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Obbligo di dimora fungibile: quando non si sconta

La Corte di Cassazione ha confermato che la misura cautelare dell’obbligo di dimora non è deducibile dalla pena finale. Il ricorso di un soggetto, obbligato a restare a casa dalle 19:00 alle 7:00, è stato respinto. Per riconoscere un **obbligo di dimora fungibile**, le restrizioni devono essere così severe da equivalere agli arresti domiciliari, condizione non riscontrata nel caso di specie, che permetteva una normale vita diurna.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Obbligo di Dimora Fungibile: Quando la Misura non si Sconta dalla Pena Finale

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande rilevanza pratica: la possibilità di considerare l’obbligo di dimora fungibile con la pena detentiva da espiare. La decisione chiarisce i confini tra questa misura e gli arresti domiciliari, stabilendo quando il tempo trascorso con limitazioni alla libertà personale possa essere effettivamente detratto dalla condanna definitiva.

I Fatti del Caso

Un soggetto condannato si era rivolto alla Corte di appello, in funzione di giudice dell’esecuzione, chiedendo che il periodo durante il quale era stato sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di dimora fosse riconosciuto come ‘presofferto’ e, di conseguenza, scomputato dalla pena detentiva. La misura imponeva il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione nella fascia oraria compresa tra le 19:00 e le 7:00. La Corte di appello aveva rigettato parzialmente l’istanza, spingendo il ricorrente a presentare ricorso per cassazione.

La Decisione della Cassazione e l’Obbligo di Dimora Fungibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando l’orientamento consolidato in materia. I giudici hanno ribadito un principio di diritto fondamentale: la misura cautelare dell’obbligo di dimora, di per sé, non è fungibile con la pena detentiva.

Il Principio di Diritto di Riferimento

La decisione si allinea a un precedente giurisprudenziale (Cass. n. 37302/2021), secondo cui la fungibilità è esclusa, a meno che la misura non sia accompagnata da prescrizioni così severe e arbitrarie da renderla, di fatto, assimilabile al regime degli arresti domiciliari. Solo in questa circostanza eccezionale il sacrificio della libertà personale può essere equiparato a quello della detenzione e quindi scomputato dalla pena.

L’Analisi del Caso Specifico

Nel caso esaminato, la Corte ha ritenuto che l’obbligo di permanere in casa dalle 19:00 alle 7:00 non raggiungesse quel livello di afflittività tale da poter essere paragonato agli arresti domiciliari. La motivazione si basa su una constatazione di buon senso: tale lasso di tempo non eccede l’arco temporale che una persona, di solito, trascorre nella propria dimora, e soprattutto, permette lo svolgimento di una normale vita professionale e di relazione durante le ore diurne.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha specificato che le restrizioni imposte non potevano essere considerate né arbitrarie né sproporzionate. Il divieto notturno, pur limitando la libertà personale, non la comprimeva al punto da annullare la vita sociale e lavorativa dell’individuo, elemento che invece caratterizza gli arresti domiciliari. Inoltre, i giudici hanno chiarito un altro punto sollevato dal ricorrente: il fatto che fossero state negate alcune autorizzazioni a uscire durante le ore di obbligo non trasforma la natura della misura. Tali dinieghi, secondo la Corte, sono una ‘normale conseguenza’ della prescrizione imposta e non un elemento che ne aggrava l’afflittività al punto da renderla equiparabile a una detenzione domiciliare. Il ricorso è stato quindi giudicato inammissibile per manifesta infondatezza, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un importante principio: per ottenere lo scomputo del periodo passato in obbligo di dimora dalla pena finale, non è sufficiente dimostrare una generica limitazione della libertà. È necessario provare che le modalità concrete di esecuzione della misura siano state così eccezionalmente gravose e restrittive da aver di fatto trasformato l’obbligo di dimora in veri e propri arresti domiciliari. La decisione stabilisce un criterio di valutazione basato sulla concretezza, ancorato alla possibilità o meno per l’individuo di mantenere una vita relazionale e professionale significativa. Si tratta di un’indicazione chiara per la difesa, che dovrà argomentare non sulla natura della misura in sé, ma sulla sua esecuzione pratica e sull’impatto reale nella vita del proprio assistito.

L’obbligo di dimora può essere scalato dalla pena detentiva finale?
Di norma no. È possibile solo in casi eccezionali, quando le prescrizioni imposte sono così restrittive e arbitrarie da rendere la misura assimilabile al regime degli arresti domiciliari.

Un obbligo di permanenza in casa dalle 19:00 alle 7:00 è considerato assimilabile agli arresti domiciliari?
No, secondo la Corte di Cassazione in questo provvedimento, tale fascia oraria non eccede il tempo che una persona trascorre normalmente nella propria dimora e consente lo svolgimento di una normale vita professionale e di relazione durante il giorno.

Il diniego di autorizzazioni a uscire durante le ore di obbligo di permanenza rende la misura più restrittiva e quindi fungibile?
No, la Corte ha specificato che le autorizzazioni a uscire e i loro eventuali dinieghi sono una normale conseguenza della misura stessa e non la trasformano in una misura equiparabile agli arresti domiciliari.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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