Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7387 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 7387 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 14/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Pescara il 09/02/1961 avverso l’ordinanza del 13/06/2024 del Tribunale di Potenza visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
letta la memoria del difensore con cui ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale di Potenza ha rigettato l’istanza di riesame, proposta nell’interesse di COGNOME Giovanni GiuseppeCOGNOME nella veste di legale rappresentante delle società RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto di sequestro preventivo della somma di denaro per € 92.268,51 giacente sul conto corrente della medesima società e nella disponibilità del COGNOME Giovanni, sottoposte a vincolo cautelare in funzione della confisca, ex art. 12 bis del d.lvo n. 74 del 2000, quale profitto del reato di cui all’art. 10- ter d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, per l’omesso versamento dell’Iva, quale
legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE per il periodo di imposta del 2000.
Avverso tale provvedimento ricorre per cassazione il difensore di fiducia dell’imputato deducendo, con un unico e articolato motivo, la violazione di cui all’art. 606, cod.proc.pen. in relazione all’art. 649 cod.proc.pen.
Secondo la ricorrente il tribunale avrebbe confermato il decreto di sequestro preventivo ritenendo sussistenti elementi nuovi successivi al primo annullamento disposto dal tribunale che lo aveva annullato e disposto la restituzione delle somme di denaro sequestrate alla società RAGIONE_SOCIALE. In particolare, il tribunale aveva annullato il primo decreto di sequestro preventivo per equivalente eseguito sulle somme di denaro della società RAGIONE_SOCIALE, ritenendo che la mera delega ad operare sui conti non fosse elemento sufficiente per ritenere la disponibilità delle predette somme in capo al Di Giovanni.
L’ordinanza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto che i nuovi accertamenti (variazione oggetto sociale della RAGIONE_SOCIALE e l’anomala gestione) giustificassero l’adozione di un nuovo vincolo reale sulle stesse somme di denaro. Deduce il ricorrente l’errore di diritto in cui sarebbe incorso il tribunale stante l preclusione processuale, derivantrdal primo annullamento non impugnato, che rende inammissibile ogni iniziativa successiva sullo stesso oggetto qualora la situazione di fatto sia rimasta immutata, come nel caso in esame, in quanto gli elementi nuovi non sarebbero sopravvenuti e significativi per definire la società RAGIONE_SOCIALE mero schermo dell’altra. In secondo luogo, il secondo decreto di sequestro sarebbe stato emesso dopo la scadenza per il compimento delle indagini. Il denaro nuovamente sottoposto a sequestro sarebbe pacificamente della società RAGIONE_SOCIALE e dunque non nella disponibilità dell’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è fondato sulla base delle seguenti ragioni.
Nel ripercorre’ la vicenda processuale deve darsi atto che /con decreto in data 17 ottobre 2023, il Gip del tribunale di Potenza aveva emesso decreto di sequestro preventivo diretto nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE e per equivalente nei confronti del suo legale rappresentante NOME COGNOME in relazione al profitto del reato di cui all’articolo 10- ter d.lgs 10 marzo 2000, n. 74.
In sede di esecuzione erano state sottoposte a sequestro, tra l’altro, il saldo di conto corrente, pari a C 92.268,51, intestato alla RAGIONE_SOCIALE, di cui l’indagato è amministratore unico e socio unico.
