Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 45887 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 45887 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Gravina di Puglia il 09/05/1984 avverso la sentenza del 03/07/2023 della Corte di Appello di Bari
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME udite le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME per il rigetto del ricorso; udite le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Bari, con sentenza del 3/7/2023, ha confermato la sentenza di condanna ad anni uno e mesi sei di reclusione ed euro 8.000,00 di multa pronunciata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari nei confronti di COGNOME NOME in relaz al reato di cui agli artt. 80 e 76, comma 7, d.lgs. 159 del 2011 con riferimento alle varia patrimoniali intervenute negli anni 2012, 2014, 2015, 2016, 2017 e 2018 con esclusione delle condotte successive al 14/11/2018 e di cui all’art. 483 cod. pen.
La condanna ha come presupposto l’applicazione al Tarantino, da parte del Tribunale, con decreto n. 441/07, divenuto definitivo il 14 novembre 2008, della misura della sorveglianza speciale di anni uno e mesi sei, con l’obbligo di soggiorno nel Comune di residenza.
La misura di prevenzione è stata disposta ai sensi dell’art. 1, numeri 1 e 2 della I. 1 del 1956 (c.d. pericolosità semplice).
Da accertamenti effettuati dall’anno 2019 è emerso che il ricorrente, destinatario di una misura di prevenzione, non aveva comunicato le variazioni superiori a euro 10.239,00 intervenute negli anni successivi all’anno 2012.
All’esito del giudizio di primo grado l’imputato è stato condannato e la pronuncia è stat confermata dalla Corte di appello.
La questione principale che la difesa ha posto nei due gradi di giudizio, e che ora viene dedotta quale violazione di legge e vizio di motivazione, è quella relativa all’applicabili ricorrente delle prescrizioni previste dal d.lgs. 159 del 2011, in particolare dell’obbli comunicare le variazioni patrimoniali, e conseguentemente della sussistenza o meno del reato.
Nelle sentenze impugnate e nel ricorso si fa riferimento alla sentenza Sez. U, n. 16896 del 31/01/2019, COGNOME Rv. 275080 – 01 che ha indicato il principio per cui «l’art. 80, d. 6 settembre 2011, n. 159, relativo all’obbligo per i soggetti già sottoposti a misura di prevenzio personale di comunicare le variazioni del proprio patrimonio, la cui omissione è sanzionata dall’art. 76, comma 7, d. Igs. cit., si applica anche quando il provvedimento che ha disposto l misura è divenuto definitivo in data anteriore all’introduzione di tale obbligo».
I giudici di merito, in estrema sintesi, in linea con le Sezioni unite citate, il cu sarebbe sovrapponibile a quello di specie, hanno ritenuto che l’obbligo di comunicazione delle variazioni patrimoniali, che pure non era pacificamente in vigore allorché la misura è stat disposta (2007) e quando è divenuta irrevocabile (2008), gravava sul ricorrente a far data dall’anno 2010, cioè dall’entrata in vigore della I. 136 del 2010.
L’obbligo, infatti, originariamente (dall’anno 1982) era previsto esclusivamente per condannati definitivi per 416 bis cod. pen. e per gli indiziati di appartenervi cui era stata applicata una misura di prevenzione ex lege 575 del 1965 (come anche specificato dalla I. 55 del 1990).
Successivamente, in virtù, della I. 136 del 2010, la disposizione sarebbe stata applicabile indifferentemente a tutti i soggetti nei confronti dei quali viene disposta una misur prevenzione e, quindi, anche ai c.d. pericolosi semplici, ciò in virtù del rinvio contenuto nel 19 della I. 152 del 1975.
Secondo i giudici di merito, d’altro canto, la natura di reato istantaneo, non porrebb alcun problema di successione di norme penali nel tempo in quanto la condotta, come contestato nel caso di specie, si riferisce a fatti successivi all’entrata in vigore della I. 136 del 20 tale prospettiva, non avrebbe rilievo il riferimento all’art. 117 d.lgs. 159 del espressamente invocato dalla difesa, in quanto la disciplina applicabile al caso di speci contenuta negli artt. 30 e 31 della legge 646 del 1982 era già in vigore.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato che, a mezzo del difensore, ha dedotto, i seguenti motivi.
