Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 41198 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 41198 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 09/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 09/12/1976
avverso la sentenza del 15/11/2023 della CORTE APPELLO di TRIESTE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME nel senso del rigetto del ricorso;
lette le conclusioni della difesa dell’imputato, nel senso dell’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Trieste, con la pronuncia indicata in epigrafe, ha confermato la responsabilità di NOME COGNOME, amministratore delegato di RAGIONE_SOCIALE omissis RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE», esercente attività di trasporto di merci (oltre che deposito e magazzino), in merito alle lesioni personali cagionate per colpa generica e con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, segnatamente per aver messo a disposizione un macchinario idoneo, in offesa di L.C. , lavoratore dipendente di omissis RAGIONE_SOCIALE, consistite nell’amputazione del pollice e nella sub amputazione dell’indice della mano sinistra. È stato invece dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato con riferimento alla fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 71 d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, per essersi il reato estinto per prescrizione.
Avverso la sentenza è stato proposto, nell’interesse dell’imputato, ricorso fondato su sei motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
2.1. Con il primo motivo si deduce l’inosservanza di norme processuali previste a pena di inutilizzabilità, oltre che l’omessa motivazione in merito al motivo d’appello prospettante la detta inosservanza da parte del giudice di primo grado.
Il ricorrente evidenzia che nel giudizio di primo grado è stato escusso NOME COGNOME, legale rappresentante della’ omissis is.r.1.», ex art. 210 cód. proc. pen. e, in particolare, con l’assistenza del difensore, previo avvertimento della facoltà di non rispondere e in assenza dell’impegno di cui all’art. 497, comma 2, cod. proc. pen. Il detto mezzo di prova sarebbe però inutilizzabile per essere stato escusso NOME COGNOME con le formalità e le garanzie previste dall’art. 210 cod. proc. pen., per l’esame del coimputato nel medesimo reato, nonostante soggetto originariamente indagato per le lesioni personali di cui in rubrica ma la cui posizione sarebbe stata archiviata, con conseguente compatibilità a rendere testimonianza. In merito all’evidenziato errore causa di inutilizzabilità del mezzo di prova, dedotto con i motivi d’appello, prosegue sul punto il ricorrente, la Corte territoriale non avrebbe preso posizione pur utilizzando, al pari del giudice di primo grado, le dichiarazioni rese NOME Santelia ai fini della decisione e, in particolare, per fondare dell’accertamento della responsabilità dell’imputato quale utilizzatore del lavoratore infortunato.
2.2. L’errore nella modalità di escussione di NOME COGNOME per il secondo motivo, avrebbe determinato l’erronea valutazione di tutte le altre prove acquisite nel corso dell’istruttoria dibattimentale svolta in primo grado, in quanto
apprezzate come coerenti proprio con quanto emerso dalle dette dichiarazioni, e in particolare delle dichiarazioni rese dall’imputato, sulle quali peraltro la Cort non si sarebbe soffermata, che, a detta del ricorrente, se correttamente valutate e in assenza degli elementi emergenti dal mezzo di prova inutilizzabile avrebbero condotto all’esclusione della sua responsabilità.
2.3. All’accertamento della condotta omissiva di NOME COGNOME quale amministratore delegato di «I omissis I utilizzatore del lavoratore infortunato, e al giudizio circa la rilevanza della stessa condotta nella seriazione causale dell’evento, peraltro, i giudici di merito non sarebbero pervenuti se non avessero utilizzato le inutilizzabili dichiarazione rese da NOME COGNOME (con conseguente contraddittorietà motivazionale sul punto). Per converso, prosegue il terzo motivo di ricorso, gli elementi probatori, in particolare le plurime dichiarazioni testimoniali, tra cui anche quelle rese dai due dipendenti di «RAGIONE_SOCIALE, P .V. e avrebbero condotto a escludere la riconducibilità dell’evento all’imputato, anche in termini soggettivi per la mancata conoscenza dell’esistenza di un’area del capannone in uso alla società da lui amministrata adibita a falegnameria. RAGIONE_SOCIALE
2.4. Dall’utilizzo delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME sarebbe altresì derivato il travisamento di tutti gli altri mezzi di prova assunti, invece sotte all’accertata responsabilità dell’imputato in termini sia oggettivi che soggettivi specificatamente indicati in sede di articolazione dei motivi quarto e quinto di ricorso.
L’inutilizzabilità delle dichiarazioni del legale rappresentante di «Simart peraltro, come si sostiene nel quarto motivo di ricorso, manifesterebbe l’apoditticità della motivazione nella parte in cui la Corte territoriale avrebb affermato la sussistenza in capo all’imputato della consapevolezza dell’adozione da parte della omissis RAGIONE_SOCIALE di procedure non conformi alla normativa in materia di sicurezza sul lavoro. RAGIONE_SOCIALE> ,
Entrambe le sentenze di merito, argomenta sostanzialmente sul punto il quinto motivo di ricorso, peraltro, avrebbero dalle sole inutilizzabili dichiarazion rese da NOME COGNOME tratto l’errato convincimento che le direttive fossero impartite alla persona offesa dall’imputato, e non dal proprio formale datore di lavoro, oltre la consapevolezza in capo a NOME COGNOME delle condizioni lavorative evidenzianti l’omessa gestione del rischio. Ciò evidenzierebbe la contraddittorietà della motivazione e in particolare il travisamento della prova, laddove i giudici di merito «hanno ritenuto sussistente la colpa nonostante l’inconsapevolezza delle modalità esecutive del lavoro risultasse dagli atti di causa»
2.5. Con il sesto motivo di ricorso, infine, si deduce il difetto cumulativo di motivazione in merito alla ritenuta insussistenza delle circostanze attenuanti generiche, avendole escluse i giudici di merito in ragione dell’abituale condizione di insicurezza nella quale i lavoratori erano tenuti a riparare i cassoni in legno, nonostante il corretto comportamento processuale e l’intervenuto risarcimento del danno, circostanze che, se valutare, a dire del ricorrente avrebbero comportato l’accertamento della sussistenza delle circostanze attenuanti in oggetto.
Le parti hanno concluso per iscritto nei termini di cui in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, complessivamente considerato, è infondato.
Come sintetizzato in sede di ricostruzione dei fatti processuali, la Corte d’appello ha confermato la responsabilità di NOME COGNOME amministratore delegato di RAGIONE_SOCIALE omissis RAGIONE_SOCIALE, esercente attività di trasporto di merci (oltre che deposito e magazzino), in merito alle lesioni personali (amputazione di un pollice e sub amputazione di un indice) cagionate per colpa generica e con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul L.C. lavoro (di cui all’art. 71 d.lgs. n. 81 del 2008) in offesa di lavoratore dipendente di omissis NOME (ex dipendente della RAGIONE_SOCIALE omissis RAGIONE_SOCIALE» legalmente amministrata da Giuseppe RAGIONE_SOCIALE). Trattasi di società tra le quali vi era stato un pregresso contratto di appalto, in forza del quale omissis RAGIONE_SOCIALE» eseguiva per la RAGIONE_SOCIALE OmisSis RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE» il materiale trasporto dei beni, e aventi in uso, ciascuna, una autonoma porzione di un capannone (in forza di distinti contratti di locazione conclusi con la società proprietaria), delle qual una, quella utilizzata dalla omissis RAGIONE_SOCIALE, adibita solo a deposito in quanto priv di allacci alla rete elettrica, e l’altra munita di un’area adibita a falegnameria.
2.1. Dai conformi giudizi di merito sono emerse le circostanze del sinistro, qui esposte nella parte non controversa.
Si è trattato di lesioni personali subite dal lavoratore alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE ma di fatto distaccato al momento del sinistro presso « omissis RAGIONE_SOCIALE, al fine di eseguire come avvenuto più volte in precedenza, con altri lavoratori della società da ultimo citata e a ciò deputati, lavori di riparazione d cassoni in legno all’interno del magazzino in uso alla RAGIONE_SOCIALE, ove era stata da tempo allestita, per la riparazione di cassoni, «una sorta di “falegnameria”» mediante l’utilizzo di preesistenti macchinari ivi lasciati dalla
società dante causa della società concedente in locazione le due autonome porzioni di capannone. L’evento si è verificato mentre il lavoratore era intento a eseguire il taglio di un componente in legno mediante una sega circolare presente nella detta falegnameria. Per i giudici di merito, nell’evento si è concretizzato lo specifico rischio che la previsione dell’obbligo di idonea strumentazione era preordinata a gestire. In particolare, all’esito di una valutazione ex ante, l’evento non si sarebbe verificato se il macchinario utilizzato (dismesso dopo il sinistro), già modificato e dotato di un piano inferiore a quello idoneo, fosse stato dotato, come dovuto ai fini della sua idoneità tecnica, di cuffia registrabile sul piano di lavoro e bloccabile all’altezza del pezzo da tagliar e di un dispositivo di guida longitudinale.
