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Nullità traduzione atti: la Cassazione chiarisce i termini

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato straniero che lamentava la nullità di un’ordinanza di aggravamento della misura cautelare per mancata traduzione. La Corte ha chiarito che tale vizio, qualificabile come nullità a regime intermedio, deve essere eccepito entro 10 giorni dinanzi al Tribunale del Riesame. La sentenza affronta anche il tema della legittimità della custodia in carcere per reati specifici, come il furto in abitazione, anche a fronte di una condanna finale inferiore a tre anni, confermando la decisione impugnata.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Nullità Traduzione Atti: la Cassazione stabilisce i termini per l’impugnazione

Il diritto alla comprensione degli atti processuali è un pilastro fondamentale del giusto processo, specialmente per gli imputati stranieri. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato il delicato tema della nullità traduzione atti, chiarendo in modo definitivo i termini e le modalità per far valere questo vizio. La decisione esamina il caso di un’ordinanza di aggravamento della misura cautelare non tradotta, stabilendo un importante principio sulla tempestività dell’impugnazione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un cittadino straniero, già sottoposto a un divieto di dimora per tentato furto aggravato in abitazione. Successivamente, la Corte di Appello aggravava la misura, disponendo la custodia in carcere. La difesa dell’imputato presentava un appello contro le decisioni successive che confermavano la detenzione, lamentando la nullità dell’ordinanza di aggravamento originale perché non era stata tradotta in una lingua a lui comprensibile. Il Tribunale del Riesame, tuttavia, rigettava l’appello, ritenendo che la questione della mancata traduzione dovesse essere sollevata con un diverso mezzo e in tempi più stretti. La vicenda è quindi approdata in Cassazione.

La questione della Nullità Traduzione Atti

Il fulcro del ricorso in Cassazione si basava su due motivi principali. Il primo, e più rilevante, riguardava proprio la nullità traduzione atti. La difesa sosteneva che la mancata traduzione dell’ordinanza di aggravamento costituisse una nullità di ordine generale, che incide sul diritto di difesa e partecipazione cosciente dell’imputato al processo. Pertanto, secondo il ricorrente, tale vizio poteva essere eccepito anche in una fase successiva e non necessariamente entro i dieci giorni previsti per il riesame.

Il secondo motivo contestava la legittimità della custodia in carcere. L’imputato era stato condannato in primo grado a una pena inferiore ai tre anni di reclusione. La difesa invocava l’articolo 275, comma 2 bis, del codice di procedura penale, che generalmente vieta la custodia cautelare in carcere per reati puniti con una pena inferiore a tale soglia.

Le motivazioni della decisione

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo infondato.

Sul primo punto, la Corte ha richiamato un recente e autorevole intervento delle Sezioni Unite (sentenza “Niecko”). Questo principio stabilisce che, se la mancata conoscenza della lingua italiana da parte dell’indagato è già nota all’autorità giudiziaria, l’omessa traduzione di un provvedimento cautelare determina una nullità a regime intermedio. Questo tipo di nullità non è assoluta e deve essere eccepita dalla parte interessata con un’impugnazione specifica, ovvero un ricorso al Tribunale del Riesame, entro il termine perentorio di dieci giorni dall’esecuzione o notifica del provvedimento. Poiché nel caso di specie la difesa aveva sollevato la questione tardivamente e con uno strumento processuale errato (l’appello invece del riesame), l’eccezione è stata considerata intempestiva e quindi inammissibile.

Sul secondo motivo, la Corte ha chiarito che il divieto di custodia in carcere per pene inferiori ai tre anni non è assoluto. L’articolo 275, comma 2 bis, del codice di procedura penale prevede specifiche deroghe. Tra queste rientra proprio il delitto di furto in abitazione (art. 624 bis c.p.). Per questo reato, la legge consente esplicitamente l’applicazione della custodia in carcere a prescindere dall’entità della pena che si prevede verrà irrogata. La Corte ha inoltre sottolineato che l’aggravamento della misura era giustificato dalla gravità dei fatti e dal concreto pericolo di reiterazione del reato, rendendo la custodia in carcere l’unica misura adeguata a tutelare le esigenze cautelari.

Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce due principi procedurali di fondamentale importanza. In primo luogo, consolida l’orientamento secondo cui la nullità traduzione atti cautelari è una nullità a regime intermedio, che richiede un’attivazione tempestiva da parte della difesa attraverso il riesame, pena la decadenza. In secondo luogo, ricorda che la valutazione sull’applicazione delle misure cautelari deve tenere conto delle specifiche deroghe previste dalla legge, specialmente per reati di particolare allarme sociale come il furto in abitazione. La decisione sottolinea l’importanza della precisione e della tempestività nell’azione difensiva per la tutela dei diritti processuali.

Quando va contestata la mancata traduzione di un’ordinanza cautelare per un imputato che non parla italiano?
La nullità per omessa traduzione di un provvedimento cautelare, quando la mancata conoscenza della lingua italiana è già nota al giudice, deve essere eccepita con l’impugnazione dell’ordinanza applicativa dinanzi al Tribunale del Riesame entro il termine di dieci giorni dalla sua esecuzione o notificazione. Se non viene fatto entro questo termine, la possibilità di far valere il vizio viene preclusa.

È possibile applicare la custodia in carcere se la condanna prevista è inferiore a tre anni?
Generalmente no, ma esistono delle eccezioni. Per alcuni reati specificamente indicati dalla legge, come il furto in abitazione (art. 624 bis c.p.), la legge stessa prevede una deroga. In questi casi, è possibile disporre la custodia cautelare in carcere anche se la pena irrogata con la sentenza è inferiore a tre anni.

La rinuncia alla traduzione scritta degli atti implica anche la rinuncia alla traduzione orale?
No. La sentenza chiarisce che la rinuncia del ricorrente alla traduzione scritta degli atti del procedimento non implica automaticamente la rinuncia anche alla traduzione orale, che rimane un diritto fondamentale per comprendere lo svolgimento del processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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