5.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 80 d.lgs. 159 del 2011, art. 7 I. 13 2010, 19 I. 152 del 1975, 30 I. 646 del 1982 e 117 d.lgs. 159 del 2011. Nel primo articolat motivo la difesa rileva che il ragionamento seguito dai giudici di merito sarebbe errato, così co anche il rinvio alla sentenza delle Sezioni Unite sarebbe nella sostanza inconferente. Secondo la difesa, in prima battuta, la I. 136 del 2010 non avrebbe reso applicabile ai c.d. pericolosi semp l’obbligo di comunicare le variazioni patrimoniali. Il rinvio contenuto nella legge, inf riferirebbe alle sole persone “già sottoposte, con provvedimento definitivo, a una misura di prevenzione ai sensi della L. 575 del 1965” e non alle persone cui si applica la I. 575 del 1965. Sotto tale profilo, quindi, il rinvio all’art. 19 della I. 152 del 1975 non avrebbe alcun se quanto la norma non avrebbe eliminato la distinzione tra le due categorie di persone (pericolosi semplici e pericolosi perché indiziati di appartenere ad associazioni mafiose), come, d’altro cant confermerebbe la successiva I. 646 del 1982 che prevede che l’art. 30 si applica solo ai pericolos “qualificati”. Interpretazione questa, peraltro, anche condivisa da alcune pronunce di legittim e, pure, dall’ordinanza di rimessione della questione alle Sezioni Unite. Sotto altro profilo, la conclusione secondo la quale al caso di specie non si applicherebbe la norma transitoria di cu all’art. 117 d.lgs. 159 del 2011 sarebbe errata. La norma, infatti esclude espressamente quanto previsto dal Libro I, cioè anche l’obbligo di cui all’art. 80. In tale prospettiva, pertanto che le Sezioni Unite COGNOME non abbiano considerato la norma transitoria sarebbe conseguenza del solo fatto che in quella sede la difesa non ha proposto una specifica eccezione sul punto. In ultima analisi questa sarebbe l’unica interpretazione razionale in quan risulterebbe assurdo ritenere che un soggetto sia tenuto ad adempiere a un obbligo di comunicazione che sarebbe entrato in vigore solo dopo circa 4 anni dall’esecutività del provvedimento di prevenzione, che non conteneva e non poteva contenere tale previsione. In merito a questo argomento, espressamente indicato nei motivi di appello, comunque, la motivazione della Corte territoriale sarebbe inesistente. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
5.2. Violazione dell’art. 43, quinto comma, cod. pen. Nel secondo motivo la difesa rileva che nel caso di specie difetterebbe l’elemento soggettivo. Fino alla citata sentenza delle Sezion Unite del 2019, emessa in data peraltro successiva allo scadere del termine decennale, l’interpretazione della norma non sarebbe stata chiara e il ricorrente non avrebbe avuto l coscienza e volontà di violare un obbligo dell’esistenza del quale non aveva avuto in precedenza alcuna conoscenza e ciò anche considerato che sino all’anno 2018 il contenuto precettivo della norma non era unanimemente chiaro, tanto che neanche la Guardia di Finanza avrebbe evidenziato alcuna violazione a carico del ricorrente. Sotto altro profilo, facendo riferimento sentenza della Corte cost. n. 99 del 2017, inoltre, la condotta posta in essere non sarebb punibile poiché sarebbe stata in concreto inoffensiva.
5.3. Vizio di motivazione in relazione alle richieste subordinate di rideterminare variazioni patrimoniali non comunicate e conseguente riduzione proporzionale della confisca, nonché revoca della confisca dei beni (valutati in euro 81.552,32 euro più 12.000,00 euro) oggetto delle variazioni patrimoniali successive al 14/11/2018 per il quale il giudice di pr
grado ha assolto il ricorrente. Nell’ultimo motivo la difesa, ulteriormente illustrate con rifer a elementi concreti le considerazioni in ordine alla carenza dell’elemento psicologico all’inoffensività della condotta, rileva la carenza totale (l’inesistenza) di motivazione, in alla determinazione del valore delle variazioni patrimoniali la cui comunicazione sarebbe stat omessa. Sul punto, d’altro canto, il mero rinvio al decreto di sequestro non sarebbe sufficient in quanto questo è stato emesso prima che venisse disposta la confisca, che deve essere limitata solo alle condotte oggetto di condanna.
In data 26 agosto 2024 è pervenuta in cancelleria una memoria con la quale il Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME evidenziato che la conclusione della Corte territoriale è conforme alla sentenza delle Sezioni Unite e che il richiamo della difesa all’art. 117 d.lgs. 159 del 201 inconferente, chiede il rigetto del ricorso.
In data 29 agosto 2024 sono pervenute le conclusioni scritte con le quali l’avv. NOME COGNOME facendo specifico rinvio al contenuto della sentenza Sez. 6 n. 28594 del 26/3/2024, quanto all’insussistenza dell’elemento psicologico insiste per l’accoglimento di tutti i moti ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini che seguono.