2.2. Ricostruiti i fatti nei detti termini, i giudici di merito, per quanto anc rileva in questa sede, hanno ritenuto la responsabilità dell’imputato, cui spettava, nella qualità innanzi indicata, la gestione del rischio del quale l’evento è stata concretizzazione, per le lesioni personali occorse a I L.C. lavoratore dipendente di RAGIONE_SOCIALE omissis RAGIONE_SOCIALE, sostanzialmente fornitrice di manodopera in favore di «RAGIONE_SOCIALE, per colpa generica e specifica, in particolare per aver messo a disposizione il macchinario inidoneo.
Orbene, è infondato il primo motivo di ricorso con il quale si deduce l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME
3.1. Dalla sentenza impugnata nonché dai verbali d’udienza, allegati al ricorso per ragioni di autosufficienza ed esaminabili dalla Suprema Corte in ragione del vizio dedotto, emerge che NOME COGNOME è stato escusso con le forme di cui all’art. 210, cod. proc. pen., quale imputato in un procedimento connesso a norma dell’art. 12, lett. a, cod. proc. pen., quindi con l’assistenza di un difensore, con l’avvertimento della facoltà di non rispondere e senza impegnarsi ex art. 497 cod. proc. pen., «in quanto potenzialmente indagabile per l’infortunio avvenuto ai danni di un dipendente della RAGIONE_SOCIALE da lui rappresentata …». Ne consegue l’error in procedendo denunciato con il presente ricorso, già dedotto con i motivi d’appello, in ragione dell’assenza di una causa d’incompatibilità ad assumere la funzione di testimone, non identificabile nella mera astratta e potenziale indagabilità del dichiarando così come non derivante dall’intervenuta archiviazione della relativa posizione (ex plurimis, quanto alla compatibilità con l’ufficio di testimone di soggetto già indagato ma con posizione archiviata: Sez. U, n. 12067 del 17/12/2009, dep. 2010, COGNOME, Rv. 246376 – 01, e, tra le più recenti, Sez. 6, n. 34562 del 07/07/2021, COGNOME, Rv. 281982 – 01).
3.2. Fermo restando il descritto error in procedendo, non si versa in ipotesi d’inutilizzabilità. Trattasi di fattispecie assimilabile all’assunzione di una pro testimoniale con modalità differenti da quelle prescritte e non di prova acquisita in violazione di divieti stabiliti dalla legge, per cui è invece prevista la sanzio dell’inutilizzabilità ex art. 191 cod. proc. pen.
Si versa difatti nell’ipotesi in cui un soggetto, in posizione di no incompatibilità con la prova testimoniale, è stato escusso con l’assistenza del difensore, non integrando ciò un divieto probatorio ai sensi dell’art. 191 cod. proc. pen. (né ipotesi di nullità testuale della deposizione che, ex art. 497, comma 3, cod. proc. pen., è prevista solo quale conseguenza dell’inosservanza delle disposizioni di cui al comma 2 dello stesso citato articolo).
Avvertito della facoltà di non rispondere, il soggetto escusso ha reso dichiarazioni senza pronunciare la formula d’impegno di cui all’art. 497, comma 2, c.p.p. Ciò non integra violazione dello specifico divieto probatorio di cui all’ar 198, comma 2, c.p.p., e quindi della relativa garanzia sostanziale posta alla base del divieto di essere obbligato a deporre su fatti dai quali potrebbe emergere una sua responsabilità penale; divieto che, se violato, avrebbe invece reso la deposizione inutilizzabile (in ragione della relativa inutilizzabilità testuale di cui citato art. 198, comma 2, cod. proc. pen.).
