Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 32133 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 32133 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 17/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME Vincenzo nato a GINOSA il 24/04/1965 avverso l’ordinanza del 10/10/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di Perugia udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del P.G., NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 10 ottobre 2024 il Tribunale di sorveglianza di Perugia ha respinto l’istanza di semilibertà presentata dal condannato NOME COGNOME che sta espiando la pena dell’ergastolo con isolamento diurno per anni 1 e mesi 6 a seguito delle condanne che sono riportate nel provvedimento di cumulo della Procura generale di Taranto del 6 marzo 2014.
Il Tribunale di sorveglianza ha respinto l’istanza, in quanto, dopo aver premesso che il condannato ha fatto parte di una associazione mafiosa con ruoli importanti in quanto uomo di assoluta fiducia dei capoclan, e che con separate ordinanze era stata respinta la sua domanda di accertamento della collaborazione impossibile, ha rilevato che egli non ha mai adempiuto agli obblighi risarcitori nei confronti delle vittime dei reati commessi, pur essendo stato ammesso a fruire del lavoro esterno da ottobre 2022 che gli permette di percepire una retribuzione di 1.482 euro; il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto, pertanto, che il percorso di revisione che ha il condannato ha compiuto sia del tutto parziale e non permetta ancora l’accesso alla misura alternativa.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore.
Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione perchØ l’ordinanza non ha tenuto conto, in punto di collaborazione impossibile, che, in realtà, in uno dei processi a suo carico, il condannato ha reso dichiarazioni indizianti nei confronti di un soggetto, pur se lo stesso era già deceduto; in punto di collegamenti con la criminalità organizzata, non ha tenuto conto del fatto che non ne sono segnalati di attuali; in punto di obbligazioni civili, non ha tenuto conto dei redditi modesti, dell’ammissione al gratuito patrocinio che Ł indice di risorse economiche precarie, della circostanza che il denaro ricavato dal lavoro esterno al carcere viene regolarmente inviato alla famiglia, e del fatto che il condannato ha riferito di voler effettuare volontariato con bambini disabili.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione perchØ l’ordinanza non ha considerato la relazione di sintesi del 15 giugno 2023 che ha evidenziato i
progressi del condannato nel trattamento, l’impegno come bibliotecario dell’istituto che gli Ł valso un encomio, la lettera ricevuta dal direttore di una scuola presso cui il detenuto era stato inviato per un progetto rieducativo; non Ł stato, inoltre, considerato che il luogo di lavoro indicato nell’istanza, che Ł presso la stessa ditta dove viene svolto il lavoro esterno, Ł molto lontano dal luogo di origine in cui furono commessi i delitti.
Con requisitoria scritta, il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso Ł infondato.
I due motivi, che attaccano punti diversi di un percorso logico che nell’ordinanza Ł unitario, possono essere affrontati congiuntamente.
Il ricorso deduce, con riferimento alla mancanza di collaborazione con la giustizia ed alla asserita collaborazione impossibile, che, in realtà, l’ordinanza non ha considerato che in uno dei processi a suo carico il condannato ha reso dichiarazioni indizianti nei confronti di una persona, già deceduta, e ciò ‘se adeguatamente attenzionato dal Tribunale avrebbe potuto portare a decisione diversa, conseguendo il vaglio degli ulteriori elementi con maggiore flessibilità ed apertura’.
L’argomento Ł manifestamente infondato. perchØ la circostanza che il ricorrente si sia limitato a coinvolgere un morto rende non illogica, la conclusione – che era già stata del giudice della cognizione e del giudice delle separate ordinanze con cui era stato negato al ricorrente l’accertamento della collaborazione impossibile, e che Ł stata ripresa nell’ordinanza impugnata – che egli abbia taciuto ciò che avrebbe potuto dire sulle vicende per cui Ł stato condannato.
Il ricorso deduce, con riferimento ai collegamenti attuali con la criminalità organizzata, che l’ordinanza non ha tenuto conto del fatto che essi non sono segnalati dall’autorità di polizia, ma l’argomento Ł infondato, perchØ, in presenza di un reato ostativo e della mancanza di collaborazione con la giustizia, la mancanza di collegamenti attuali di per sØ non Ł sufficiente per ottenere l’accesso alla misura alternativa neanche dopo la novella del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla l. 30 dicembre 2022, n. 199.
Nell’interpretare le previsioni della novella, infatti, questa Corte ha ricordato anche di recente nella sentenza Sez. 1, n. 18399 del 24/01/2025, PG in proc. COGNOME, n.m., che ‘la scelta del legislatore dinanzi alla delicatezza della questione Ł stata quella di aprire le porte alla possibilità di accertare il venir meno di questi legami anche in mancanza di collaborazione, presidiando però con appositi criteri, regole e metodo tale percorso di accertamento’, e che ‘ognuno degli indicatori Ł stato considerato significativo dal legislatore del 2022 per raggiungere quel dato di certezza che nel sistema precedente veniva fatto conseguire dalla scelta collaborativa in ordine alla definitiva rescissione dei legami con la criminalità organizzata o comunque del venir meno del rischio che essi potessero essere rivitalizzati, avvalendosi dei contatti con il mondo esterno’, ma ‘tra i requisiti che i condannati non collaboratori devono allegare assume indubbia centralità quello descritto in via prioritaria dal comma 1-bis dell’art. 4-bis ord. pen., laddove richiede – lo si ricorda – che «gli stessi dimostrino l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l’assoluta impossibilità di tale adempimento».
