Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3422 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 3422 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME natQa COGNOME il 19/02/1980
avverso l’ordinanza del 03/10/2024 del TRIBUNALE di REGGIO CALABRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il difensore della ricorrente, Avv. NOME COGNOME che conclude insistendo per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Reggio Calabria rigettava la richiesta di riesame proposta da NOME COGNOME avverso il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale, che aveva convalidato il sequestro preventivo disposto in via di urgenza, impeditivo e finalizzato alla confisca diretta, sia di disponibilità finanziarie costituite da somme di denaro, in contanti e depositate in conto corrente fino alla concorrenza dell’importo di euro 25.000,00, sia di un’autovettura targata TARGA_VEICOLO nonché, in caso di impossibilità, il sequestro impeditivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni ovvero di utilità per il valore corrispondente rispettivamente ad euro 25.000,00 e ad euro 32.000,00.
Beni appartenenti tutti ad NOME COGNOME e ritenuti acquistati ovvero il corrispettivo dei beni alienati, in violazione degli obblighi di comunicazione di cui all’art. 80, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, e dunque da sottoporre a confisca ai sensi dell’art. 76, comma 7, stesso decreto, ricorrendo a carico di detta COGNOME il fumus commissi delicti in relazione al reato previsto dalla medesima disposizione.
Avverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME tramite il proprio difensore, svolgendo doglianze esposte i tre motivi.
2.1. Con il primo motivo denunzia violazione degli artt. 30 della legge n. 646 del 1982, e 80 del d.lgs. n. 159 del 2011, con riferimento all’interpretazione della previsione dell’esclusione degli obblighi di comunicazione ivi stabiliti nel caso di acquisto di “beni destinati al soddisfacimento dei bisogni quotidiani”.
Deduce che il Tribunale ha fornito una lettura restrittiva di tale nozione che, in ragione di incerte distinzioni collegate alle esigenze primarie di vita e al normale valore del bene, ne restringe l’operatività in contrasto con il significato testuale.
2.2. Con il secondo motivo lamenta violazione delle stesse disposizioni di cui sopra, in ragione della ritenuta duplicazione dell’inosservanza delle comunicazioni, in quanto ricollegate non solo all’atto di acquisito di una prima auto, ma anche ai due successivi atti, quello di vendita di tale auto e di acquisito di altra auto, che all’esito avevano dato luogo a variazioni patrimoniali inferiori alla soglia di legge.
2.3. Con il terzo motivo denunzia ancora una volta violazione degli articoli di cui sopra, nonché degli artt. 5 e 49 cod. pen., per non essere stata fornita una reale risposta motivazionale ai rilievi in ordine all’ignoranza inevitabile della violazione del precetto, in considerazione delle circostanze concrete che avevano
impedito alla ricorrente di conoscerne e comunque di comprenderne il senso prescrittivo.
Deduce che la considerazione di tali circostanze si imponeva alla stregua di una interpretazione della norma incrinninatrice conforme ai principi costituzionali di colpevolezza e di offensività da osservare inderogabilmente nella materia penale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito illustrate.
2. Quanto alle doglianze mosse con il primo motivo, va premesso che l’obbligo di comunicazione previsto dal connma 1 dell’art. 80, d.lgs. n. 159 del 2011, non riguarda solo le singole variazioni patrimonial superiori all’importo di euro 10329,14 (in tal caso la comunicazione deve intervenire “entro trenta giorni dal fatto”), ma si estende anche all’insieme delle variazioni intervenute nell’anno, quando concernono complessivamente elementi di valore non inferiore ad euro 10329,14 (in tal caso la comunicazione deve intervenire entro il 31 gennaio dell’anno successivo). In questa seconda ipotesi, dunque, possono venire in rilievo anche movimenti di modesto importo derivanti dai consumi giornalieri che, tutti insieme o sommati ad altri, intervenuti nell’anno e anch’essi di modesto importo, possono determinare una variazione complessiva non inferiore ad euro 10329,14.
Tale estensione dell’area applicativa del precetto trova appropriata limitazione nella previsione immediatamente successiva, secondo cui sono “Sono esclusi i beni destinati al soddisfacimento dei bisogni personali”: i movimenti relativi a tali bisogni, pertanto, seppure cumulati negli importi, rimangono non sottoposti all’obbligo della comunicazione con riguardo alla variazione complessiva nell’anno.
Quindi, la ratio, la collocazione e la descrizione di tale esclusione delineano chiaramente una mitigazione del rigore delle prescrizioni per quei beni di diretto consumo e di necessario utilizzo per le esigenze di vita di ogni giorno della persona.
Una condizione oggettiva, questa, che non è configurabile in presenza di beni durevoli, come gli immobili e le autovetture, che invero possono avere svariate destinazioni e la cui diretta fruizione per i bisogni personali rimane comunque frutto di un’opzione della persona obbligata alle comunicazioni. Tale scelta non vale a mutare la condizione oggettiva del bene considerata dalla norma. Dunque, le ragioni addotte a giustificazione del relativo investimento non possono in sé fare avverare il presupposto per la sottrazione all’obbligo normativo di comunicazione.
Il corretto inquadramento giuridico del fatto che spetta al giudice di legittimità esime dal soffermarsi sulle motivazioni al riguardo nel provvedimento impugnato,
dovendosi comunque rilevare che la ricostruzione contenuta nel primo motivo del ricorso si pone in contrasto con l’esatta delimitazione dell’esclusione di cui trattasi.
Da ciò discende l’infondatezza delle doglianze mosse con tale motivo.
Il secondo motivo deduce censure anch’esse infondate, poiché disattendono il dettato normativo, non rapportandosi alla previsione dell’obbligo di comunicazione nel termine di trenta giorni per ciascuna variazione superiore all’importo di euro 10329,14: nella specie in numero di tre, riguardando l’acquisto della prima autovettura, la vendita della stessa e l’acquisto dell’altra autovettura.
Né le doglianze si sono confrontate con le osservazioni dei giudici di merito poste a giustificazione dell’autonoma considerazione del secondo acquisto, a fronte dell’assertività dei rilievi in ordine al reimpiego in tale acquisto proprio della somma conseguita dalla vendita dell’autovettura oggetto del precedente acquisto.
Il motivo, invece, cita inappropriatamente una pronunzia di legittimità che fa riferimento alle acquisizioni provenienti dalle rendite di beni già di proprietà.
Il terzo motivo, in opposizione alle risposte di merito che illustrano come nella specie non possa ragionevolmente rilevarsi l’ignoranza del precetto, introduce mere asserzioni e ricostruzioni solo riMutative, tanto più inammissibili posto che in materia il ricorso è consentito solamente per violazione di legge.
Con lo stesso motivo vengono, altresì, dedotti rilievi circa la carenza dell’offensività in concreto della condotta. Essi risultano privi di ogni aggancio alle effettive modalità dei fatti lesivi del bene giuridico tutelato, alla stregua della ricostruzione di merito. Infatti, ci si limita a constatare, quanto alle caratteristiche dell’oggetto della transazione, che si tratta di beni mobili registrati, per poi genericamente elencare modalità di pagamento qualificate come tracciabili.
Non possono, pertanto, rilevarsi le violazioni denunziate con il terzo motivo.
In conclusione, il ricorso va rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. o Così deciso il 03/12/2024. GLYPH <-c3