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Obbligo di dimora: quando è fungibile con la pena?

Un soggetto sottoposto a obbligo di dimora con un coprifuoco notturno di 15 ore ha richiesto che tale periodo venisse detratto dalla sua pena detentiva. Il giudice di primo grado ha acconsentito, equiparando la misura agli arresti domiciliari. La Procura ha impugnato la decisione. La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza, specificando che l’obbligo di dimora non è automaticamente fungibile con la pena. Lo diventa solo se le restrizioni aggiuntive, come il coprifuoco, sono imposte in modo arbitrario ed eccessivo, trasformando di fatto la misura in una detentiva, una valutazione che il giudice precedente non aveva compiuto correttamente.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Obbligo di Dimora e Detrazione dalla Pena: I Chiarimenti della Cassazione

L’obbligo di dimora è una misura cautelare che limita la libertà personale, ma in modo meno afflittivo rispetto agli arresti domiciliari o alla custodia in carcere. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 5295/2024) è intervenuta per chiarire un punto cruciale: il tempo trascorso sotto questa misura può essere ‘scontato’ dalla pena detentiva finale? La risposta non è scontata e dipende da circostanze molto specifiche.

I Fatti del Caso: Da Misura Cautelare a Sconto di Pena?

Il caso ha origine da un’ordinanza del Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Milano, che aveva accolto la richiesta di un condannato. A quest’ultimo era stato imposto un obbligo di dimora in un piccolo comune, con l’ulteriore prescrizione di rimanere in casa dalle 18:00 alle 9:00 del mattino seguente, per un totale di quindici ore consecutive. Il giudice, considerando la lunga durata del coprifuoco notturno e la limitata estensione del comune, aveva ritenuto questa misura ‘sostanzialmente assimilabile’ agli arresti domiciliari. Di conseguenza, aveva detratto il periodo trascorso sotto tale misura dalla pena detentiva residua da espiare.

Contro questa decisione, il Procuratore della Repubblica ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo un’errata applicazione della legge, in particolare dell’art. 657 del codice di procedura penale, che regola il computo della custodia cautelare.

La Decisione della Corte: l’Obbligo di Dimora non è Automaticamente Fungibile

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Procuratore, annullando con rinvio l’ordinanza impugnata. I giudici supremi hanno ribadito un principio consolidato: la fungibilità tra misura cautelare e pena è prevista dalla legge in via tassativa solo per la custodia cautelare in carcere e per gli arresti domiciliari. L’obbligo di dimora, essendo una misura non detentiva, ne è strutturalmente escluso.

Tuttavia, la stessa giurisprudenza ha ammesso un’eccezione: la fungibilità è possibile quando l’obbligo di dimora è accompagnato da prescrizioni ulteriori talmente gravose e arbitrarie da trasformarlo, di fatto, in una misura detentiva.

Le Motivazioni: Il Principio di Tassatività e l’Eccezione dell’Arbitrarietà

La Corte ha fondato la sua decisione su due pilastri argomentativi.

Il primo è la differenza strutturale tra l’obbligo di dimora e gli arresti domiciliari. Chi è agli arresti domiciliari è in stato di detenzione; può lasciare l’abitazione solo con un’autorizzazione eccezionale e una violazione integra il reato di evasione. Chi è soggetto all’obbligo di dimora, invece, è libero di muoversi all’interno del territorio comunale durante le ore non coperte da eventuali coprifuochi e la violazione delle prescrizioni non costituisce reato.

Il secondo pilastro è il criterio per l’applicazione dell’eccezione. La Corte ha chiarito che non basta una generica ‘afflittività’ della misura. Il giudice deve compiere una valutazione concreta per stabilire se le prescrizioni aggiuntive (come l’obbligo di permanenza in casa) siano arbitrarie. L’arbitrarietà si configura quando l’obbligo eccede in modo irragionevole sia le specifiche esigenze cautelari del caso, sia il tempo che una persona normalmente trascorre in casa per riposo e cura personale. Nel caso di specie, il giudice di merito si era limitato a constatare la durata del coprifuoco (15 ore), senza analizzare se questo tempo, in gran parte notturno, fosse davvero una compressione arbitraria della libertà, tale da snaturare la misura.

Inoltre, la Corte ha definito ‘erroneo’ l’argomento basato sulla piccola dimensione del comune, poiché la libertà di movimento garantita dall’obbligo di dimora non è correlata all’estensione geografica del territorio, che rimane comunque incomparabilmente più ampia di un’abitazione.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza ribadisce che la detrazione del periodo di obbligo di dimora dalla pena finale non è un automatismo, ma un’eccezione che richiede una rigorosa dimostrazione. Il giudice dell’esecuzione non può limitarsi a una valutazione generica della gravosità della misura. Deve, invece, analizzare nel dettaglio se le prescrizioni imposte, in particolare gli orari di permanenza domiciliare, siano state arbitrarie, sproporzionate rispetto alle finalità cautelari e tali da eccedere significativamente le normali abitudini di vita. Solo in presenza di una tale ‘metamorfosi’ della misura cautelare, da non detentiva a detentiva di fatto, si potrà procedere alla sua detrazione dalla pena da scontare.

L’obbligo di dimora può essere sempre detratto dalla pena detentiva da scontare?
No, di regola non può essere detratto. La legge prevede la detrazione (fungibilità) solo per le misure cautelari detentive come la custodia in carcere e gli arresti domiciliari. L’obbligo di dimora è una misura non detentiva e quindi esclusa da questa regola generale.

Quali condizioni rendono l’obbligo di dimora assimilabile agli arresti domiciliari ai fini della detrazione della pena?
L’obbligo di dimora può essere assimilato agli arresti domiciliari, e quindi detratto dalla pena, solo a una condizione specifica: deve essere accompagnato dall’imposizione arbitraria di obblighi aggiuntivi, come un obbligo di permanenza domiciliare, che siano talmente gravosi da snaturare la misura stessa, rendendola di fatto una misura detentiva. L’imposizione deve eccedere sia le specifiche esigenze cautelari sia il tempo che una persona trascorre normalmente a casa per riposo e vita quotidiana.

Il fatto di risiedere in un piccolo comune durante l’obbligo di dimora è un fattore rilevante per la sua assimilazione agli arresti domiciliari?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la dimensione del comune in cui si è obbligati a dimorare è irrilevante. La libertà di movimento concessa da questa misura non è legata all’estensione territoriale, che è comunque notevolmente più ampia rispetto ai confini di un’abitazione tipica degli arresti domiciliari.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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