Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 39481 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 39481 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
L.D.
ICOGNOME nato a
omissis
avverso la sentenza del 16/11/2023 della Corte di appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sost Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto de ricorso;
lette per le parti civili le conclusioni scritte dell’avv. NOME COGNOME concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità o il rigetto del rico con liquidazione delle spese legali;
lette per l’imputato le conclusioni scritte dell’avv. NOME COGNOME concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 16/11/2023, la Corte di appello di Milano confermava la
sentenza emessa in data 12.05.2022 dal Tribunale di Milano, con la quale L.D. , all’esito di giudizio ordinario, era stato dichiarato responsabile del reato di cui agli artt. 81, 609-quater n, 2 e ultimo comma cod.pen., commesso in danno della figlia minore, e condannato alla pena di anni nove di reclusione nonché al risarcimento dei danni in favore delle parti civili con liquidazione di provvisionale.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia articolando quattro motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce violazione degli artt. 419, commi 1 e 7 e 179 cod.proc.pen. per omessa notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare.
Argomenta che la Corte di appello aveva disatteso l’eccezione di nullità sull’errato presupposto che l’omessa notifica all’imputato dell’avviso di cui all’art. 419 cod.proc.pen. costituisca un’ipotesi nullità relativa, mentre secondo il dictum delle Sezioni Unite Ferrara ci si trova di fronte ad una nullità assoluta rilevante ex art 179 cod.pros.pen.; nella specie, la mancata alle azione della richiesta di rinvio a giudizio eD’avviso di fissazione dell’udienza erilerdWI rnon aveva consentito la conoscenza effettiva dell’atto ed anche tale omissione era riconducibile all’omessa notifica all’imputato dell’avviso, costituente nullità assoluta.
Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 196, comma 2, cod.proc.pen.
Argomenta che la Corte di appello aveva disposto accertamenti peritali sull’attendibilità della persona offesa, in violazione dell’art. 196, comma 2 cod.proc.pen. ,che limita l’accertamento peritale alla sola idoneità fisica e mentale del teste; rimarca che la valutazione di attendibilità è compito esclusivo del giudice e che, inoltre, il perito nominato si era avvalso di discutibile metodo scientifico (S.V.A.), applicato anche in maniera erronea; da tanto discendeva l’inutilizzabilità delle risultanze della disposta perizia.
Con il terzo motivo deduce violazione degli artt. 191 e 526 cod.proc.pen.
Argomenta che la Corte di appello si era avvalsa di documento (relazione UONPIA) non acquisito al fascicolo del dibattimento, utilizzandolo non solo ai fini della liquidazione del danno in favore della parte civile ma anche in punto di attendibilità e credibilità della persona offesa.
Con il quarto motivo deduce violazione degli artt. 499, commi 2 e 3 cod.proc.pen. con riferimento al metodo di conduzione dell’intervista della persona offesa da parte della P.G. e dell’esame della stessa da parte del giudice.
Lamenta che sia in sede di audizione protetta che in sede di esame dibattimentale, erano state poste alla persona offesa domande nocive e domande suggestive che avevano reso le dichiarazioni non genuine e poco attendibili.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
3. Il PG ha depositato requisitoria scritta; i difensori dell’imputato e delle part civili hanno depositato memoria con conclusioni scritte
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo di ricorso è infondato.
Va, innanzitutto rilevato che il ricorrente ha fatto riferimento alla mancata allegazione della richiesta di rinvio a giudizio all’avviso di fissazione dell’udienz preliminare, senza allegare al ricorso l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare in questione. Orbene costituisce principio consolidato della giurisprudenza di legittimità che la parte che deduce la nullità di un atto processuale, che non faccia parte del fascicolo trasmesso al giudice di legittimità, ha l’onere di indicare specificamente gli atti sui quali l’eccezione si fonda e di allegare tali atti, in spec quando si tratti di atti che non transitano nel fascicolo del dibattimento, come quelli concernenti l’udienza preliminare, che vengono inseriti a norma dell’art. 433 cod. proc. pen. nel fascicolo del pubblico ministero ( cfr Sez. 6, n. 37074 del 2020, in motivazione).
In disparte tale profilo di inammissibilità, la doglianza difensiva con cui si deduce che, contrariamente a quanto ritenuto dai Giudici di appello, la mancata allegazione della richiesta di rinvio a giudizio all’avviso di fissazione dell’udienz preliminare costituisca nullità assoluta ed insanabile, rilevabile d’ufficio in ogn stato e grado del procedimento, è comunque, infondata.
L’art. 419, comma 1, cod. proc. pen. stabilisce, infatti, che nei confronti del solo imputato – tralasciando la persona offesa che qui non rileva – sia notificata, oltre all’avviso dell’udienza con le coordinate di tempo e di luogo, la richiesta di rinvio a giudizio con l’avvertimento delle conseguenze della mancata comparizione, mentre per il difensore, il comma 2 dello stesso articolo disciplina adempimenti differenti, non essendo previste né l’allegazione della richiesta di rinvio a giudizio, né l’avvertimento delle conseguenze della mancata comparizione dell’imputato, ma soltanto i diversi avvertimenti della facoltà di prendere visione degli atti e di presentare memorie e produrre documenti.
