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Obbligo di dimora fungibilità: quando non è carcere

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino che chiedeva di scomputare dalla pena il periodo trascorso con obbligo di dimora e divieto di uscita notturna. La Corte ha stabilito che tale misura non è equiparabile alla detenzione, mancando il requisito dell’arbitrarietà nelle restrizioni. L’obbligo di dimora e fungibilità con la pena è stato quindi escluso.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Obbligo di Dimora e Fungibilità: Non Sempre Vale come Carcere

Il tempo trascorso con l’obbligo di rimanere in casa durante la notte può essere detratto da una futura pena detentiva? A questa domanda ha risposto la Corte di Cassazione con una recente sentenza, delineando i confini netti tra misure cautelari non detentive e la detenzione vera e propria. L’analisi del concetto di obbligo di dimora fungibilità è cruciale per comprendere quando una limitazione della libertà personale può essere considerata ‘presofferto’ e quando invece no.

I Fatti del Caso

Un cittadino, sottoposto per un lungo periodo alla misura cautelare dell’obbligo di dimora nel proprio comune, si è rivolto alla giustizia per un’importante richiesta. La misura includeva prescrizioni specifiche: oltre a non poter lasciare il comune, gli era imposto di non allontanarsi dalla propria abitazione dalle ore 19:00 alle 6:30 del mattino seguente e di presentarsi quotidianamente presso gli uffici di polizia giudiziaria. Ritenendo che queste limitazioni, in particolare la permanenza forzata in casa per undici ore e mezza consecutive, fossero assimilabili a una forma di detenzione, ha chiesto che tale periodo venisse scomputato dalla pena definitiva da espiare.

La Corte d’Appello, tuttavia, aveva respinto la sua istanza. Secondo i giudici di merito, la misura non era paragonabile alla detenzione domiciliare, poiché il divieto di uscita notturna copriva un arco temporale che la maggior parte delle persone trascorre comunque in casa, senza impedire le interazioni sociali e lavorative durante il giorno.

La Questione Giuridica: quando si applica l’obbligo di dimora fungibilità?

Il fulcro della questione legale ruota attorno all’articolo 657 del codice di procedura penale, che disciplina il calcolo del ‘presofferto’. La norma stabilisce che il periodo di custodia cautelare subito è detratto dalla pena detentiva. La giurisprudenza ha da tempo chiarito che, di regola, misure non custodiali come l’obbligo di dimora non rientrano in questa categoria.

Tuttavia, esiste un’eccezione. L’obbligo di dimora e la sua fungibilità con la pena possono essere riconosciuti solo se le modalità concrete della misura sono talmente restrittive e arbitrarie da trasformarla, di fatto, in una detenzione domiciliare. Il ricorrente sosteneva proprio questo: la permanenza notturna obbligatoria, per la sua durata e continuità, aveva compresso la sua libertà personale a un livello paragonabile a quello degli arresti domiciliari.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando l’orientamento consolidato. I giudici hanno ribadito il principio secondo cui l’obbligo di dimora, per sua natura, non è fungibile con la pena detentiva. L’equiparazione a una misura detentiva può avvenire solo in casi eccezionali, ovvero quando l’imposizione di obblighi aggiuntivi risulti ‘arbitraria’.

Ma cosa si intende per ‘arbitraria’? La Corte chiarisce che un’imposizione è arbitraria quando eccede sia le specifiche esigenze cautelari del caso, sia quello che è considerato un normale modello di vita. L’obbligo di rimanere a casa durante la notte non è stato ritenuto tale. Al contrario, è stato considerato una prescrizione che si allinea con l’ordinario riposo notturno e non impedisce lo svolgimento delle normali attività di vita, lavoro e relazione durante il resto della giornata.

La Cassazione ha inoltre citato precedenti conformi, in cui anche obblighi di permanenza domiciliare per dieci o quindici ore consecutive non sono stati ritenuti sufficienti a determinare la fungibilità, proprio perché non è stata ravvisata alcuna arbitrarietà nell’imposizione. Il ricorrente, nel caso di specie, non ha fornito alcun elemento per dimostrare che la prescrizione fosse illogica o sproporzionata rispetto alle finalità della misura.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La sentenza consolida un principio fondamentale: per ottenere lo scomputo del periodo passato in obbligo di dimora, non è sufficiente lamentare la durata della permanenza in casa. È necessario dimostrare che le condizioni imposte dal giudice erano irragionevoli e talmente afflittive da snaturare la misura stessa, rendendola una vera e propria detenzione. L’onere di provare tale arbitrarietà ricade su chi avanza la richiesta. In assenza di tale prova, il divieto di uscita notturna, anche se prolungato, resta una modalità di esecuzione di una misura non detentiva e, come tale, non può essere detratto dalla pena finale.

L’obbligo di dimora può essere scomputato dalla pena detentiva?
Di norma, no. L’obbligo di dimora non è considerato fungibile con la pena detentiva, a meno che non sia accompagnato da prescrizioni così gravose e arbitrarie da renderlo di fatto assimilabile agli arresti domiciliari.

Un divieto di uscita notturna di oltre 11 ore rende l’obbligo di dimora equivalente al carcere?
Secondo la sentenza, no. Se il divieto di uscita copre un arco temporale (come dalle 19:00 alle 6:30) che coincide con le ore normalmente destinate al riposo notturno, non è considerato una restrizione arbitraria e non trasforma la misura in una detentiva.

Cosa deve dimostrare chi chiede la fungibilità dell’obbligo di dimora?
La persona deve dimostrare l’arbitrarietà delle prescrizioni imposte, provando che esse eccedevano le specifiche esigenze cautelari e le normali abitudini di vita, comprimendo la libertà personale in modo del tutto simile a una detenzione domiciliare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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