Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 31947 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 31947 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME, nato in Marocco DATA_NASCITA; COGNOME NOME, nato in Albania il DATA_NASCITA; COGNOME NOME, nato in Albania il DATA_NASCITA; COGNOME NOME, nato in Albania il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza n. 3482 della Corte di appello di Firenze del 4 ottobre 2022;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e i ricorsi introduttivi;
sentita la relazione fatta dal AVV_NOTAIO COGNOME;
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del AVV_NOTAIO COGNOME, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità di tutti i ricorsi.
RITENUTO IN FATI -0
La Corte di appello di Firenze – decidendo, con sentenza del 4 ottobre 2022, sulle impugnazioni presentate dagli imputati avverso la sentenza con la quale il precedente 30 novembre 2021 il Gup del Tribunale di Pistoia, in esito a giudizio celebrato nelle forme del rito abbreviato, aveva dichiarato, per quanto ora interessa, NOME, NOME, COGNOME NOME e NOME COGNOME responsabili dei reati a ciascuno di essi ascritti, qualificato esso, per quanto attiene al NOME, come violazione dell’art. 73, comma 5, del dPR n. 309 del 1990, ed esclusa, quanto al NOME l’aggravante della recidiva, e quanto a COGNOME e COGNOME, l’aggravante contestata al capo 18 del complessivo capo di imputazione, e li aveva, pertanto, condannati, considerata la diminuente per il rito speciale prescelto alla pena di anni 4 e mesi 8 di reclusione ed euri 22.000,00 di multa il primo, alla pena di anni 6 di reclusione ed euri 24.000,00 di multa il secondo, alla pena di anni 1 di reclusione ed euri 1.200,00 di multa il terzo ed, infine, alla pena di anni 6 di reclusione ed euri 24.000,00 di multa il quarto, corredate tali pene erano per ciascun imputato, tranne il COGNOME, dalla pena accessoria della interdizione perpetua dai pubblici uffici e dalla confisca del danaro in sequestro – ha solo parzialmente confermato la sentenza emessa dal giudice di primo grado.
La Corte distrettuale, infatti, per quanto riguarda il NOME, ha determinato la pena a suo carico, da considerarsi come aumento ex art. 81, cpv., cod. pen. rispetto alla pena a lui già inflitta con la sentenza relativa al procedimento penale n. 3054/2020, divenuta irrevocabile in data 17 dicembre 2021, in anni 1 e mesi 10 di reclusione ed in euri 2.000,00 di multa, dovendo, pertanto, calcolarsi la pena finale per i reati avvinti dal vincolo della continuazione in anni 7 e mesi 2 di reclusione ed euri 48.000,00 di multa; per quanto riguarda il COGNOME, assolto per insussistenza del fatto in ordine al reato a lui contestato sub 9) della rubrica elevata a suo carico, ha rideterminato la pena in anni 2 di reclusione ed euri 2.000,00 di multa, anche in questo caso da intendersi quale aumento ex art. 81, cpv., cod. pen. da applicarsi alla pena a lui già inflitta con la sentenza n. 3350/21 della Corte di appello di Firenze del 15 luglio 2021, dovendo, pertanto, calcolarsi la pena finale in anni 8 di reclusione ed euri 28.000,00 di multa; per quanto riguarda COGNOME, essendo stato anche questi assolto quanto al reato di cui al n. 9) del capo di imputazione, per insussistenza del fatto, ha rideterminato la pena in anni 2 di reclusione ed euri 2.000,00 di multa, da ritenersi quale aumento relativo alla ritenuta continuazione con i fatti a lui ascritti con la già citata sentenza n. 3350/21 della Corte di appello gigliata, essendo, pertanto, la pena finale su di lui gravante quella di anni 8 di reclusione
ed euri 22.000,00 di multa; per ciò che attiene al COGNOME, invece, la Corte di appello, confermata nel resto la sentenza inflitta a suo danno dal giudice di primo grado, si è limitata a revocare la misura di sicurezza della sua espulsione dal territorio nazionale una volta espiata la pena.
Hanno interposto ricorso per cassazione avverso la predetta sentenza i citati quattro imputati, ciascuno di essi assistito dal proprio difensore fiduciario.
NOME ha svolto un unico, articolato, motivo di impugnazione, lamentando, in prima battuta, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche; ha, quindi, segnalato la richiesta di applicazione del regime della continuazione con la sentenza n. 3054/2020 della Corte di appello, irrevocabile il 17 dicembre 2021.
COGNOME, a sua volta, si è parimenti doluto della mancata attribuzione in suo favore del medesimo beneficio di cui all’art. 62-bis cod. pen.
COGNOME ha esteso la propria lagnanza non solamente alla mancata attribuzione del beneficio invocato dai precedenti ricorrenti, ma si è anche doluto, ritenendo priva di motivazione la relativa statuizione, del complessivo trattamento sanzionatorio.
Il medesimo ricorrente, con atto del 5 febbraio 2024, ha insistito nelle proprie conclusioni, osservando che il ricorso da suo difensore articolato non poteva essere considerato inammissibile.
NOME NOME ha, infine, affidato le proprie censure ad un unico motivo di doglianza, avente ad oggetto, con riferimento al vizio di motivazione, la decisione assunta dalla Corte di Firenze di determinare nella misura dianzi indicata l’aumento di pena di applicare al prevenuto, una volta ritenuta la sussistenza del vincolo della continuazione fra i fatti di cui al presente processo e quelli la cui definizione è stata disposta con la citata sentenza n. 3350 del 2021 della medesima Corte medicea.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi, solo alcuni dei quali sono, in parte, fondati, debbono essere accolti per quanto di ragione.
Invero, ritiene la Corte che le impugnazioni presentate da NOME e da NOME debbano essere dichiarate inammissibili per i motivi qui di seguito precisati.
Quanto al primo ricorrente, va segnalato (sebbene debba darsi atto che il dato non è chiaramente riportato nel dispositivo della sentenza impugnata, ma la vicenda processuale è chiaramente illustrata nella motivazione della medesima e la sua rispondenza al vero non è stata contestata dalla ricorrente difesa) che lo stesso, tramite il proprio difensore di fiducia munito di procura speciale, ha chiesto di potere definire il giudizio di gravame ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen. avendo fatto espressa rinunzia ai motivi di appello non concernenti l’entità della pena da applicare a suo carico, pena che, in riduzione di quella già ritenuta congrua in sede di giudizio di primo grado, è stata concordata fra difesa e pubblica accusa in quella poi indicata dalla Corte territoriale in sede di statuizioni finali.
Considerato quanto precede deve rilevarsi che il primo motivo di impugnazione, avendo ad oggetto una tematica, quella del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, oggetto di un motivo di impugnazione espressamente rinunziato, è, pertanto, chiaramente inammissibile; mentre per ciò che attiene al secondo motivo di impugnazione, relativo alla richiesta di ritenere l’imputazione ora in questione connessa ex art. 81, cpv, cod. pen. con altre imputazioni già oggetto di sentenza divenuta irrevocabile, non è dato comprendere di cosa il ricorrente si lamenti, atteso che con la sentenza ora in esame siffatta continuazione fra reati, con le derivanti conseguenze favorevoli in tema di dosimetria sanzionatoria, già è stata riconosciuta.
Anche il ricorso di COGNOME, il cui oggetto è limitato al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, è palesemente inammissibile, stante la sua genericità, atteso che in esso non è concretamente indicata alcuna ragione – posta all’attenzione dei giudici del merito ma trascurata da costoro, che avrebbe potuto giustificare il riconoscimento del beneficio in questione; il ricorrente, infatti, si è limitato ad affermare la avvenuta allegazione di tali ragioni in sede di giudizio sul fatto ma ha omesso da dare alcuna ulteriore indicazione sul contenuto di tale allegazione.
Parzialmente fondati sono, invece, i restanti ricorsi.
Quanto al COGNOME, fondato è il motivo di impugnazione riguardante il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche; infatti la Corte territoriale, nell’escludere che il prevenuto ne potesse godere, oltre ad avere, almeno apparentemente, trascurato di considerare che lo stesso era stato assolto per una delle imputazioni a suo tempo contestategli, ha fatto un generico riferimento alla esistenza di “precedenti penali” a carico del prevenuto (laddove l’unico precedente gravante sul prevenuto parrebbe essere quello per il quale
la stessa Corte distrettuale ha ritenuto la esistenza di un medesimo disegno criminoso, quindi di un unico atteggiamento antidoveroso della volontà), e non ad un solo pregiudizio già a carico di quello, avendo richiamato anche, sebbene in maniera criptica, la “condotta processuale, (…) non particolarmente meritevole”, tenuta dall’imputato nel corso del giudizio.
Ciò posto, ritiene il Collegio che l’oscurità di tale riferimento e la imprecisione del precedente, rendono sul punto la motivazione della sentenza della Corte meramente apparente e, pertanto, viziata, dando in tale modo causa al suo annullamento con rinvio.
Discorso in parte analogo vale per ciò che attiene all’imputato COGNOME; anche nei confronti di questo vi è una piena assoluzione quanto alla imputazione per il reato di estorsione, della quale la Corte territoriale non pare avere tenuto conto in sede di valutazione della personalità del reo, mentre per gli episodi di cessione di sostanza stupefacente le fattispecie ascritte al COGNOME sono state qualificate nell’ambito sanzionatorio del comma 5 dell’art. 73 del dPR n. 309 del 1990; infine, la condotta del COGNOME è stata espressamente ritenuta dai giudici del merito avere avuto una funzione del tutto gregaria rispetto a quello dello NOME.
In termini privi di alcuna giustificazione motivazionale la Corte di appello, pur atteso quanto premesso, ha ritenuto di determinare in anni 3 di reclusione ed in euri 3.000,00 di multa, la pena da irrogare (senza che si debba evidentemente tenere conto dell’abbattimento della pena derivante dalla scelta del rito abbreviato, atteso che tale riduzione prescinde dalla valutazione sulla concreta gravità del fatto attribuito al prevenuto ed è, per così dire, automatica, presupponendo la già avvenuta determinazione della pena congrua da infliggere in relazione ai fatti per cui è stata accertata la penale responsabilità) a carico dell’imputato quale aumento ex art. 81, cpv, cod. pen. rispetto alla pena a lui già inflitta con la precedente sentenza n. 3350 del 2021 della medesima Corte.
Una tale metodica pare, tuttavia, a questo Collegio in evidente contrasto, stante quanto già segnalato da questa Corte in relazione all’obbligo di motivazione in occasione della quantificazione dell’aumento di pena per effetto della continuazione, con la vigente normativa, (si veda, infatti, per tutte: Corte di cassazione Sezioni unite penali, 24 dicembre 2021, n. 47127, rv 282269), essendo stato questo, nel caso ora in esame, calcolato non solo in termini complessivi, ma, pur a fronte di una aggravamento della pena detentiva quantificato in misura certamente non irrisoria (si tratta, infatti, di 3 anni di reclusione), in assenza di qualsivoglia riferimento motivazionale.
Anche nei confronti di NOME COGNOME, così come in relazione a COGNOME NOME, pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata, nei termini meglio precisati in dispositivo, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Firenze.
La dichiarazione di inammissibilità, invece, dei restanti ricorsi, quelli di NOME e di NOME, impone, visto l’art. 616 cod. proc. pen., la condanna di costoro al pagamento delle spese processuali e della somma di euri 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente alla applicabilità delle circostanze attenuanti ex art. 62-bis cod. pen. e nei confronti di NOME limitatamente all’aumento applicato ai fini della continuazione e rinvia per nuovo giudizio su detti punti ad altra Sezione della Corte di appello di Firenze.
Dichiara inammissibili i ricorsi di NOME e di NOME, che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2024
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presidente