Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 1209 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 1209 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/09/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a SOMMA VESUVIANA il 19/09/1969
avverso la sentenza del 16/01/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME il quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 16 gennaio 2023, la Corte di appello di Napoli ha confermato quella con cui, il 17 luglio 2020, il Tribunale di Noia ha dichiarato NOME COGNOME colpevole del reato di cui all’art. 4 legge 18 aprile 1975, n. 110, e lo ha condannato alla pena di sei mesi di arresto e 1.500 euro di ammenda, oltre che al pagamento delle spese processuali.
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’avv. NOME COGNOME ricorso per cassazione affidato a due motivi, con il primo dei quali deduce violazione della legge processuale sul rilievo che la Corte di appello ha disposto il rinvio al 16 gennaio 2023 dell’udienza di trattazione dell’impugnazione, originariamente fissata per il 23 dicembre 2022, senza dichiarare – previa verifica della regolarità della citazione – la sua assenza né avvisarlo del differimento.
Eccepisce che, in tal modo, si è prodotta una nullità assoluta ed insanabile che si è comunicata a tutta la successiva attività processuale, ivi compresa la sentenza impugnata, emessa in violazione del suo diritto di partecipazione e difesa.
Con il secondo motivo, COGNOME lamenta violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte di appello disatteso la richiesta di esclusione della punibilità ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen. in spregio ai canoni ermeneutici che governano l’istituto e trascurando, in particolare, l’episodicità e la modesta offensività del comportamento illecito.
Disposta la trattazione scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, il Procuratore generale ha chiesto, il 6 settembre 2023, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Per quanto concerne il primo motivo, va premesso che è pacifico, in fatto:
che, avendo NOME COGNOME già assente in primo grado, proposto appello avverso la sentenza di condanna emessa a suo carico, in assenza, dal Tribunale di Noia, la Corte di appello di Napoli ha fissato, per la trattazione, in presenza, dell’impugnazione, l’udienza del 23 dicembre 2022, nella quale, come risulta dal
relativo verbale, ha dato atto che l’imputato, quantunque regolarmente citato, non era comparso;
che, in quell’occasione, la Corte di appello non ha formalmente dichiarato l’assenza di Angri né dato atto di tale condizione ed ha differito la trattazione del processo, per ragioni organizzative, all’udienza del 16 gennaio 2023, nella quale si è dato atto dell’assenza dell’appellante.
2.1. Sostiene, al riguardo, il ricorrente: che dall’omessa declaratoria, all’udienza del 23 dicembre 2022, della sua assenza discende l’incompletezza degli adempimenti volti alla rituale instaurazione, nei suoi confronti, del contraddittorio processuale; che sarebbe stato, pertanto, necessario che egli, non potendo essere considerato, tecnicamente, assente, ricevesse nuovo avviso; che l’omissione di tale adempimento ha determinato una nullità assoluta, insanabile e rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento ai sensi degli artt. 178, lett. c), e 179, comma 1, cod. proc. pen..
2.2. La censura non coglie nel segno, perché imperniata su un presupposto che, a ben vedere, si rivela, sotto plurimi, concorrenti aspetti, fallace.
In proposito, rileva, innanzitutto, la circostanza che COGNOME, già nel primo grado di giudizio, era stato assente, onde l’espressa indicazione, a verbale, della regolarità della citazione e dell’omessa comparizione dell’imputato equivale ad attestazione della persistenza dello status processuale già riconosciutogli dal Tribunale.
A fronte, poi, dell’obiezione imperniata sul testo dell’art. 420-bis, comma 1, cod. proc. pen., che prevede che il giudice, constatata la regolarità della citazione dell’imputato, ne dichiara l’assenza, adempimento che, nel caso di specie, non risulta essere stato espressamente compiuto, deve replicarsi che la segnalata omissione ha, al più, prodotto una nullità a regime intermedio, da intendersi sanata perché non dedotta alla successiva udienza del 16 gennaio 2023.
Univoche sono le indicazioni che si traggono, al riguardo, dall’orientamento interpretativo formatosi nella vigenza dell’istituto della contumacia, senz’altro mutuabili in relazione all’assenza, in entrambi i casi essendo contemplata dall’art. 420-bis, comma 1, cod. proc. pen., oggi, dall’art. 420-quater, comma 1, cod. proc. pen., in passato – l’adozione di un provvedimento dichiarativo, previa constatazione della sussistenza delle condizioni di legge, dell’assenza o, rispettivamente, della contumacia.