Nel primo motivo la difesa deduce la violazione di legge in relazione agli artt. 80 d.lg 159 del 2011, art. 7 I. 136 del 2010, 19 I. 152 del 1975, 30 I. 646 del 1982 e 117 d.lgs. 159 d 2011 con riferimento alla configurabilità del reato contestato nei confronti del ricorrente.
La doglianza è infondata.
2.1. Le norme cui fanno riferimento le sentenze impugnate e l’atto di ricorso, in estrema sintesi e per quanto di interesse, sono le seguenti.
1423 del 1956 che ha introdotto le misure di prevenzione indicando quali presupposto la pericolosità c.d. generica o semplice.
575 del 1965 che ha previsto le misure di prevenzione per gli indiziati di appartenere ad associazioni mafiose.
152 del 1975 (art. 19) che ha previsto che le disposizioni di cui alla I. 575 del 1965 applicano anche alle persone indicate nei numeri 1 e 2 della I. 1423 del 1956.
646 del 1982 che, con l’art. 30, ha stabilito per le persone sottoposte a una misura d prevenzione disposta ai sensi della I. 575 del 1965 e per i condannati con sentenza definitiva per il delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen., l’obbligo – penalmente sanzionato dall’art. 31 della stessa I. 646 del 1982 -, per dieci anni e variamente calibrato a livello cronologico in termini
verranno esaminati in seguito, di comunicare le variazioni patrimoniali concernenti valori no inferiori a 20 milioni di lire.
L’art. 11 della L. 55 del 1990 che ha modificato l’art. 30 specificando che l’obbligo riferisce ai condannati con sentenza definitiva per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. e ai sottoposti a misura di prevenzione ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, perché indiziati di appartenere ad associazione mafiosa.
La I. 136 del 2010 ha modificato l’art. 30 della L. 646 del 1982 come segue: «Le persone condannate con sentenza definitiva per taluno dei reati previsti dall’articolo 51, comma 3-bis del codice di procedura penale ovvero per il delitto di cui all’articolo 12-quinquies, comma 1, decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, o già sottoposte, con provvedimento definitivo, ad una misura di prevenzione ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, sono tenute a comunicare per dieci anni, ed entro trenta giorni dal fatto, al nucleo di polizia tributaria del luogo di dimora abituale, tutte le va nell’entità e nella composizione del patrimonio concernenti elementi di valore non inferiore a euro 10.329,14. Entro il 31 gennaio di ciascun anno, i soggetti di cui al periodo precedente sono altresì tenuti a comunicare le variazioni intervenute nell’anno precedente, quando concernono complessivamente elementi di valore non inferiore ad euro 10.329,14. Sono esclusi i beni destinati al soddisfacimento dei bisogni quotidiani».
Il d.lgs. 159 del 2011, fermo quanto previsto dall’art. 30 I. 646 del 1982 per le person condannate con sentenza definitiva per i titoli sopra indicati, ha disciplinato l’obbli comunicazione per le persone sottoposte a misura di prevenzione (obbligo penalmente sanzionato ai sensi del precedente art. 76, comma 7) nei termini seguenti: «1. Salvo quanto previsto dall’articolo 30 della legge 13 settembre 1982, n. 646, le persone già sottoposte, co provvedimento definitivo, ad una misura di prevenzione, sono tenute a comunicare per dieci anni, ed entro trenta giorni dal fatto, al nucleo di polizia tributaria del luogo di dimora abi tutte le variazioni nell’entità e nella composizione del patrimonio concernenti elementi di val non inferiore ad euro 10.329,14. Entro il 31 gennaio di ciascun anno, i soggetti di cui al perio precedente sono altresì tenuti a comunicare le variazioni intervenute nell’anno precedente, quando concernono complessivamente elementi di valore non inferiore ad euro 10.329,14. Sono esclusi i beni destinati al soddisfacimento dei bisogni quotidiani. 2. Il termine di dieci anni dec dalla data del decreto ovvero dalla data della sentenza definitiva di condanna. 3. Gli obblig previsti nel comma 1 cessano quando la misura di prevenzione è a qualunque titolo revocata».
La fattispecie incriminatrice di cui all’art. 76, comma 7, è sovrapponibile a quella di all’art. 30 I. 646 del 1982.
Ai fini del ricorso assume rilievo anche la disposizione transitoria di cui all’art. 117 d 159 del 2011 che recita: «1. Le disposizioni contenute nel libro I non si applicano ai procedimenti nei quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sia già stata formulata propost applicazione della misura di prevenzione. In tali casi, continuano ad applicarsi le norm previgenti».