Nel caso in esame, l’ordinanza impugnata evidenzia in modo chiaro che il condannato non si Ł attivato nei confronti delle vittime, come invece avrebbe potuto fare, sia perchØ ha possidenze immobiliari, come accertato dalla Guardia di Finanza (pag. 4 dell’ordinanza), sia perchØ attraverso il lavoro esterno gode di uno stipendio adeguato, che non ha mai usato
per ridurre, anche in modo rateizzato, il suo debito civile. La mera mancanza di notizie di collegamenti attuali con la criminalità organizzata non Ł, pertanto, sufficiente, in presenza della mancata dimostrazione dell’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna, per fargli ottenere il beneficio.
Il ricorso deduce che, con riferimento alle obbligazioni civili, l’ordinanza non avrebbe tenuto conto del fatto che il condannato gode di redditi modesti, ma l’argomento Ł manifestamente infondato, perchØ non Ł illogico sia stato ritenuto che il reddito di cui gode il condannato non Ł modesto, e non Ł illogico sia stato evidenziato che esso in ogni caso non Ł stato usato, neanche in parte, per ridurre il debito civile.
Il ricorso deduce che l’ordinanza sarebbe viziata perchŁ il denaro ricavato dal lavoro esterno al carcere viene regolarmente inviato alla propria famiglia, ma l’argomento Ł manifestamente infondato, perchØ costituisce, al contrario, una conferma di quanto scrive l’ordinanza impugnata, ovvero che il condannato destina le proprie risorse in modo egoistico alla propria famiglia, e non alle famiglie delle vittime dei reati che ha commesso.
Il ricorso deduce che l’ordinanza sarebbe viziata perchØ il condannato Ł stato ammesso al gratuito patrocinio, che Ł un indice di risorse economiche precarie, ma l’argomento Ł manifestamente infondato, perchØ non contrasta il dato oggettivo dell’esistenza attuale di uno stipendio fisso che può essere dedicato a risarcire le vittime del reato, e viene dedicato a finalità egoistiche.
Il ricorso deduce che l’ordinanza sarebbe viziata perchØ il condannato ha riferito di voler intraprendere lavoro di volontariato con bambini disabili, ma l’argomento Ł manifestamente infondato, perchØ le iniziative di giustizia riparativa sono prese in considerazione dal nuovo testo dell’art. 4-bis ord. pen., ma soltanto quando il condannato non ha la possibilità di adempiere agli obblighi civili, come già evidenziato da questa Corte nella sentenza n. 18399 del 2025 già citata, secondo cui ‘tale scelta si pone sulla scia del diritto vivente formatosi attorno alle prassi applicative della disposizione di cui all’art. 176 cod. pen., interpretato nel senso che, laddove il condannato si trovasse nell’impossibilità di adempiere le obbligazioni civili nascenti dal reato, bisognava dare rilievo «alle manifestazioni di effettivo interessamento del condannato stesso per la situazione morale e materiale delle persone offese ed ai tentativi fatti, nei limiti delle sue possibilità, per attenuare, se non riparare interamente, i danni provocati», ma nel caso in esame il condannato dispone della possibilità di adempimento, anche parziale, delle obbligazioni civili.
Il ricorso deduce che l’ordinanza non ha considerato la relazione di sintesi del 15 giugno 2023 che evidenzia i progressi fatti dal condannato nel trattamento penitenziario, ma l’argomento Ł infondato, perchŁ, in realtà, a norma dell’art. 4-bis ord. pen., il corretto comportamento carcerario non Ł sufficiente per superare la ostatività determinata dal titolo di reato in espiazione, e tutte le circostanze di fatto che il ricorso ricorda (l’impegno del detenuto come bibliotecario, la lezione tenuta agli studenti di una scuola che gli ha procurato un elogio, la intenzione di scrivere libri), non costando nulla all’interessato, non sono un indice decisivo dell’effettuazione di un percorso di revisione critica che consenta di ritenere sicuramente abbandonate logiche criminali, a differenza dell’adempimento degli obblighi civili, che, invece, costa all’interessato, e che, quindi, non illogicamente Ł stato valorizzato nella previsione di legge come elemento che rassicura di piø, nel giudizio complessivo sul percorso critico di un condannato, sulla decisione di non ricorrere mai piø al crimine.
Il ricorso deduce che l’ordinanza sarebbe illegittima, perchØ non ha, inoltre, considerato che il luogo di lavoro indicato nell’istanza Ł presso la stessa ditta dove viene svolto il lavoro esterno, e quindi in un Comune molto lontano dal luogo di origine, ma l’argomento Ł
infondato, perchØ, in realtà la circostanza Ł stata correttamente ritenuta non decisiva dal giudice del merito, posto che essa non Ł sufficiente a far superare la ostatività derivante dal titolo di reato.
Il ricorso Ł, pertanto, nel complesso, infondato.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 17/09/2025
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME