Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 6959 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 6959 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: FILOCAMO COGNOME
Data Udienza: 15/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CAGLIARI il 18/01/1982
avverso la sentenza del 18/06/2024 della CORTE APPELLO di CAGLIARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente alla confisca e inammissibilità nel resto;
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento sopra indicato, la Corte d’appello di Cagliari condannava, in parziale riforma della decisione di primo grado, NOME COGNOME ritenuto responsabile de delitto di cui all’art. 76, comma 7, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, alla pena di un anno e qu mesi di reclusione e 8.000 euro di multa, riducendo l’entità della confisca a 16.666,66 eu L’imputato era stato sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale co decreto del Tribunale di Cagliari del 22/6/2009, divenuto definitivo il 12/3/2010, da cu derivato, a norma dell’art. 80 d.lgs. n. 159 del 2011 – come interpretato Sez. U, n. 16896 del 31/01/2019, Rv. 275080 – l’obbligo avente durata decennale di segnalare entro trenta giorni ogni incremento patrimoniale al di sopra della soglia prevista dalla le stabilita in una somma non inferiore ad euro 10.329,14. In particolare, l’imputato ha eredit dalla nonna una quota (un diciottesimo) di un immobile sito in Genova che aveva rivenduto per la somma di 16.666,66 euro, omettendo di adempiere all’obbligo comunicativo imposto dall’art. 80, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159. La Corte distrettuale, richiamata la sentenza a Sez. U o citata, ha affermato che l’art. 80, d.lgs. n. 159 del 2011, relativo all’obbligo per i sogg sottoposti a misura di prevenzione personale di comunicare le variazioni del proprio patrimonio la cui omissione è sanzionata dall’art. 76, comma 7, d.lgs. cit., si applica anche quand provvedimento che ha disposto la misura è divenuto definitivo in data anteriore all’introduzio di tale obbligo, aggiungendo che tale dovere sussiste anche per gli incrementi patrimoniali natura lecita quando, anche siano stati formalizzati con atto pubblico (Corte cost. n. 81 del 2 e n. 99 del 2017). In motivazione, la Corte ha specificato che la difesa dell’imputato non prospettato alcun elemento valido da cui desumere che la condotta contestata sia stata determinata da un’inevitabile ignoranza della legge.
NOME COGNOME ricorre per cassazione, con rituale ministero difensivo, avverso tale provvedimento affidandosi a due motivi.
Con il primo coacervato motivo, l’interessato denuncia, con rituale ministero difensiv l’erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 5 cod. pen. – come interpre dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 364 del 1988 – e dell’art. 192, comma 2, cod. pro pen. nella parte in cui la Corte d’appello ha ritenuto sussistente il dolo in assenza di ele indiziari gravi, precisi e concordanti. Si denuncia, inoltre, il vizio della motivazione sulla non applicabilità dell’art. 5 cod. pen., nonostante nell’atto di appello fossero state evide più circostanze con cui la Corte distrettuale non si è confrontata e da cui, invece, avrebbe po desumere che l’imputato aveva ignorato, non per sua colpa, l’obbligo di comunicazione di cui all’imputazione, così ritenendo accertata la sussistenza del dolo omissivo sulla base un’illegittima inversione dell’onere della prova. In particolare, si sostiene che pro ricostruzione del fatto, come accertato in sede di merito, insieme con le doglianze espos nell’atto di appello avrebbero dovuto condurre i giudici di secondo grado à ritenere non accerta oltre ogni ragionevole dubbio, la consapevolezza e l’intenzionalità dell’imputato in relazi
all’esistenza dell’obbligo di comunicazione e dei relativi “valori-soglia”. Con i motivi d’a infatti, era stato evidenziato che l’imputato, dopo la sua sottoposizione a misura di prevenzi per pericolosità “generica” non aveva ricevuto – né allora, né dopo – comunicazione di alcun prescrizione relativa all’obbligo di riferire le variazioni patrimoniali, così da potersi con che l’imputato sia stato indotto in errore “da una fonte qualificata”. Ancora, in rel all’ignoranza da parte dell’imputato, ritenuta inescusabile dalla Corte distrettuale “trattand errore di diritto vertente su norma integratrice del precetto penale” citando la sentenza a S U n. 16896 del 2019, si afferma che tale principio di diritto sarebbe valevole solo per i sog “condannati per mafia”.
Si evidenzia ancora che, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, non vi sarebbero elementi da cui desumere il dolo da parte dell’imputato che non aveva alcun obbligo di informarsi della variazione normativa intervenuta dopo l’applicazione della misura prevenzione, quindi, al limite si sarebbe dovuta considerare la sua condotta come colposa, con esclusione della sua punibilità, anche con riferimento all’ulteriore elemento previsto l’integrazione della fattispecie contestata ovvero del superamento della soglia di rileva dell’operazione economica non oggetto di comunicazione. La natura di reato omissivo improprio “artificiale” ovvero privo di un qualsiasi disvalore pre-giuridico apprezzabile in relazion presupposto di fatto neutro come l’alienazione della quota immobiliare ereditata avrebbe necessitato di una motivazione fondata su elementi indiziari gravi, precisi e concordanti mentr la sentenza impugnata si è fondata sull’asserita mancata indicazione da parte dell’imputato d elementi da cui desumere la propria ignoranza incolpevole dell’obbligo comunicativo violato.
Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia l’erronea applicazione della legge penale relazione all’art. 76, comma 7, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, per avere la Corte territo applicato la confisca in assenza dei relativi presupposti, nonché l’assenza di motivazione su t punto. In particolare, stante la liceità delle operazioni e la natura facoltativa della mi sicurezza patrimoniale che aveva colpito la quota di legittima ereditata dall’imputato, la C d’appello avrebbe dovuto motivare anche in relazione alla pericolosità del bene da sottoporre a confisca.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso chiedendo l’annullament del provvedimento impugnato limitatamente alla confisca e una dichiarazione d’inammissibilità del ricorso nel resto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Una prima ragione di inammissibilità del motivo deriva proprio per il difetto del requis di specificità. Va, infatti, ribadito, che “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato s che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualme
disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma solt apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avver la sentenza oggetto di ricorso” (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Rv. 277710).
Nel caso di specie, infatti, il primo motivo di ricorso reitera i medesimi argomenti già s nel giudizio di appello senza aggiungere nulla di nuovo rispetto alla motivazione della senten impugnata la quale afferma che non sia stato portato alcun elemento da cui poter ragionevolmente dubitare che l’omissione della comunicazione dovuta per legge dall’imputato fosse dovuta ad un atteggiamento colposo.
2.1. Appare opportuno ricordare come sia oramai un principio consolidato della giurisprudenza di legittimità che l’art. 80, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, relativo all’ per i soggetti già sottoposti a misura di prevenzione personale di comunicare le variazioni proprio patrimonio, la cui omissione è sanzionata dall’art. 76, comma 7, d.lgs. cit., si ap anche quando il provvedimento che ha disposto la misura è divenuto definitivo in data anteriore all’introduzione di tale obbligo (Sez. U, n. 16896 del 31/01/2019, Rv. 275080), L’art. 80 citato decreto legislativo, nel fare salvo quanto già previsto dall’art. 30 della legge n. 1982, stabilisce che «le persone già sottoposte, con provvedimento definitivo, ad una misura di prevenzione, sono tenute a comunicare per dieci anni, ed entro trenta giorni dal fatto, al nuc di polizia tributaria del luogo di dimora abituale, tutte le variazioni nell’entità e nella comp del patrimonio concernenti elementi di valore non inferiore ad euro 10.329,14. Entro il gennaio di ciascun anno, i soggetti dì cui al periodo precedente sono altresì tenuti a comunicar le variazioni intervenute nell’anno precedente, quando concernono complessivamente elementi di valore non inferiore ad euro 10.329,14. Sono esclusi i beni destinati al soddisfacimento bisogni quotidiani. Il termine di dieci anni decorre dalla data del decreto ovvero dalla data sentenza definitiva di condanna. Gli obblighi previsti nel comma 1 cessano quando la misura di prevenzione è a qualunque titolo revocata».