2.2. La questione posta con l’atto di ricorso è se sia configurabile il reato contesta quello oggi previsto dall’art. 80, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, nei confronti di un soggett quale la misura di prevenzione personale per pericolosità generica è stata disposta con provvedimento divenuto definitivo in data antecedente il 7 settembre 2010, data di entrata in vigore della legge 13 agosto 2010, n. 136 che ha introdotto detto obbligo per tale categoria d pericolosità sociale.
Sul punto, come indicato nel provvedimento impugnato, si sono espresse le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 16896 del 31 gennaio 2029, COGNOME, per cui ogni contrasto interpretativo sul punto si deve ritenere superato.
Come anche successivamente ribadito con la sentenza Sez. 1, n. 33859 del 28/05/2019, COGNOME, Rv. 277323 – 01, infatti, l’obbligo penalmente sanzionato per i soggetti raggiunti misura di prevenzione per pericolosità c.d. semplice di comunicare le variazioni patrimoniali è stato introdotto già con la legge n. 136 del 2010 ed è dunque vigente dal 7 settembre del 2010 in quanto tale legge, nella parte di interesse (l’articolo 7 che apporta le novellazioni all’ar 30 della legge n. 646 del 1982), non conteneva alcuna disposizione transitoria.
In una corretta prospettiva interpretativa, secondo le Sezioni unite, pertanto, l’artic 80 del d.lgs. n. 159 del 2011 ha semplicemente «recepito» ciò che – normativamente – era già accaduto con la modifica del 2010 attraverso il richiamo alla legge n. 575 del 1965, che estende automaticamente tale prescrizione alle misure di prevenzione disposte in forza della legge n. 1423 del 1956, dunque ai pericolosi semplici, in virtù della riemersa vigenza, con il d.lgs. 92 23 maggio 2008, del testo originario dell’art. 19 della I. n. 152 del 1975 in tema di applicabi alla citata categoria delle disposizioni della I. n. 575 del 1965.
Ragione questa per cui la norma incriminatrice, l’attuale art. 76, comma 7, del d.lgs. n.159 del 2011, è da ritenersi applicabile in virtù di tale continuità normativa ai soggetti ragg da misura di prevenzione per pericolosità semplice a far data dal 7 settembre 2010 e, quindi, in questa situazione non assume rilievo la disposizione transitoria di cui all’art. 117 del posteri d.lgs. n.159 del 2011, che non è quindi applicabile al caso di specie.
2.3. Le precisazioni fornite dalla decisione Sezioni Unite COGNOME consentono anche di escludere che si possa parlare di «applicazione retroattiva» lì dove, pure in presenza d provvedimento di prevenzione per pericolosità semplice divenuto definitivo prima del 7 settembre 2010, la specifica condotta omissiva sia posteriore a tale data.
Ai fini della sussistenza del reato -da qualificarsi come omissivo proprio, di pura creazion legislativa e connotato da dolo generico- infatti, si deve considerare che la definitività provvedimento applicativo della misura di prevenzione non integra il precetto ma, piuttosto, ne è il presupposto di fatto (così sempre le Sezioni Unite a pagina 16), per cui la previsio incriminatrice è applicabile anche quando la misura era divenuta definitiva prima del 7 settembre del 2010, non potendo parlarsi, in tal caso, di applicazione retroattiva della fattispecie in qu ciò che rileva è la condizione soggettiva, anche se antecedente, e l’omissione risulta punibile s
e in quanto la variazione patrimoniale (soggetta a comunicazione) sia avvenuta dopo l’entrata in vigore della legge del 2010 (Sez. 1, n. 33859 del 28/05/2019, COGNOME, Rv. 277323 – 01).
Nel secondo motivo la difesa deduce la violazione dell’art. 43, quinto comma, cod. pen. rilevando che nel caso di specie difetterebbe l’elemento soggettivo, ciò considerato che fino all pronuncia delle Sezioni Unite del 2019, emessa in data peraltro successiva allo scadere del termine decennale, l’interpretazione della norma non sarebbe stata chiara e il ricorrente non avrebbe avuto la coscienza e volontà di violare un obbligo dell’esistenza del quale non aveva avuto in precedenza alcuna conoscenza. Sotto altro profilo la difesa, facendo riferimento alla sentenza della Corte cost. n. 99 del 2017, inoltre, evidenzia che la condotta posta in essere non sarebbe punibile poiché sarebbe stata in concreto inoffensiva.
La doglianza è infondata.