Con provvedimento del 13 marzo 2024, il Tribunale del riesame ha accolto l’appello e per l’effetto annullato il provvedimento impugnato, disponendo la restituzione alla società RAGIONE_SOCIALE della somma di denaro sequestrata, rilevando che, trattandosi di sequestro nei confronti di società non beneficiaria della condotta delittuosa, bensì di sequestro per equivalente che aveva attinto le somme depositate sul conto corrente intestato alla società RAGIONE_SOCIALE, sul presupposto della disponibilità delle somme depositate in capo all’indagato, non vi erano elementi per ritenere che il denaro fosse nella disponibilità dell’indagato non essendo elemento sufficiente la mera delega ad operare sul conto corrente della RAGIONE_SOCIALE
Con decreto emesso dal Tribunale monocratico in data 29/03/2024, veniva nuovamente disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di somme di denaro, beni immobili, mobili e partecipazione societarie, nella disponibilità dell’imputato, disponendo che lo stesse / dovesse essere eseguito sulle somme presenti sul conto corrente intestato alla società RAGIONE_SOCIALE da considerarsi nella disponibilità dell’imputato. Nel predetto decreto il giudice dava atto che il nuovo sequestro risultava fondato a seguito di ulteriori indagini svolte, dopo il precedente annullamento, dalle quali emergeva la continuità operativa della RAGIONE_SOCIALE con RAGIONE_SOCIALE e l’anomala gestione della prima da parte del Di Giovanni, sicché i presupposti del provvedimento, in quanto diversi, non comportavano alcuna violazione del ne bis in idem. I nuovi accertamenti erano costituiti dalla variazione dell’oggetto sociale, a seguito di acquisizione della variazione della visura camerale, della RAGIONE_SOCIALE, intervenuta il 12 febbraio 2024, nonché dalla consultazione del portale Fatture e Corrispettivi dell’agenzia delle entrate da cui risultava che nel breve lasso di tempo dalla costituzione la società aveva emesso ben 25 fatture. –v
L’ordinanza impugnata ha respinto l’istanza di riesame, confermando il decreto di sequestro preventivo sul rilievo che gli elementi nuovi, come sopra evidenziati e acquisiti proprio all’esito del primo annullamento che aveva evidenziato lacune probatorie sulla configurabilità della disponibilità delle somme sequestrate in capo all’indagato, giustificavano l’adozione del nuovo sequestro, non operando nessuna preclusione processuale, ritenendo dimostrato, sulla scorta dei predetti elementi, che il Di NOME aveva la piena disponibilità dellea, somme presenti sul conto corrente della RAGIONE_SOCIALE, solo fittiziamente detenute nel nome e per conto della persona giuridica, ma nella sostanza riconducibile: alla persona fisica del suo legale rappresentante iii NOME NOMECOGNOME imputato nel presente procedimento quale legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE a vantaggio della quale era stato posto in essere il reato tributario contestato.
La disponibilità in capo al ricorrente era tratta dagli elementi ulteriori rispetto a quelli disponibili al momento dell’annullamento dal parto da parte del tribunale del riesame, cioè la delega ad operare sui conti della RAGIONE_SOCIALE assumendo particolare rilievo la variazione dell’oggetto sociale con l’aggiunta dell’attività di commercio all’ingrosso di autovetture nuove e usate, l’emissione di ben 25 fatture per un totale complessivo di 885.723,32 €, l’assenza di costi registrati nonché la coincidenza della sede sociale della RAGIONE_SOCIALE presso la residenza dell’imputato e l’irreperibilità di questi, elementi da cui il tribunale ha ritenuto provata la natura di mera società schermo della RAGIONE_SOCIALE, società priva di autonomia mero schermo del COGNOME Giovanni, sicché era dimostrato che le somme rinvenute sul conto della predetta erano nella disponibilità del COGNOME Giovanni ( legale rappresentante della stessa e socio unico.
Ciò posto, il nuovo decreto di sequestro preventivo è stato correttamente emesso sulla scorta di elementi nuovi, e l’ordinanza impugnata, che ha disatteso la censura, oggi nuovamente riproposta, di violazione della preclusione processuale, è correttamente argomentata.
2.1. Innanzi tutto, priva di fondamento è la tesi difensiva dell’illegittimità dell’emissione del decreto di sequestro preventivo dopo il termine per il compimento delle indagini preliminari.
La censura già sollevata al tribunale è stata correttamente disattesa da quei giudici.
Sin da tempi risalenti, la giurisprudenza di legittimità, in termini generali, ha affermato che il decorso del termine per il compimento delle indagini non può comportare l’invalidazione dell’atto di indagine compiuto dopo la scadenza, ma soltanto l’inutilizzabilità – ad istanza di parte – della prova acquisita attraverso tal atto (Sez. 2, n. 12423 del 23/01/2020, Rv. 279337 – 02; Sez. 6, n. 40791 del 10/10/2007, Rv. 238040 – 01) e, nello specifico, che al fine dell’adozione di un provvedimento di sequestro preventivo sono utilizzabili gli accertamenti patrimoniali finalizzati ad individuare i beni da sottoporre al vincolo d’indisponibilità, anche se espletati in epoca successiva alla scadenza dei termini delle indagini preliminari (Sez. 4, n. 10208 del 29/01/2020, Rv. 278646 – 01; Sez. 6, n. 35376 del 28/05/2008, Rv. 240931 – 01).
In ogni caso, mette conto rilevare,d1 CoTlecTi6) che il decreto di sequestro preventivo è stato disposto dal Tribunale monocratico nel corso del giudizio, sicchè la censura non trova fondamento in punto di fatto.
La dedotta violazione della preclusione processuale del ne bis in idem è parimenti infondata.
In primo luogo, tenuto conto che il secondo decreto di sequestro preventivo è stato emesso il 29 marzo 2024, in pendenza del termini di impugnazione del provvedimento di annullamento del 13 marzo 2024, deve richiamarsi l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui in tema di misure cautelari reali, il principio del “ne bis in idem” non preclude al pubblico ministero, in pendenza dei termini per proporre ricorso per cassazione avverso il provvedimento di annullamento di un decreto di sequestro preventivo e prima del deposito della relativa motivazione, di richiedere l’adozione di un nuovo vincolo cautelare sui medesimi beni, a condizione che lo stesso si determini a non coltivare il rimedio impugnatorio, in quanto la contemporanea pendenza delle due iniziative cautelari contrasta con il divieto di “bis in idem” (Sez. 3, n. 20245 del 14/02/2024, COGNOME, Rv. 286326 – 01; Sez. 3 , n. 43365 del 08/10/2024, Carta, Rv. 287142 – 01).
E’ altrettanto principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, che il Collegio condivide e ribadisce, quello secondo cui il principio del ne bis in idem cautelare non è ostativo alla reiterazione del sequestro preventivo su beni in relazione ai quali il vincolo reale sia stato già disposto, allorquando il nuovo decreto si fondi su una esigenza cautelare diversa da quella inizialmente ipotizzata, oppure, come nel caso in esame, quando l’autorità procedente sia chiamata a valutare elementi precedentemente non disponibili (Sez. 3, n. 16616 del 18/11/2019, Iuvinale, Rv. 278947 – 01; Sez. 6, n. 21103 del 26/03/2013, COGNOME, Rv. 256439; Sez. 3, n. 24963 del 18/02/2015, Aprovitola, Rv. 264095; v. anche Sez. 3, n. 48395 del 13/06/2018, COGNOME, Rv. 274703).
4. Nel caso in esame il Tribunale ha, anzitutto, dato atto che il primo provvedimento di sequestro preventivo, emesso il 17/10/2023, era stato annullato perché non sufficientemente dimostrata la disponibilità delle somme sequestrate alla società RAGIONE_SOCIALE in capo all’indagato non essendo sufficiente la delega ad operare; che a seguito di indagini compendiate nell’annotazione di PG del 13/03/2024 della G.di F., e che dagli elementi nuovi (variazione dell’oggetto sociale della RAGIONE_SOCIALE, emissione di fatture e il collegato svolgimento di attività di vendita di automobili, l’assenza di costi registrati nonché la coincidenza della sede sociale della RAGIONE_SOCIALE presso la residenza dell’imputato e l’irreperibilità del COGNOME) era dimostrato che la società era un mero schermo e che il denaro sequestrato era nella disponibilità del COGNOME Giovanni che era amministratore e socio unico.
Sulla base di questi elementi il Tribunale ha, dunque, escluso che il nuovo provvedimento di sequestro, emesso il 29 marzo 2024, fosse fondato sui medesimi elementi di quello in precedenza emesso e annullato con l’ordinanza del medesimo Tribunale del 13 marzo 2024.
Si tratta di valutazione del tutto corretta, sia perché nella emissione del secondo provvedimento di sequestro sono stati considerati elementi di prova in precedenza non disponibili/né valutati, sia perché fondata su accertamenti di fatto, significativi della disponibilità delle somme sequestrate in capo al Di Giovanni, non qui diversamente valutabili, sicchè non opera alcuna preclusione processuale.
Consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 14/01/2025