Ciò è stato anche ribadito con Sez. 1, n. 33859 del 28/05/2019, Rv. 277323, per la quale l’obbligo penalmente sanzionato per i soggetti raggiunti da misura di prevenzione per pericolosi c.d. semplice di comunicare le variazioni patrimoniali è stato introdotto già con la legge n. del 2010 ed è dunque vigente dal 7 settembre del 2010 in quanto tale legge, nella parte d interesse (l’articolo 7 che apporta le modifiche all’articolo 30 della legge n. 646 del 1982) conteneva alcuna disposizione transitoria. In una corretta prospettiva interpretativa, secondo Sezioni Unite, pertanto, l’articolo 80 del d.lgs. n. 159 del 2011 ha semplicemente “recepito” che – normativamente – era già accaduto con la modifica del 2010 attraverso il richiamo all legge n. 575 del 1965, che estende automaticamente tale prescrizione alle misure di prevenzione disposte in forza della legge n. 1423 del 1956, dunque ai pericolosi semplici, in virtù riemersa vigenza, con il d.lgs. 92 del 23 maggio 2008, del testo originario dell’art. 19 della l n. 152 del 1975 in tema di applicabilità alla citata categoria delle disposizioni della legge n del 1965. Ragion per cui la norma incriminatrice, l’attuale art. 76, comma 7, del d.lgs. n.159 2011, è da ritenersi applicabile in virtù di tale continuità normativa ai soggetti raggi misura di prevenzione per pericolosità semplice a far data dal 7 settembre 2010 e, quindi,
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· questa situazione non assume rilievo la disposizione transitoria di cui all’art. 117 del poste · d.lgs. n.159 del 2011, che non è quindi applicabile al caso di specie.
Le precisazioni fornite dalla decisione a S.U., n. 16896 del 2019, consentono anche di escludere che si possa parlare di “applicazione retroattiva” lì dove, pure in presenz provvedimento di prevenzione per pericolosità semplice divenuto definitivo prima del settembre 2010, la specifica condotta omissiva sia posteriore a tale data. Ai fini della sussist del reato – da qualificarsi come omissivo proprio, di pura creazione legislativa e connotato dolo generico – infatti, si deve considerare che la definitività del provvedimento applicativo misura di prevenzione non integra il precetto ma, piuttosto, ne è il presupposto di fatto ( sempre le Sezioni Unite pag. 16), per cui la previsione incriminatrice è applicabile anche quan la misura era divenuta definitiva prima del 7 settembre del 2010, non potendo parlarsi, in caso, di applicazione retroattiva della fattispecie in quanto ciò che rileva è la condi soggettiva, anche se antecedente, e l’omissione risulta punibile se la variazione patrimonia (soggetta a comunicazione) sia avvenuta dopo l’entrata in vigore della legge del 2010 (Sez. 1 n. 33859 del 2019 cit.).