La mancata pronuncia della formula d’impegno, difatti, non caratterizza la prova come essere stata assunta in violazione di un divieto probatorio ma, in ragione del principio di tassatività delle nullità (art. 177 c.p.p.), per espress disposizione dell’art. 497, comma 3, c.p.p., integra una nullità (testuale) relativa che, ai sensi dell’art. 182, comma 2, cod. proc. pen., deve essere eccepita, diversamente da quanto avvenuto nella specie, dalla parte che assiste al compimento dell’atto prima che l’esame abbia inizio (Sez. 5, n. 44860 del 07/09/2015, COGNOME, Rv. 265686 – 01; si vedano altresì, ex plurimis: Sez. 6, n. 45696 del 27/11/2008, COGNOME, Rv. 241661 – 01, e Sez. 6, n. 8656 dell’11/07/1996, Dato, Rv. 205961 – 01; trattasi peraltro di nullità che, diversamente da quanto avvenuto nella specie, può essere immediatamente eccepita anche dal difensore del soggetto escusso, in quanto la previsione dell’art. 182, comma 2, cod. proc. pen. fa riferimento non alla parte processuale bensì alla parte di un atto, qual è il soggetto escusso, in tal senso si veda Sez. 6, n. 41260 dell’11/09/2019, COGNOME, Rv. 277284 – 01, che, in fattispecie di mancato invito al teste a rendere la dichiarazione sacramentale di cui all’art. 497, comma 2, cod. proc. pen., in ipotesi di testimonianza assistita, ha ritenuto trattarsi di nullità relativa immediatamente eccepibile anche dal difensore del testimone, in quanto la previsione dell’art. 182, comma 2, cod. proc. pen. fa
riferimento non alla parte processuale, ma alla parte di un atto, qual è il teste assistito nel corso della sua escussione).
3.3. In forza di quanto innanzi trova dunque applicazione anche nella specie, poiché risolventesi in una mera ipotesi di assunzione di una prova senza l’osservanza delle formalità prescritte, il pacifico principio di diritto per cu sanzione dell’inutilizzabilità prevista in via generale dall’art. 191 cod. proc. pen si riferisce alle prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge e no quelle la cui assunzione, pur consentita, sia avvenuta senza l’osservanza delle formalità prescritte, trovando in ipotesi applicazione, in tale ultimo caso, l disciplina delle nullità processuali, sempre che tale sanzione sia prevista con riferimento alla singola violazione in base al principio di tassatività delle null sancito dall’art. 177 cod. proc. pen. (ex plurimis: Sez. 2, n. 9494 del 07/02/2018, COGNOME, Rv. 272348 – 01, la quale ha escluso l’inutilizzabilità dell’esito dell’esame dell’indagato sentito inizialmente come persona informata dei fatti, nonostante fosse stato iscritto nel registro degli indagati il gio precedente, considerata la presenza e assistenza di difensore d’ufficio e l’immediato e successivo avviso dato allo stesso della facoltà di non rispondere; Sez. 3, n. 52435 del 03/10/2017, M., Rv. 271883 – 01, per la quale la violazione delle regole per l’esame dibattimentale del testimone e, in particolare, di quella secondo cui l’esame deve svolgersi mediante domande su fatti specifici, di cui all’art. 499, comma 1, cod. proc. pen., non dà luogo né alla sanzione di inutilizzabilità, poiché si tratta di prova assunta non in violazione di divieti po dalla legge, ma con modalità diverse da quelle prescritte, né a una ipotesi di nullità, non essendo la fattispecie riconducibile ad alcuna delle previsioni delineate dall’art. 178 cod. proc. pen. – Fattispecie in cui l’esame di un testimone nelle forme dell’incidente probatorio era stato effettuato mediante la semplice richiesta di conferma delle dichiarazioni già rese in sede di sommarie informazioni alla polizia giudiziaria -; Sez. 6, n. 3460 del 13/0271998, Mago, Rv. 210089 – 01, con particolare riferimento all’assunzione di testimonianza senza l’osservanza delle prescritte formalità). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
GLYPH Dall’infondatezza GLYPH della GLYPH censura GLYPH deducente GLYPH l’inutilizzabilità GLYPH delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME deriva l’inammissibilità dei motivi di ricorso dal secondo al quinto, in quanto, come analiticamente evidenziato in sede di esposizione del fatto processuale, tutti strutturalmente fondanti sul presupposto dell’inutilizzabilità delle dette dichiarazioni.
