Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 885 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 885 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di:
NOME nato in Marocco il 4.9.1977, contro la sentenza della Corte di appello di Bologna del 30.9.2022;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Bologna.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 9.2.2021, il Tribunale di Bologna aveva riconosciuto, tra gli altri, e per quanto interessa in questa sede, NOME COGNOME responsabile, in concorso con altri, dei fatti di riciclaggio descritti al capo g) della rubri limitatamente, peraltro, al motociclo targato TARGA_VEICOLO e, ritenuta la ipotesi di cui al terzo comma dell’art. 648-bis cod. pen. e le circostanze attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena finale di anni 1, mesi 9 e giorni 10 di reclusione ed euro 800 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali;
la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza di primo grado, confermata nel resto, ha riqualificato riconducendolo il fatto nella ipotesi di cui all’art. 648 cod. pen. ed ha rideterminato la pena in anni 1 e mesi 4 di reclusione ed euro 400 di multa;
ricorre per cassazione NOME COGNOME tramite il difensore che deduce:
3.1 nullità della sentenza per mancata effettiva conoscenza del procedimento da parte dell’imputato: ribadisce che, nel sistema processuale, l’assenza deve essere frutto di una scelta libera e consapevole e, richiamando la previsione di cui all’art. 420 -quater cod. proc. pen., osserva come non sia sanabile la nullità derivante dalla omessa sospensione del processo; segnala che, nel caso di specie, egli aveva eletto domicilio presso la sua abitazione e nominato un difensore di fiducia poi rinunciante e che, all’esito della declaratoria di irreperibilit le notifiche successive erano state eseguite, ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., presso il difensore di ufficio;
3.2 illogicità della motivazione laddove la Corte non ha considerato la ipotesi di cui al comma secondo dell’art. 648 cod. pen. e, conseguentemente, non ha applicato la causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen.: segnala il carattere apodittico della affermazione relativa all’inserimento del ricorrente in un contesto criminale e, per altro verso, la sua contraddittorietà con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e del beneficio della sospensione condizionale della pena;
la Procura Generale ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, del DL 137 del 2020 concludendo per l’annullamento della sentenza impugnata e la restituzione degli atti alla Corte di appello di Bologna: rileva, infatti la fondatezza del primo motivo del ricorso poiché la sentenza emessa nei confronti dell’irreperibile senza previa sospensione del processo è affetta da nullità assoluta rilevabile in ogni stato e grado del processo; segnala, ad ogni modo, la manifesta infondatezza del secondo motivo del ricorso avendo la Corte d’appello motivato in termini congrui ed esaustivi sulla impossibilità di ricondurre l’episodio nella ipotesi “lieve” di cui al capoverso dell’art. 648 cod. pen.;
5. la difesa del ricorrente ha trasmesso una memoria difensiva in cui ribadisce le proprie ragioni con specifico e puntuale riferimento a quelle poste a sostegno del primo motivo del ricorso.
la difesa del ricorrente ha trasmesso una memoria di replica alle conclusioni del PG concordando con le considerazioni dell’Ufficio e rilevando come, in ogni caso, sia nel frattempo decorso il termine massimo di prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza impugnata va annullata senza rinvio poiché il reato ascritto aV cul’o è estinto per intervenuta prescrizione. 1
A tal fine, deve escludersi che, nel caso di specie, si sia in presenza di un ricorso radicalmente inammissibile, come tale inidoneo a instaurare il rapporto processuale innanzi alla Corte, con conseguente definitività della sentenza impugnata alla data della sua adozione (cfr., Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D. Rv. 217266 – 01).
Si è evidenziato che, anche sotto questo non certo irrilevante profilo, la qualificazione del ricorso come inammissibile perché, ad esempio, “manifestamente” infondato, finisce con l’assumere una decisiva rilevanza e, per questa ragione, la giurisprudenza di questa Corte ha fornito delle linee direttive per chiarire quando si possa ritenere essersi in presenza di una infondatezza “manifesta” e, perciò, di un ricorso inidoneo a fondare un valido rapporto processuale in sede di impugnazione (cfr., in tal senso, Sez. 2, 19.12.2017 n. 9486, COGNOME).
Si è chiarito, infatti, che il ricorso deve ritenersi inammissibile quando sia attinto da una diagnosi di manifesta infondatezza che, nel vigore del codice di rito previgente, si era ritenuta sussistente – ex art. 524, u.c., “… non solo quando sia palesemente erroneo in diritto, ma anche quando affermi, sul fatto, sullo svolgimento del processo, sulla sentenza impugnata, censure o critiche sostanzialmente vuote di significato in quanto manifestamente contrastate dagli atti processuali. Tale è il caso, in particolare, del motivo di ricorso che attribuisca alla motivazione della decisione impugnata un contenuto letterale, logico e critico radicalmente diverso dal contenuto reale” (cfr., in tal senso, Sez. 2, n. 1828 del 21/03/1973, dep. 1974, Rv. 126313); quando, inoltre, “… il motivo di ricorso per cassazione con cui si propone ancora una volta una questione già costantemente decisa dal Supremo collegio in senso opposto a quello sostenuto dal ricorrente …”
(Sez. 2, n. 10871 del 04/07/1975, Rv. 131225 e, in particolare, sotto il vigore del codice previgente, Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D.L. che, in motivazione, chiarirono che l’attributo “manifesta” evoca “… la significazione di palese inconsistenza delle censure” e che la manifesta infondatezza “… si traduce nella proposizione di censure caratterizzate da evidenti errori di diritto nell’interpretazione della norma posta a sostegno del ricorso, il più delle volte contrastata da una giurisprudenza costante e senza addurre motivi nuovi o diversi per sostenere l’opposta tesi, ovvero invocando una norma inesistente nell’ordinamento, solo per indicare le più frequenti ipotesi di applicazione dell’art. 606, comma 3, secondo periodo. Fino a profilare – sul piano funzionale – come costante la pretestuosità del gravame, non importa se conosciuta o no dallo stesso ricorrente”.
La giurisprudenza ha affermato che il giudice di legittimità, ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso, non è chiamato ad una delibazione del tutto discrezionale quanto alla infondatezza (mera o manifesta) dei motivi, ma è tenuto ad operare una valutazione che tenga conto dei motivi che deducano inosservanza od erronea applicazione di leggi e la circostanza che essi risultino, o meno, caratterizzati da evidenti errori di diritto nell’interpretazione della norma posta a sostegno del ricorso; il che, come pure si è detto, accade, ad esempio, nei casi in cui: – si invochi una norma inesistente nell’ordinamento – si pretenda di disconoscere l’esistenza o il senso assolutamente univoco di una determinata disposizione di legge; – si riproponga una questione già costantemente decisa dalla giurisprudenza di legittimità in senso opposto a quello sostenuto dal ricorrente, senza addurre motivi nuovi o diversi per sostenere l’opposta tesi; per altro verso, qualora, con riferimento ai motivi che deducano vizi di motivazione valorizzando la circostanza che essi muovano, o meno, sul fatto, sullo svolgimento del processo o sulla sentenza impugnata, censure o critiche sostanzialmente vuote di significato in quanto manifestamente contrastate dagli atti processuali il che accade, ad esempio, nel caso in cui il motivo di ricorso attribuisca alla motivazione della decisione impugnata un contenuto letterale, logico e critico radicalmente diverso da quello reale. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Tanto premesso, va rilevato, infatti, che il presente ricorso non può ritenersi inammissibile con riguardo, in particolare, al primo motivo, con cui la difesa denunzia ed eccepisce la nullità della sentenza per violazione del disposto di cui all’art. 420-quater cod. proc. pen..
Questa Corte ha più volte affermato che “la sentenza emessa nei confronti dell’imputato irreperibile, nel caso in cui il processo non sia stato sospeso nonostante l’emersione della condizione di irreperibilità, è affetta, ex art. 604,
comma 5-bis, cod. proc. pen., da nullità assoluta, come tale rilevabile in ogni stato e grado del processo; l’applicazione ultrattiva della disciplina della contumacia nei confronti di soggetto irreperibile rende, infatti, inidonea la citazione eseguita presso il difensore, che deve, pertanto, considerarsi sostanzialmente omessa”; che “l’accertamento della irreperibilità dell’imputato avrebbe dovuto condurre, in ossequio alla previsione contenuta nell’art. 420-quater cod. proc. pen., alla sospensione del processo …” a pena di nullità assoluta della sentenza che fosse stata ciò non di meno emessa (cfr., Sez. 2 – , n. 28726 del 31/05/2022, NOME, Rv. 283636 – 01, massimata nel senso che la sentenza emessa nei confronti dell’imputato in fatto irreperibile, nel caso in cui il processo non sia stato sospeso nonostante l’emersione della condizione di irreperibilità, è affetta, ex art. 604, comma 5-bis, cod. proc. pen., da nullità assoluta, come tale rilevabile in ogni stato e grado del processo; conf., tra le non massimate, Sez. 6, n. 31408 del 3.7.2023, Afifi; Sez. 5, n. 16541 del 18.1.2023, Damiano Sez. 2, n. 8370 del 22.11.2022, Sakirov; Sez. 5, n. 48876 del 14.9.2022, PG in proc. COGNOME).
Ne consegue che la doglianza difensiva non può di certo ritenersi “manifestamente” infondata.
Tanto basta per ritenere che, con la proposizione del ricorso, si sia instaurato il rapporto processuale e, correlativamente, il termine di prescrizione abbia continuato a correre sino ad essere, a tutt’oggi, spirato, pur tenendo conto dei 224 di sospensione legati a differimenti dovuti ad impedimenti dell’imputato o del suo difensore ovvero alla emergenza COVID limitatamente, in quest’ultimo caso, a giorni 64 (cfr., sul punto, Sez. U – , n. 5292 del 26/11/2020, Sanna, Rv. 280432 – 0).
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 22.11.2023