2.1. La difesa deduce, in sostanza, la violazione dell’art. 43, comma quinto, in relazio all’art. 5 cod. pen., rilevando che nel caso di specie difetterebbe l’elemento soggettivo, pe l’imputato non sarebbe stato messo in grado di conoscere il precetto normativo violato, pertant non avrebbe avuto la coscienza e volontà di violare un obbligo dell’esistenza del quale non aveva avuto in precedenza alcuna conoscenza. Su tale punto, in applicazione dei richiamati principi d diritto, ritenuti condivisibili, deve affermarsi, con riferimento al caso ora in esame che la se di appello è immune dai vizi lamentati e che le doglianze difensive non colgono nel segno, poich il giudice del gravame ha correttamente interpretato la norma incriminatrice e ha tenuto cont dei principi di diritto che regolano la materia. In particolare, la Corte di appello ha spiegato le ragioni in base alle quali non poteva negarsi la sussistenza dell’elemento soggettivo del re in capo all’imputato come già riportato nel paragrafo che precede,a’eui si può aggiungere che l’imputato, cosciente di essere stato destinatario di una misura di prevenzione, avrebbe potut quantomeno cercare di assumere le necessarie informazioni ed assicurazioni circa la legittimità dell’incremento patrimoniale, in modo da poter affermare di aver adempiuto a quell’onere informativo che avrebbe potuto rendere scusabile l’errore sulla legge penale. Questa Corte ha, infatti, affermato che “l’ignoranza dell’obbligo di comunicare alla polizia giudizi variazioni patrimoniali da parte del condannato per reati di criminalità organizzata non escl il dolo del reato, in quanto l’art. 30 della legge n. 646 del 1982, che impone tale obbligo norma integratrice del precetto penale, sebbene la sanzione per la sua violazione sia contenuta nel successivo art. 31 della stessa legge, e, quindi, l’ignoranza in ordine ad essa si traduce in errore sul fatto, bensì in ignoranza della legge penale, rilevante solo in caso di sua inevit (fattispecie in cui la Corte ha escluso l’ignoranza inevitabile del precetto osservando che il condannato per il reato previsto dall’art. 416-bis cod. pen., aveva in ogni caso l’oner informarsi della disciplina a lui applicabile: Sez. 6, n. 6744 del 2014, Rv. 258991). Se è pur che il tema del dolo può essere tenuto distinto, sul piano dogmatico, da quello dell’ignorantia
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Anche rispetto all’aspetto dedotto relativamente al fatto che l’accrescimento potess essere considerato come inferiore alla soglia di legge. L’argomento è inammissibile, in quanto l mancata conoscenza da parte del ricorrente delle informazioni contabili dettagliat sull’accrescimento patrimoniale e la possibilità che esso fosse inferiore alla soglia di legge mere congetture, ed un argomento ipotetico o congetturale non è idoneo a viziare la motivazione del provvedimento impugnato (Sez. 1, n. 17102 del 15/02/2024; Sez. 2, n. 3817 del 09/10/2019, dep. 2020, Rv. 278237).
Manifestamente infondato è anche il secondo motivo secondo cui la confisca disposta ai sensi dell’art. 76, comma 7, d.lgs. n. 159 del 2011, sarebbe stata applicata in violazio legge, non ricorrendone i presupposti, e che sarebbe priva di qualsiasi motivazione.
In realtà, tale norma (“Chiunque, essendovi tenuto, omette di comunicare entro i termini stabiliti dalla legge le variazioni patrimoniali indicate nell’articolo 80 è punito con la r da due a sei anni e con la multa da euro 10.329 a euro 20.658. Alla condanna segue la confisca dei beni a qualunque titolo acquistati nonché del corrispettivo dei beni a qualunque titolo alie Nei casi in cui non sia possibile procedere alla confisca dei beni acquistati ovvero del corrispe dei beni alienati, il giudice ordina la confisca, per un valore equivalente, di somme di den beni o altre utilità dei quali i soggetti di cui all’articolo 80, comma 1, hanno la disponi prevede un caso di confisca obbligatoria degli acquisti o dei corrispettivi derivanti dalle vari patrimoniali non comunicate, ovvero, in ragione dell’omissione di comunicazione, ossia della mera sottrazione al controllo, come desumibile dal chiaro testo letterale “alla condanna segue la confisca”, senza che sia necessaria alcuna correlazione alla pericolosità del bene ovvero del soggetto attinto, il che esclude la necessità di un’apposita motivazione.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente a pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende della somma di euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 15 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente