Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 36688 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 36688 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a OPPIDO MAMERTINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/03/2025 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
uditi gli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME, entrambi del foro di PALMI, in difesa di COGNOME NOME, che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza di cui in epigrafe, emessa all’esito dell’udienza camerale a trattazione scritta del 6 marzo 2025, la Corte d’appello di Reggio Calabria ha confermato la condanna, all’esito di giudizio abbreviato, di NOME COGNOME per la detenzione a fini di spaccio di ingente quantità di hashish (ex artt. 73 e 80 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, e 99, commi primo e secondo, n. 2, cod. pen).
Nell’interesse dell’imputato sono stati proposti distinti ricorsi dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, fondanti, rispettivamente, su cinque e quattro motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
Con le prime due censure l’AVV_NOTAIO lamenta la violazione dei diritti difensivi.
La prima doglianza deduce che la Corte territoriale non avrebbe considerato la nomina del citato AVV_NOTAIO quale difensore di fiducia intervenuta con atto depositato presso la relativa cancelleria il 5 marzo 2024, come emergerebbe dall’indicazione nel frontespizio della sentenza dei precedenti difensori, cui conseguirebbe un difetto di contraddittorio con conseguente mancata assistenza dell’imputato.
Non sarebbe stata considerata altresì la memoria difensiva dallo stesso difensore depositata nella medesima data, non menzionata dall’impugnata sentenza che, peraltro, non avrebbe preso posizione in merito alle violazioni di legge con essa dedotte (secondo motivo).
3.1. Il terzo motivo deduce violazione di legge e contraddittorietà della motivazione.
Non si rinverrebbe l’iscrizione dell’imputato nel registro degli indagati essendo emerso il suo nominativo solo con l’avviso di cui all’art. 415-bis cod. proc. pen., quale coindagato nel medesimo reato di NOME COGNOME (assolto in primo grado) a carico del quale è stato operato il sequestro dello stupefacente il 20 ottobre 2015.
L’attuale ricorrente sarebbe stato «coinvolto nell’inchiesta» solo con la nota informativa dei Carabinieri del 29 dicembre 2017 fondata su atti d’indagine del 2015.
Il dato non sarebbe trascurabile in considerazione della circostanza per cui ciò avrebbe privato l’attuale ricorrente del diritto di contraddittorio rispetto agl accertamenti tecnici irripetibili eseguiti il 20 gennaio 2016 ex art. 360 cod. proc.
pen. sullo stupefacente sequestrato a carico di NOME COGNOME e integrante la fattispecie di cui in rubrica.
3.2. Per il quarto motivo di ricorso la sentenza (letteralmente) «appare irricevibile anche per l’illogico iter argomentativo seguito per giungere alla affermazione della responsabilità …».
Dagli atti acquisiti al processo in forza del rito abbreviato emergerebbe che al momento del rinvenimento dello stupefacente e nel periodo antecedente l’imputato si trovasse fuori zona per impegni lavorativi, come dichiarato alla polizia giudiziaria della di lui moglie.
Ne conseguirebbero, in tesi difensiva, l’improbabilità e l’inverosimiglianza di quanto invece accertato dai giudici di merito circa la riconducibilità al prevenuto dello stupefacente. Ciò anche in considerazione dell’esperienza giudiziaria circa l’improbabilità che un soggetto detenga stupefacente all’interno di un veicolo a lui riconducibile parcheggiato in un’area anch’essa a lui riconducibile.
In contrasto con la ricostruzione prospettata dalla difesa, la sentenza impugnata avrebbe altresì concluso senza fondamento logico-giuridico nel senso per cui l’imputato sarebbe «soggetto pericoloso ed esperto proclive al delitto».
3.3. Per il qutto motivo la motivazione della sentenza impugnata sarebbe apparente e comunque contraddittoria oltre che manifestamente illogica in ordine alla ritenuta insussistenza delle circostanze attenuanti generiche, all’accertata aggravante dell’ingente quantità e all’operato aumento per la recidiva.
I giudici di merito non avrebbero esplicitato le ragioni sottese all’insussistenza delle dette attenuanti e alla ritenuta pericolosità dell’imputato, considerato incline al delitto e insofferente al rispetto delle regole.
Con il primo motivo del ricorso proposto dall’AVV_NOTAIO si deducono violazione di legge e omessa motivazione in merito alle deduzioni difensive di cui alla memoria depositata il 5 marzo 2025.
Pur dando atto delle conclusioni depositate dal Pubblico Ministero e dell’assenza di una tempestiva richiesta di trattazione orale, la Corte territoriale non avrebbe fatto menzione della citata memoria e non avrebbe affrontato le questioni con essa evidenziate.
Il riferimento è, in particolare, alla nullità dell’accertamento irripetibile sul stupefacente per difetto di contraddittorio, sul quale il ricorrente insiste con il secondo motivo, e alla responsabilità in capo all’imputato, perché ritenuta sulla base di una ricostruzione dei fatti che non avrebbe tenuto in debito conto gli elementi probatori agli atti.
Avrebbe dovuto assumere rilevanza, in tesi difensiva, la circostanza del rinvenimento dello stupefacente all’interno di un furgone non intestato al prevenuto e situato in una zona antistante l’abitazione di NOME COGNOME, ove erano parcheggiate l’auto di quest’ultimo e quella di NOME COGNOME.
La difesa infine ripercorre l’apparato motivazionale sotteso all’accertata responsabilità dell’imputato ritenendolo manifestamente illogico, anche quanto a ricostruzione in fatto e argomentazioni sottese all’accertata attribuibilità dello stupefacente al prevenuto. La difesa argomenta dall’assoluta inconsistenza e irrilevanza degli elementi valorizzati dai giudici e della sostanziale supervalutazione di un unico elemento che, per la difesa, avrebbe valenza neutra: l’essere stato l’imputato avvistato nei luoghi quattro giorni prima del sequestro.
4.1. Come anticipato, la prospettata nullità dell’accertamento irripetibile è altresì dedotta con il secondo motivo, in termini per certi versi sovrapponibili a quelli nei quali si articola il secondo motivo del ricorso proposto dall’AVV_NOTAIO.
L’iscrizione di NOME COGNOME quale indagato sarebbe avvenuta a distanza di tempo dal sequestro eseguito il 20 ottobre 2015 a carico di NOME COGNOME. Essa sarebbe stata operata solo dopo il deposito agli atti del procedimento (il 29 dicembre 2017) di un’annotazione dei Carabinieri avente a oggetto l’avvistamento dell’imputato il 16 ottobre 2015 nel luogo ove insisteva l’automezzo all’interno del quale, quattro giorni dopo, fu rinvenuto lo stupefacente.
Ne sarebbe dunque conseguita, a dire della difesa, la nullità assoluta e insanabile dell’accertamento, deducibile quindi nonostante la celebrazione del giudizio abbreviato.
4.2. Per come sostenuto dalla difesa con il terzo motivo, la nullità dell’accertamento irripetibile avrebbe altresì determinato la violazione dell’art. 80 d.P.R. n. 309 del 1990 per aver la Corte ritenuto sussistente l’ingente quantità sulla scorta degli esiti dei detti accertamenti.
4.3. Il quarto motivo si appunta sull’aumento per la contestata recidiva, che il giudice di primo grado avrebbe erroneamente motivato in termini di «pericolo di recidivanza» (pag. 8 sentenza di primo grado), e sulla ritenuta insussistenza delle attenuanti generiche.
Le dette circostanze sarebbero state escluse dalla sentenza di primo grado solo in ragione dell’assenza di ogni elemento positivo valutabile laddove, a dire del ricorrente, militerebbero in senso contrario le concrete circostanze del reato, la personalità dell’imputato oltre che le sue condizioni personali.
Le parti hanno discusso concludendo nei termini di cui in epigrafe.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di NOME COGNOME, complessivamente considerate le impugnazioni proposte dai difensori, è infondato.
Assume carattere pregiudiziale la dedotta violazione del contraddittorio in appello in relazione all’AVV_NOTAIO (sollevata dal primo motivo del ricorso depositato dal detto difensore), suscettibile di trattazione congiunta con altre doglianze. Il riferimento è alle censure deducenti il mancato confronto con le memorie difensive depositate in secondo grado, prospettanti anche la violazione ex art. 360 cod. proc. pen. e let conseguenzEg della nullità degli accertamenti in merito all’aggravante dell’ingente quantità (motivi secondo, terzo e in parte quinto del ricorso dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME e motivi primo, secondo e terzo del ricorso dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME).
2.1. Dagli atti nei quali si articola il ricorso dell’imputato oltre che dall sentenza impugnata e dagli atti processuali (cui si accede in ragione degli errores dedotti) emerge che il decreto di citazione in appello è stato notificato alle parti processuali per l’udienza del 6 marzo 2025, da celebrarsi con rito cartolare ex art. 23-bis dl. 28 ottobre 2020, n. 137 (conv., con modif., dalla I. 18 dicembre 2020, n. 176).
La Procura generale presso la Corte d’appello ha successivamente depositato conclusioni scritte, la difesa dell’imputato ha chiesto la trattazione orale con istanza ritenuta tardiva e il 5 marzo 2025 l’AVV_NOTAIO ha depositato la propria nomina quale difensore di fiducia. Sempre il giorno antecedente all’udienza del 6 marzo 2025 le difese dell’appellante hanno depositato atti con i quali hanno insistito nell’accoglimento dell’appello argomentandone le ragioni.
2.2. Orbene, la scansione processuale innanzi evidenziata manifesta l’infondatezza della dedotta violazione del contraddittorio nel giudizio d’appello: l’AVV_NOTAIO è stato difatti nominato con atto depositato nella cancelleria del giudice d’appello il giorno prima dell’udienza fissata con il già notificato decreto di citazione in appello, integrante la corretta instaurazione del contraddittorio.
2.3. Consegue altresì l’infondatezza delle censure deducenti la mancata considerazione degli atti difensivi depositati il giorno prima dell’udienza cartolare tenuta il 6 marzo 2025, con i quali i difensori hanno concluso nel senso dell’accoglimento dell’appello, insistendo nei relativi motivi con argomentazioni
deducenti questioni di merito oltre che la violazione del contraddittorio ex art. 360 cod. proc. pen.
Trattasi quindi di memorie integranti conclusioni scritte depositate tardivamente rispetto al termine di cinque giorni antecedenti all’udienza cartolare, previsto dall’art. 23-bis d.l. 137 del 2000. Tardività che esime il giudice dal tenere conto degli atti stessi ai fini della decisione in quanto nel rito a trattazione scritta, caratterizzante il procedimento in oggetto, i termini per il deposito delle conclusioni delle parti, pur in mancanza di espressa indicazione, devono ritenersi perentori, essendo imprescindibilmente funzionali a consentire il corretto svilupparsi del contraddittorio (ex plurímis: Sez. 6, n. 22919 del 24/04/2024, P., Rv. 286664 – 01; Sez. 5, n. 8131 del 24/01/2023. D., Rv. 284369 – 01).
2.4. Plurimi profili d’inammissibilità caratterizzano altresì la dedotta violazione del contraddittorio in merito agli accertamenti eseguiti sulla sostanza stupefacente ex art. 360 cod. proc. pen., per il mancato avviso a NOME COGNOME dovuto alla sua omessa/tardiva iscrizione quale indagato, cui consegue la manifesta infondatezza della censurata violazione dell’art. 80 d.P.R. n. 309 del 1990, in quanto prospettata quale conseguenza della nullità dei detti accertamenti.
2.4.1. La doglianza presenta plurimi profili di intrinseca aspecificità.
Essa è articolata in termini insanabilmente contraddittori laddove si prospetta la violazione del contraddittorio determinata dalla tardiva iscrizione di NOME COGNOME nel registro degli indagati e, contestualmente, dall’omessa iscrizione dello stesso nel medesimo registro.
Il difetto di specificità si manifesta anche in termini di c.d. «autosufficienza». Con riferimento a soggetto nei cui confronti è stato emesso avviso ex art. 415bis cod. proc. pen. cui sono seguiti due gradi di merito, la difesa non ha documentato l’omissione o la tardiva iscrizione ovvero indicato l’atto o il documento processuale dal quale risulterebbe l’una o l’altra.
2.4.2. L’inammissibilità della censura in oggetto fonda infine, in via assorbente, sull’indeducibilità della specifica nullità prospettata dalla difesa in considerazione del rito abbreviato scelto.
Diversamente da quanto dedotto dal ricorrente, l’omissione dell’avviso all’indagato dell’esecuzione degli accertamenti di cui all’art. 360 cod. proc. pen. integra un’ipotesi di nullità di ordine generale a regime intermedio (ex plurimis, Sez. 1, n. 12400, del 05/02/2021, C., Rv. 280980 – 01), sanata dunque dalla richiesta di giudizio abbreviato ex art. 438, comma 6-bis, cod. proc. pen.
Parimenti inammissibili sono tutte le doglianze che si appuntano sull’accertata responsabilità dell’imputato per la fattispecie ascrittagli.
3.1. Trattasi di censure articolate in termini di mera reiterazione dei motivi d’appello (sintetizzati a pag. 4 e s. dell’impugnata sentenza) cui la Corte territoriale (a pag. 5 e ss.) ha risposto con motivazione esente da critiche in quanto congrua, coerente e non manifestamente illogica (ex plurimis: Sez. 4, n. 26319 del 17/06/2025, COGNOME, tra le più recenti, e Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710 – 01).
3.2. A ciò aggiungasi l’inammissibilità ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., in quanto motivi deducenti censure diverse da quelle prospettabili in sede di legittimità (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione si vedano ex plurimis: oltre alla citata Sez. 4, n. 26319 del 17/06/2025; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, COGNOME, Rv. 254584 – 01; si veda altresì Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01, in ordine ai motivi d’appello ma sulla base di principi pertinenti anche al ricorso per cassazione).
Ci si riferisce alle doglianze in fatto, come sintetizzate nei paragrafi 3.2. e 4. della precedente ricostruzione del fatto processuale, con le quali il ricorrente vorrebbe sostituirsi alla valutazione del giudice di merito nell’apprezzamento dei mezzi di prova, peraltro anche esplicitamente richiamando, in sede di legittimità, le argomentazioni di merito di cui alle memorie depositate in appello.
A medesima sorte sono destinate le censure involgenti l’apparato motivazionale sotteso all’esclusione delle circostanze attenuanti generiche e all’operato aumento per la recidiva. Esse non si confrontantano con la ratio decidendi del provvedimento impugnato cui consegue il venire meno in radice dell’unica funzione per la quale è previsto e ammesso il ricorso per cassazione (ex pludmis, oltre ai riferimenti giurisprudenziali da ultimo richiamati, Sez. 4, n. 19364 del 14/03/2024, COGNOME Fazio, Rv. 286468 – 01).
4.1. La Corte territoriale è lungi dall’aver omesso di motivare in merito ai punti cui si riferiscono le doglianze.
Con apparato argomentativo esente da censure in sede di legittimità, in quanto coerente e non manifestamente illogico, i giudici di merito hanno posto a fondamento dell’esclusione delle circostanze attenuanti generiche, quale elemento assorbente, la condotta di vita anteatta dell’imputato in quanto recidivo. La condotta illecita sottesa alla precedente condanna è stata altresì valutata ai fini dell’aumento per la recidiva, in quanto ritenuta dimostrativa di una «concreta e marcata pericolosità» dell’imputato, «insofferente al rispetto delle regole, e di una spiccata inclinazione al delitto … che hanno influito quale spinta criminogena per la commissione del reato in contestazione».
4.2. A quanto innanzi si aggiunge infine l’aspecificità estrinseca delle censure in esame resa manifestata dal quarto motivo del ricorso proposto dall’AVV_NOTAIO. La doglianza non si confronta con la sentenza impugnata bensì con quella di primo grado, nei termini già esplicitati al precedente paragrafo 4.4. della ricostruzione del fatto processuale.
In conclusione, al rigetto del ricorso (articolato nei due atti d’impugnazione proposti nell’interesse dell’imputato) consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deci COGNOME il 2 ottobre 2025
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