Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22271 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22271 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Bari il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza del 08/01/2024 del Tribunale di Bari; letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa
COGNOME, che ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME chiedeva al giudice dell’esecuzione di riconoscere il periodo di fungibilità della pena nel periodo (06/05/2021 14/10/2021) nel quale era stato sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di dimora con divieto di lasciare il proprio domicilio dalle ore 20:00 alle ore 06:00.
Il Tribunale di Bari, con ordinanza del 08/01/2024, rigettava l’istanza, ritenendo inapplicabile al caso di specie l’orientamento giurisprudenziale in base al quale la misura cautelare dell’obbligo di dimora è fungibile con la pena inflitta, qualora vi sia stata l’arbitraria imposizione di obblighi tali da rendere la misura cautelare assimilabile al regime degli arresti domiciliari.
Rilevava, in particolare, che «l’elemento caratterizzante l’assimilazione delle due misure è rappresentato dal carattere arbitrario dell’imposizione dell’obbligo della permanenza domiciliare, protratta per un lasso temporale che ecceda sia le
esigenze cautelari del caso concreto che il tempo usualmente trascorso nel luogo di dimora per le ordinarie necessità di vita»: situazione non ritenuta sussistente nel caso di specie, atteso che «il mero divieto imposto al COGNOME di abbandonare il proprio domicilio dalle ore 20:00 alle ore 06:00 dei mattino non può ritenersi imposizione a carattere arbitrario, posto che, in primo luogo, il suddetto lasso temporale è limitato alle ore notturne, e conseguentemente consente al prevenuto di attendere alle proprie esigenze di vita, riposo e cura della persona; in secondo luogo, rispetto alle esigenze cautelari ritenute sussistenti, la misura appare idonea alla salvaguardia delle stesse».
Il difensore del COGNOME ha presentato in data 17/01/2024 ricorso per cassazione avverso l’indicata ordinanza, articolando un unico motivo con il quale ne deduce la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.
Si duole del fatto che il giudice dell’esecuzione non abbia specificato «quali fossero le specifiche esigenze cautelari atte a giustificare la misura privativa della libertà imposta al FACCILONG0», specifiche esigenze cautelari che, peraltro, non erano state evidenziate neppure al momento dell’imposizione della misura.
Il Procuratore Generale ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile, poiché, secondo il consolidato orientamento dei giudici di legittimità, la prescrizione di non lasciare il proprio domicilio durante le ore notturne non limita le esigenze di vita del prevenuto, e poiché la questione relativa alla effettiva sussistenza delle esigenze cautelari afferiva alla motivazione del provvedimento genetico, e non era, dunque, proponibile in questa sede.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, «ai fini della determinazione della pena detentiva da eseguire a seguito di condanna per un determinato reato, la misura cautelare dell’obbligo di dimora subita in relazione ad esso, qualora sia accompagnata dall’arbitraria imposizione all’imputato di obblighi tali da renderla assimilabile al regime degli arresti domiciliari (nell specie, la previsione del divieto di allontanarsi dall’abitazione estesa all’intera giornata) è fungibile con la pena inflitta» (Sez. 1, n. 3664 del 19/01/2012, COGNOME, Rv. 251861).
Si è anche chiarito, così sottolineando la necessità che la misura cautelare sia incentrata sulla estesa protrazione dell’obbligo di permanenza domiciliare, che «ai fini della determinazione della pena detentiva da eseguire a seguito di condanna per un determinato reato, la misura cautelare dell’obbligo di dimora subita in relazione ad esso, non è fungibile, ai sensi dell’art. 657 cod. proc. pen., con la pena inflitta, salvo che sia accompagnata dall’arbitraria imposizione all’imputato di obblighi tali da renderla assimilabile al regime degli arresti domiciliari» (Sez. 1, n. 36231 del 08/11/2016 – dep. 2017, Curea, Rv. 271043): in quel caso la Corte ritenne corretta la decisione impugnata che aveva escluso la fungibilità con riferimento al periodo in cui il condannato era stato sottoposto all’obbligo di dimora con il divieto di allontanarsi dall’abitazione per undici or notturne.
Da tali pronunce, espressione di un orientamento consolidato, si desume che gli elementi la cui valorizzazione consente di assimilare agli arresti domiciliari le restrizioni subite in forza della sottoposizione alla misura cautelare dell’obbligo di dimora con annesso obbligo di permanenza domiciliare sono, per un verso, l’arbitrarietà della prescrizione, che non deve cioè essere giustificata da specifiche necessità cautelari, e, per altro verso, l’estensione temporale della prescrizione, tale da impedire al prevenuto di attendere alle proprie ordinarie necessità di vita, riposo e cura della propria o altrui persona, «così oltrepassandosi quella naturale soglia di sacrificio che deriva necessariamente dalla sottoposizione a una misura cautelare» (Così, in motivazione, Sez. 1, n. 37302 del 09/09/2021, COGNOME, Rv. 281908).
3. Riportando questi generali principi al caso di specie, si deve rilevare che l’imposizione al COGNOME di non lasciare il proprio domicilio nelle ore serali e notturne non ha determinato una situazione di fatto paragonabile a quella degli arresti domiciliari, trattandosi di prescrizione inidonea ad impedire al soggetto sottoposto a misura cautelare di dedicarsi ad attività lavorativa, di svolgere una normale vita di relazione, di dedicarsi alla cura della propria e dell’altrui persona.
A ciò si aggiunga che il ricorrente non ha offerto in valutazione alcun concreto elemento che illustri l’arbitrarietà della prescrizione in questione, che il giudice per le indagini preliminari, con decisione che in questa sede non può essere rivisitata, ha ritenuto adeguata al contenimento delle esigenze che imponevano l’adozione nei suoi confronti di una misura cautelare (si legge, in proposito, nell’ordinanza del 06/05/2021, che il COGNOME è soggetto che «ha manifestato un inadeguato autocontrollo e una propensione all’uso della violenza nei confronti delle forze dell’ordine»).
Il provvedimento impugnato esibisce, dunque, una motivazione puntuale, logica, coerente ed esaustiva che si rispecchia fedelmente negli elementi che possono trarsi dagli atti in carteggio, e dà corretta applicazione alle norme vigenti così come interpretate dalla consolidata giurisprudenza di legittimità: una motivazione che, pertanto, non può essere affatto ritenuta né manifestamente illogica, né contraddittoria, dovendosi, in proposito, rammentare che «Ricorre il vizio di motivazione manifestamente illogica nel caso in cui vi sia una frattura logica evidente tra una premessa, o più premesse, nel caso di sillogismo, e le conseguenze che se ne traggono, e, invece, di motivazione contraddittoria quando non siano conciliabili tra loro le considerazioni logico-giuridiche in ordine ad uno stesso fatto o ad un complesso di fatti o vi sia disarmonia tra la parte motiva e la parte dispositiva della sentenza, ovvero nella stessa si manifestino dubbi che non consentano di determinare quale delle due o più ipotesi formulate dal giudice – conducenti ad esiti diversi – siano state poste a base del suo convincimento» (Sez. 5, n. 19318 del 20/01/2021, Cappella, R.v. 281105).
Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 08/05/2024