Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34594 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34594 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/03/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso proposto da NOME COGNOME e l’ordinanza impugnata.
Ritenuto che il primo motivo relativo alla violazione di legge in relazione agli artt. 127, comma 1, e 666, comma 3, cod. proc. pen. per essersi tenuta l’udienza camerale, senza il rispetto dei dieci giorni liberi dalla notificazio dell’avviso di fissazione dell’udienza, è manifestamente infondato.
Rileva il Collegio che l’inosservanza del termine di dieci giorni liberi che devono intercorrere tra la data di notifica all’interessato e al difensore dell’avvis udienza dinanzi al Tribunale di sorveglianza, e quella di celebrazione dell’udienza medesima, inerendo alle modalità di intervento, assistenza e rappresentanza della parte privata nel procedimento in questione, determina nullità di ordine generale ex art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. Tale nullità, tuttavia, non h carattere assoluto, poiché non riguarda l’omessa citazione dell’interessato o del suo difensore, sicché è soggetta ai limiti di deducibilità di cui all’art. 182 cod. pr pen., come pure alla sanatoria di cui all’art. 184 stesso codice (Sez. 1, n. 2640 del 6/4/2000, COGNOME, Rv. 216198, relativo a procedimento davanti al tribunale di sorveglianza; v. anche Sez. 1, n. 1583 del 16/3/1998, COGNOME, Rv. 210342; Sez. 1, n. 2106 del 3.5/4/1998, COGNOME, Rv. 210546; Sez. 1, n. 10445 del 4/12/2001, dep. 2002, COGNOME, Rv. 220964). Ne consegue che la nullità determinatasi, se non eccepita in udienza dal difensore di fiducia presente ovvero da quello nominato d’ufficio ai sensi dell’art. 97, comma 4, cod. proc. pen., è soggetta alla sanatoria di cui all’art. 182, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 41723 del 31/5/2018, I., Rv. 273942). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nel caso di specie, secondo quanto emerge dal verbale dell’udienza in data 12 marzo il difensore presente non aveva, tuttavia, eccepito la nullità in questione, sicché essa è rimasta sanata.
Ritenuto che le censure articolate nel secondo non superano il vaglio preliminare di ammissibilità in quanto sollecitano, nella sostanza, non consentiti apprezzamenti di merito e, laddove pongono questioni giuridiche, risultano manifestamente infondate o generiche.
2.1. E’ pacifico in tema di affidamento in prova che, pur non potendosi prescindere dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, per la concessione delle misure alternative è, tuttavia, necessaria la valutazione della
condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile, ai fini della valutazione sia dell’adeguatezza del beneficio alla risocializzazione del condannato sia della idoneità a fronteggiare il pericolo di recidiva, l’esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, attesa l’esigenza di accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi. Non può richiedersi, invece, pretendersi la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che, dai risultati dell’osservazione della personalità, emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato (Sez. 1, n. 1410 del 30/10/2019, M., Rv. 277924; Sez. 1, n. 4390 del 20/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278174).
2.2. Il Tribunale di sorveglianza, nell’esaminare le informazioni e le relazioni provenienti dagli organi deputati all’osservazione del condannato, non è, in alcun modo, vincolato dai giudizi di idoneità ivi espressi, ma è tenuto soltanto a considerare le riferite informazioni sulla personalità e lo stile di v dell’interessato, parametrandone la rilevanza ai fini della decisione alle istanze rieducative e ai profili di pericolosità dell’interessato, secondo il criterio d gradualità nella concessione di benefici penitenziari che governa l’ammissione ai benefici penitenziari (Sez. 1, n. 23343 del 23/3/2017, Arzu, Rv. 270016); detto criterio, pur non costituendo una regola assoluta e codificata, risponde ad un razionale apprezzamento delle esigenze rieducative e di prevenzione cui è ispirato il principio stesso del trattamento penitenziario specie quando risulta documentato un non irrilevante vissuto criminale (Sez. 1, n. 5689/99 del 18/11/1998, Foti, Rv. 212794).
2.3 L’ordinanza impugnata ha fatto buon governo degli illustrati principi. Nell’ambito dei poteri di valutazione discrezionale in ordine alla concessione dei benefici di cui al capo VI della legge 26.7.1975 n. 354, ha ritenuto il condannato non meritevole della concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale per la concreta inidoneità del beneficio ad impedire la commissione di nuovi fatti illeciti, oltre di perspettive risocializzanti esterne, ragionevolmente apprezzando come sintomatica la reiterazione degli illeciti, legati ai frequenti stati di ubriache anche dopo l’ammissione ai lavori di pubblica utilità e l’assenza di seri propositi di resipiscenza e
A fronte di tale prognosi decisamente negativa e del mancato avviso di un processo, anche embrionale di revisione critica…, il Tribunale ha considerato recessivi i fattori positivi allegati dalla difesa e riproposti in questa sede.
A tali argomentazioni, logiche e coerenti oltre che fondate su atti specificamente indicati, il ricorrente ne oppone altre prospettate come più plausibili attraverso una alternativa rilettura delle emergenze probatorie, operazione quest’ultima pacificamente non consentita in sede di legittimità.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 1 luglio 2024.