Sul punto, la giurisprudenza di legittimità, superando il diverso indirizzo espresso, tra le altre, da Sez. 5, n. 45127 del 28/05/2013, COGNOME, Rv. 257557 – 01, ha affermato che «All’imputato non comparso senza allegare alcun legittimo impedimento, quando non ne sia dichiarata la contumacia, deve essere
necessariamente comunicato il rinvio dell’udienza, non potendo egli ritenersi rappresentato dal difensore ex art. 420 quater, comma secondo, cod. proc. pen., tuttavia l’omissione dell’avviso, non integrando un’ipotesi di mancata citazione dell’imputato, determina una nullità di ordine generale e a regime intermedio, che deve essere eccepita nella prima occasione processuale utile dal difensore» (Sez. 4, n. 24955 del 26/04/2017, COGNOME, Rv. 269948 – 01; Sez. 1, n. 18147 del 02/04/2014, Messina, Rv. 261995 – 01; Sez. 5, n. 12182 del 07/06/2013, dep. 2014, Santorsola, Rv. 262736 – 01).
In tal modo, è stato consacrato un principio che, mutatis mutandis, deve essere applicato anche qualora, come in concreto accaduto nella fattispecie in esame, l’imputato, raggiunto da rituale notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello, non sia comparso senza addurre alcun legittimo impedimento ed il giudice procedente abbia, tuttavia omesso di dichiarare l’assenza o di darne atto.
Al cospetto di detti presupposti, sarebbe stato onere dell’imputato o del suo difensore proporre specifica eccezione alla prima occasione utile, pena la sanatoria del vizio che, nella fattispecie, si è prodotta perché, alla successiva udienza del 16 gennaio 2023, il difensore di fiducia dell’imputato, pur presente, nulla ha dedotto in ordine alla nullità eventualmente verificatisi.
Parimenti prive di prego sono le doglianze compendiate nel secondo ed ultimo motivo di ricorso.
I giudici di merito hanno, infatti, indicato le ragioni ostative all’applicazion della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen., connesse alle modalità oggettivamente rischiose della condotta accertata (Angri è stato sorpreso all’interno di un complesso residenziale. nella disponibilità di un manganello telescopico, cioè di una sorta di sfollagente, che egli custodiva nella tasca interna del giubbotto e del quale avrebbe potuto, pertanto, agevolmente servirsi in funzione lesiva), rese ancor più pericolose dalla personalità dell’imputato, gravato da plurimi precedenti penali e, in ultimo, al complessivo disvalore fattuale e giuridico della vicenda.
Il ricorrente, per contro, svolge contestazioni di tangibile fragilità, che attengono all’astratta riconoscibilità del beneficio, consentita dalla non abitualità del comportamento, e formula obiezioni che non tengono conto delle caratteristiche dell’istituto evocato e, precipuamente, dell’interpretazione che ne ha fornito la giurisprudenza di legittimità – rispetto alla quale la decisione impugnata si pone in linea di coerente continuità – secondo cui:
nell’interpretazione dell’istituto della non punibilità per particolare tenuit del fatto il giudice di merito, chiamato a pronunziarsi sulla relativa richiesta, è
tenuto a fornire adeguata motivazione del suo convincimento, frutto della valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, compiuta utilizzando quali parametri di riferimento i criteri previst dall’art. 133, comma 1, cod. pen. – modalità della condotta, grado di colpevolezza da esse desumibile ed entità del danno o del pericolo – e, specificamente, indicando quelli ritenuti all’uopo rilevanti (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590; Sez. 2, n. 37834 del 02/12/2020, COGNOME, Rv. 280466 – 01; Sez. 6, n. 5107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647);
in caso di diniego della causa di non punibilità, il prescritto oner motivazionale deve intendersi, peraltro, soddisfatto anche qualora il giudice, pur non dedicando alla questione apposite ed espresse considerazioni, abbia comunque qualificato la condotta dell’agente in termini tali da escludere impliciter che il fatto possa essere ritenuto particolarmente tenue (Sez. 5, n. 24780 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 27003; Sez. 3, n. 48317 del 11/10/2016, COGNOME, Rv. 268499).
Dal rigetto del ricorso discende la condanna di COGNOME al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616, comma 1, primo periodo, cod. proc. pen..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 22/09/2023.