A far data dal 7 settembre 2010 la fattispecie incriminatrice era compiutamente delineata e il precetto penale era già chiaro circa l’obbligo di comunicazione delle variazioni patrimoni oltre una determinata soglia di valore che incombe sulle persone sottoposte a misura di prevenzione (o a condanna), ciò anche prevedendo che queste restano soggette a tale obbligo per un periodo di tempo anch’esso specificato.
In tale situazione, pertanto, come correttamente indicato nella motivazione della sentenza impugnata richiamando la più volte citata sentenza delle Sezioni unite, la sussistenza del contrasto giurisprudenziale non ha alcuna incidenza in merito alla sussistenza o meno dell’elemento psicologico in quanto «la non prevedibilità di una decisione giudiziale che ne preclude l’applicazione retroattiva deve certamente escludersi in una situazione di contrasto giurisprudenziale, in cui l’esito interpretativo, seppur controverso, è comunque presente, come avvenuto nel caso in esame, peraltro con un numero di decisioni decisamente contenuto» (così ancora Sez. U, n. 16896 del 31/01/2019, COGNOME, Rv. 275080 – 01, anche citando Sez. 5, n. 37857 del 24/04/2018, COGNOME, Rv. 273876 – 01).
Sul punto, d’altro canto, l’argomento esposto dalla difesa nelle note difensive depositate non risulta decisivo.
La sentenza della Sezione Sesta citata, rectius riportata testualmente, nelle note, infatti, si riferisce a una situazione diversa da quella in esame, cioè al «caso in cui l’imputato, momento del fatto, poteva fare affidamento su una regola stabilizzata, enunciata dalle Sezioni Unite, che escludeva la rilevanza penale della condotta e non vi erano segnali, concreti e specifici che inducessero a prevedere che, in futuro, le Sezioni Unite avrebbero attribuito rilievo a quel condotta, rivedendo il precedente orientamento in senso peggiorativo». (così Sez. 6, n. 28594 del 26/03/2024, COGNOME, Rv. 286770 – 01).
Nell’ultimo motivo la difesa, ulteriormente illustrate con riferimenti a elementi concr le considerazioni in ordine alla carenza dell’elemento psicologico e alla carenza di offensivit deduce la carenza totale di motivazione, in ordine alla determinazione del valore delle variazion
patrimoniali la cui comunicazione sarebbe stata omessa, ciò anche evidenziando che il mero rinvio al decreto di sequestro non sarebbe sufficiente in quanto questo è stato emesso prima che . venisse disposta la confisca, che deve essere limitata solo alle condotte oggetto di condanna.
La doglianza è fondata nei termini che seguono.
4.1. Preliminarmente si deve evidenziare che la questione assume rilievo con riferimento alle sole condotte omissive afferenti alle variazioni patrimoniali successive al 31 dicembre 2015
Il termine di prescrizione relativo alle condotte intervenute sino a tale data, infat interamente decorso e questo, ai sensi dell’art. 129 cod proc. pen. ed esclusa la possibilità pronunciare una diversa e più favorevole, impone di dichiarare l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione (Cass Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D.L., Rv. 217266; Sez. 3, n. 31415 del 15/1/2016, COGNOME, Rv. 267518; Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, COGNOME, Rv 256463; Sez. 4, n. 18641 del 20/1/2004, COGNOME, Rv 228349), così che, pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio in ordine a tali condotte.
4.2. La motivazione della sentenza impugnata in ordine alla determinazione dell’ammontare delle variazioni patrimoniali e l’imputabilità delle stesse ai singoli anni è, co indicato nel ricorso, nella sostanza inesistente.
Il mero riferimento al decreto di sequestro preventivo, nel quale è indicato solo importo complessivo relativo all’intero “periodo ricompreso tra l’anno 2012 e l’anno 2017”, infatti, non consente di avere alcuna contezza circa l’effettiva consistenza dell’ammontare degli importi che il ricorrente avrebbe omesso di comunicare nei singoli anni né fornisce adeguata risposta alle censure sollevate dalla difesa in merito alla determinazione della confisca.
La carenza di motivazione evidenziata, che incide sia sull’accertamento della rilevanza penale delle condotte per le quali non è maturato il termine di prescrizione sia, più in general sull’individuazione dell’importo per il quale deve essere disposta la confisca, impon l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame su tali punti alla Corte di Appello di Bari.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle condotte omissive relative alle variazioni patrimoniali intervenute sino al 31 dicembre 2015. Annulla la medesima sentenza, nuovo esame ad altra sezione della Corte LL2. con riferimento alle restanti condotte, con rinvio per di Appello di Bari.
Così deciso il 24 settembre 2024