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Obbligo di firma: la motivazione del Questore

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un tifoso contro un DASPO decennale con obbligo di firma. Il provvedimento era stato emesso per un’aggressione avvenuta al di fuori di un evento sportivo (‘DASPO fuori contesto’). La Corte ha chiarito che, per chi ha già ricevuto un DASPO in passato, l’applicazione dell’obbligo di firma è mandatoria e non discrezionale, rendendo sufficiente la motivazione basata sulla pericolosità del soggetto e sulla recidiva, con un’interpretazione restrittiva del requisito dell’urgenza.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

DASPO e Obbligo di Firma: Quando la Motivazione è Obbligatoria?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30035 del 2024, è tornata a pronunciarsi sulla delicata questione del DASPO e, in particolare, sulla legittimità della misura accessoria dell’obbligo di firma. La decisione offre importanti chiarimenti sui presupposti di ‘necessità’ e ‘urgenza’ che devono sorreggere il provvedimento del Questore, soprattutto nei casi di soggetti recidivi. Questo caso analizza un episodio di violenza tra tifoserie avvenuto ‘fuori contesto’, cioè lontano da uno stadio, ma radicato nelle dinamiche delle tifoserie organizzate.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un provvedimento del Questore di una città italiana, convalidato dal Giudice per le Indagini Preliminari, che imponeva a un tifoso un DASPO della durata di dieci anni. A tale divieto si aggiungeva la prescrizione dell’obbligo di firma presso un comando di Polizia o Carabinieri durante gli incontri di calcio della squadra locale. Il provvedimento era scaturito da un’aggressione violenta commessa dal tifoso, insieme ad altri membri di un gruppo ultrà, ai danni di un soggetto erroneamente scambiato per un appartenente a una fazione rivale. È importante sottolineare che il destinatario del provvedimento non era nuovo a tali condotte, avendo già ricevuto due DASPO in passato e vantando numerosi precedenti penali per reati come lesioni, rissa e resistenza a pubblico ufficiale. Il suo difensore ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando un difetto di motivazione da parte del G.I.P. sull’effettiva necessità e urgenza della misura restrittiva.

Obbligo di Firma: L’Analisi della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nella distinzione operata dalla normativa vigente per i soggetti recidivi. La Corte ha evidenziato come, a differenza del passato in cui l’applicazione dell’obbligo di firma era una scelta discrezionale dell’autorità di pubblica sicurezza, la legge attuale (art. 6, comma 5, L. 401/1989) la rende obbligatoria nei confronti di chi sia già stato destinatario di un DASPO. Questa previsione normativa cambia radicalmente il perimetro della motivazione richiesta.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si articolano su due pilastri fondamentali: la necessità e l’urgenza.

Per quanto riguarda la necessità, i giudici hanno stabilito che, nei casi di recidiva, essa è intrinseca alla situazione stessa. La constatazione di un precedente divieto, unita a una nuova condotta violenta, è di per sé sufficiente a dimostrare la pericolosità sociale del soggetto e, di conseguenza, la necessità di imporre non solo il divieto di accesso agli stadi, ma anche la misura accessoria dell’obbligo di firma per garantirne l’effettività. La motivazione del Questore, pertanto, non deve contenere formule sacramentali, ma deve basarsi su una valutazione concreta della gravità dei fatti e della personalità del soggetto, elementi che nel caso di specie erano ampiamente presenti, dati i numerosi precedenti penali e i precedenti DASPO.

Sul requisito dell’urgenza, la Cassazione adotta un’interpretazione molto restrittiva. Un eventuale difetto di motivazione su questo punto può essere rilevante solo se il ricorrente dimostra di aver subito una concreta limitazione della propria libertà personale prima della convalida del giudice. In altre parole, avrebbe dovuto provare che, tra la notifica del provvedimento del Questore e l’ordinanza del G.I.P., si fosse svolta una partita e che lui avesse dovuto ottemperare all’obbligo di presentazione. In assenza di tale prova, la censura sulla mancanza di urgenza perde di fondamento.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento rigoroso nei confronti della violenza legata al tifo sportivo, anche quando si manifesta al di fuori degli stadi. Le conclusioni pratiche sono significative: per un soggetto già colpito da DASPO, la commissione di nuovi atti di violenza legati a dinamiche tra tifoserie comporta l’applicazione quasi automatica dell’obbligo di firma. La discrezionalità dell’autorità di pubblica sicurezza è ridotta, e la motivazione del provvedimento può legittimamente fondarsi sulla recidiva e sulla pericolosità sociale del soggetto, desunta dalla sua storia personale e criminale. La pronuncia rafforza così la natura preventiva del DASPO, inteso come strumento per neutralizzare la pericolosità di individui che dimostrano una persistente inclinazione a comportamenti violenti nell’ambito delle competizioni sportive.

Quando è legittimo imporre l’obbligo di firma insieme al DASPO?
Secondo la sentenza, l’imposizione dell’obbligo di firma è non solo legittima ma obbligatoria nei confronti di una persona già destinataria in passato di un provvedimento di DASPO. In questi casi, la necessità della misura si desume dalla recidiva e dalla pericolosità sociale del soggetto.

Come deve essere motivato il provvedimento che impone l’obbligo di firma a un recidivo?
La motivazione non richiede formule specifiche, ma deve fondarsi sulla constatazione del precedente divieto e sulla valutazione oggettiva dei nuovi fatti di violenza, nonché sulla pericolosità soggettiva della persona, desumibile anche da precedenti penali. Per i recidivi, questi elementi sono considerati sufficienti a giustificare la misura.

In che modo la Cassazione interpreta il requisito dell’urgenza per l’obbligo di firma?
La Corte interpreta il requisito dell’urgenza in modo restrittivo. La sua mancanza può essere contestata validamente solo se il ricorrente dimostra che il provvedimento ha avuto concreta esecuzione (cioè ha dovuto firmare in occasione di una partita) prima dell’intervento di convalida da parte del magistrato. In assenza di tale prova, il motivo di ricorso è infondato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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