4.1. Trattasi comunque di censure caratterizzate anche da altri profili d’inammissibilità, in primo luogo in quanto, come emerge dal raffronto con i
motivi d’appello (dettagliati a pag. 3 e ss. della sentenza impugnata), si fondano su doglianze che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte territoriale (pag. 5 e ss..), dovendosi quindi le stesse considerare non specifiche ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere alla tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (ex plurimis: tra le più recenti, Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, COGNOME; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710 – 01).
4.2. A ciò deve aggiungersi l’ulteriore profilo d’inammissibilità ex art. 606, comma 3, cod. proc. pen. sostanziandosi le censure in motivi diversi da quelli prospettabili in sede di legittimità (sul contenuto essenziale dell’att d’impugnazione si vedano ex plurimis: Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, COGNOME, cit., tra le più recenti; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, COGNOME, Rv. 254584 01; si veda altresì Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01, in ordine ai motivi d’appello ma sulla base di principi pertinenti anche al ricorso per cassazione).
Come emerge dall’esplicitazione dei motivi in sede di ricostruzione del fatto processuale (paragrafi dal n. 2.2. al n. 2.4 del «Ritenuto in Fatto»), le censure si sostanziano difatti in mere doglianze in fatto, con le quali si prospettano anche erronee valutazioni probatorie del giudice di merito in ordine agli elementi emergenti dalle assunte deposizioni, anche laddove (con il quarto motivo) formalmente dedotte ìn termini dì travisamento del mezzo di prova ma concretamente dirette a trarre un diverso significato delle dichiarazioni e non attinenti al relativo significante.
4.3. Le censure in esame, peraltro, ove non volte a sostituire proprie valutazioni anche di natura probatoria a quelle dei giudici di merito, sono inammissibili in ragione del mancato confronto con la ratio decidendi sottesa alla sentenza impugnata (per l’inammissibilità del motivo di ricorso che non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso, ex plurimis: Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, COGNOME, cit., tra le più recenti; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, cit.).
I giudici di merito, tanto di primo quanto di secondo grado, difatti, diversamente da quanto dedotto in ricorso, sono lungi dal non aver considerato le dichiarazioni rese dall’imputato, su cui si fondano peraltro le difese nei gradi di merito, invece valutate al pari delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME dalla persona offesa e dagli altri lavoratori escussi (NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE) ai fini dell’accertamento della situazione di contesto dell’infortunio, dei rapport tra le due società e della mancata gestione del rischio da parte del prevenuto con
riferimento al
GLYPH
settore falegnameria,
GLYPH
a GLYPH
cui GLYPH
era NOME
sostanzialmente e continuativamente adibita parte del capannone in uso alla società della qu
NOME COGNOME era amministratore delegato.
4.4. Il ricorrente non confronta il suo dire con la motivazione della sent impugnata anche con il sesto motivo di ricorso, con il quale, comunque mirand
a sostituire proprie valutazioni in fatto a quelle del giudice di merito, si l’apparato motivazionale sotteso alla ritenuta insussistenza delle circos
attenuanti generiche.
Diversamente da quanto dedotto, difatti, con motivazione non sindacabile i sede di legittimità in quanto coerente e non manifestamente illogica, sono s
ritenute insussistenti le dette circostanze dai giudici di entrambi i gradi di considerando elemento negativo determinante, in quanto preponderante rispetto
alle circostanze addotte dalla difesa in senso contrario, il particolare grad colpa, per l’abituale condizione lavorativa caratterizzata da mancata applicaz
delle regole antinfortunistiche, e l’intervenuto risarcimento del danno è
considerato ai fini dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 6, cod. pen. (gi sussistente da giudice di primo grado).
5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamen delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedime dovranno essere omesse le generalità e gli altri dati identificativi della p offesa, a norma dell’art. 52, comma 2, d.lgs. n. 196 del 2003.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali. Dispone che in caso di diffusione del provvedimento venga omessa la indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi della person ai sensi dell’art. 52, co. 2 d.lgs. n. 196/2003.
Così deciso il 9 luglio 2024
DEPOSITATO N CANCEu t rir
Il chnsigliere estensore
NOME
Dovere