorso

La vicenda ha origine da un’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Agrigento che convalidava un provvedimento del Questore locale. Quest’ultimo aveva imposto a un giovane tifoso un divieto di accesso a tutte le manifestazioni sportive per un periodo di due anni e sei mesi, accompagnato dall’obbligo di presentazione presso il Commissariato di Pubblica Sicurezza. In particolare, il soggetto doveva presentarsi al 10° e 40° minuto di ogni tempo delle partite casalinghe della sua squadra e al 40° minuto del primo tempo per quelle in trasferta.

Il destinatario della misura, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando l’illegittimità dell’ordinanza di convalida.

I Motivi del Ricorso: Carenza di Motivazione e Sproporzione

Il ricorrente ha basato la sua impugnazione su due principali motivi:

1. Violazione di legge e carenza di motivazione: Secondo la difesa, il giudice della convalida si sarebbe limitato a un rinvio generico agli atti del Questore, senza un’analisi autonoma della condotta. Si contestava l’effettiva identificazione del tifoso come protagonista di condotte aggressive e si negava il possesso di oggetti contundenti. Inoltre, si sottolineava l’assenza di pericolosità sociale del soggetto, essendo un lavoratore incensurato.
2. Mancanza di motivazione sulla necessità e urgenza: Il secondo motivo criticava la mancata giustificazione dei presupposti di necessità e urgenza, la scelta del doppio obbligo di presentazione (anziché il solo divieto di accesso) e la sproporzione della durata della misura, considerata eccessiva in assenza di precedenti specifici.

Le Motivazioni della Cassazione: la legittimità dell’obbligo di presentazione DASPO

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo integralmente le censure del ricorrente e fornendo importanti chiarimenti sui presupposti dell’obbligo di presentazione DASPO.

I giudici di legittimità hanno innanzitutto ribadito che il giudice della convalida ha il dovere di motivare in modo non apparente su tutti i presupposti della misura, inclusa la congruità della sua durata. Tale obbligo, nel caso di specie, è stato pienamente rispettato.

Nel merito, la Corte ha ritenuto che l’ordinanza impugnata avesse adeguatamente giustificato ogni aspetto:

* Identificazione del soggetto: L’identificazione del tifoso era certa, basata su prove fotografiche che lo ritraevano a volto scoperto e con gli stessi indumenti durante gli episodi di violenza.
* Pericolosità della condotta: La sua aggressività era stata dimostrata concretamente. Il soggetto era stato respinto dalle forze dell’ordine durante i suoi assalti verso la tifoseria avversaria e brandiva una cintura, elemento che integra il possesso di un oggetto atto a offendere. Questi elementi, nel loro complesso, delineavano una “notevole pericolosità”.
* Necessità dell’obbligo di firma: Proprio la gravità della condotta e la pericolosità dimostrata costituivano il “quid pluris” necessario per giustificare non solo il divieto di accesso, ma anche la misura accessoria dell’obbligo di presentazione. Tale obbligo, secondo la Corte, è finalizzato a evitare possibili elusioni del divieto principale, garantendone l’effettiva osservanza.
* Durata della misura: La durata di due anni e sei mesi è stata ritenuta equilibrata e ragionevole, soprattutto perché il giudice della convalida l’aveva già ridotta rispetto alla richiesta iniziale di quattro anni.

La Cassazione ha concluso che le argomentazioni del ricorrente si traducevano in una mera rivalutazione dei fatti, inammissibile in sede di legittimità. Il ricorso è stato quindi respinto, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende.

Le Conclusioni: Quando l’Obbligo di Firma è una Misura Necessaria

La sentenza in esame consolida un principio fondamentale in materia di misure di prevenzione sportive: l’obbligo di presentazione DASPO non è una misura automatica, ma richiede una motivazione rafforzata basata sulla gravità del fatto e sulla pericolosità del soggetto. La Corte chiarisce che elementi come l’identificazione certa, l’aggressività manifesta e l’uso di oggetti impropri sono sufficienti a dimostrare quella pericolosità qualificata che giustifica la compressione della libertà personale insita nell’obbligo di firma. La decisione conferma che anche un soggetto incensurato può essere destinatario di tale misura se la sua condotta, nel contesto di un evento sportivo, rivela un’inclinazione alla violenza tale da rendere il solo divieto di accesso insufficiente a prevenire future turbative dell’ordine pubblico.

È sufficiente la sola pericolosità dimostrata durante un evento sportivo per imporre l’obbligo di presentazione DASPO, anche in assenza di precedenti penali?
Sì. Secondo la sentenza, la notevole pericolosità di un soggetto, desunta da elementi concreti come l’aggressività dimostrata e il possesso di oggetti atti a offendere (come una cintura), è sufficiente a giustificare l’obbligo di presentazione, anche se la persona è incensurata. La misura si fonda sulla necessità di prevenire l’elusione del divieto di accesso agli stadi.

Come deve essere motivato dal giudice il provvedimento che convalida un obbligo di presentazione DASPO?
Il giudice della convalida deve fornire una motivazione completa e non apparente, che analizzi tutti i presupposti di legittimità della misura. Deve valutare la congruità, la necessità, la proporzionalità e l’adeguatezza dell’obbligo di comparizione, potendo anche modificare le prescrizioni o ridurne la durata se ritenuta eccessiva. Non basta un mero rinvio agli atti del Questore.

A chi spetta l’onere di provare che un provvedimento DASPO è stato eseguito prima della convalida del giudice per contestarne l’urgenza?
L’onere della prova spetta al ricorrente. La Corte di Cassazione ha precisato che la questione della motivazione sull’urgenza è rilevante solo se il provvedimento ha avuto concreta esecuzione prima dell’intervento del giudice (ad esempio, se si sono tenute partite nel lasso di tempo tra la notifica e la convalida). È il destinatario della misura che deve dimostrare questa circostanza per avere interesse a sollevare la censura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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