Le disposizioni concernenti gli avvisi di fissazione dell’udienza preliminare e la loro notificazione dettate nei commi 1 e 4 dell’art. 419 cod. proc. pen., sono previste a pena di nullità dall’ultimo comma del medesimo articolo. In particolare, la sanzione processuale è prevista con riguardo sia alla fattispecie di vera e propria omissione degli avvisi destinati all’imputato o alla persona offesa o della loro notificazione, e sia con riguardo a quella della mancata o insufficiente indicazione nell’avviso delle complete coordinate spazio-temporali della celebranda udienza ovvero dell’omissione degli altri contenuti necessari dell’avviso, ovvero alla intempestività dell’avviso.
Trattasi di nullità speciali, non definite specificamente assolute dalla norma e soggette a regimi diversi in relazione alla natura e finalità della prescrizione violata.
Questa Corte ha affermato che Ichns la nullità prevista dall’art. 419, comma settimo, cod. proc. pen. con riferimento dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare non contenente l’avvertimento all’imputato circa le conseguenze della mancata comparizione ha natura relativa (Sez. 1, n. 26012 del 04/06/2003, Rv. 227379 – 01, richiamata in motivazione da Sez. 6, n. 37074 del 2020, non mass.) e che l’omessa notifica alla persona offesa dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare non determina una nullità assoluta ed insanabile, ma una nullità a regime intermedio ai sensi dell’art. 180 cod. proc. pen., deducibile, pertanto, fino alla deliberazione della sentenza di primo grado (Sez. 3, n. 51076 del 26/09/2017, Rv.271803 – 01).
Per quanto qui rileva, deve distinguersi l’ipotesi dell’avviso destinato all’imputato del tutto mancante da quella dell’avviso destinato all’imputato privo di alcuno dei contenuti necessari o intempestivo.
Le Sezioni Unite hanno affermato che l’omessa notifica all’imputato dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare configura un’ipotesi di nullità assoluta ed insanabile, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, equiparabile all’omessa citazione dell’imputato, essendo riferita la sanzione processuale di cui all’art. 179 cod. proc. pen.. non già alla sola citazione in giudizio in senso stretto, ma anche a quell’insieme di adempimenti che consente all’imputato, all’indagato o al condannato di partecipare ad una fase processuale che si conclude con una decisione (Sez. U, n. 7697 del 24/11/2016, dep.17/02/2017,Rv. 269027 – 01; Sez. U, n. 35358 del 09/07/2003, Rv. 225361 – 01).
Ritiene il Collegio che, diversamente, la nullità derivante dall’omessa notificazione all’imputato della richiesta di rinvio a giudizio, integrando una violazione del contenuto necessario dell’avviso, si configuri come nullità a regime intermedio ai sensi dell’art. 178 lett. c) cod.proc. pen. afferendo all’intervento
dell’imputato, quale partecipazione cosciente ed effettiva dello stesso, il cui regime è disciplinato dall’art. 180 cod.proc.pen.
L’art. 180 cod.proc.pen. detta un chiaro regime per le nullità di ordine generale che non siano nullità assolute, ovvero non siano le nullità disciplinate dall’art. 179 cod.proc.pen., disponendo che le nullità previste dall’art. 178 sono rilevate anche d’ufficio, ma non possono più essere rilevate nè dedotte dopo la deliberazione della sentenza di primo grado; nella specie, l’eccezione è stata tardivamente sollevata dal difensore dell’imputato solo nel giudizio di secondo grado.
Il secondo, il terzo ed il quarto motivo, tutti afferenti alla valutazione d attendibilità della persona offesa, sono manifestamente infondati.
Va osservato che il Giudice può trarre il proprio convincimento circa la responsabilità penale anche dalle sole dichiarazioni rese dalla persona offesa, sempre che sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità, senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui all’art. 192, commi 3 e 4, cod.proc.pen., che richiedono la presenza di riscontri esterni (cfr., Sez U, n.41461 del 19/07/2012, Rv.253214; Sez.5, n. 1666 del 08/07/2014; Sez. 1, n. 29372 del 27/7/2010, COGNOME, Rv. 248016) e che, qualora risulti opportuna l’acquisizione di riscontri estrinseci, questi possono consistere in qualsiasi elemento idoneo a escludere l’intento calunniatorio del dichiarante, non dovendo risolversi in autonome prove del fatto, né assistere ogni segmento della narrazione, posto che la loro funzione è sostanzialmente quella di asseverare esclusivamente ed in via generale la sua credibilità soggettiva (Cfr. Sez.5, n. 21135 del 26/03/2019, Rv. 275312 – 01).
Ed è acquisizione pacifica che la valutazione circa l’attendibilità della persona offesa involge un’indagine positiva sulla credibilità soggettiva del dichiarante e sulla attendibilità intrinseca del racconto, che si connota quale giudizio di tipo fattuale, ossia di merito, in quanto attiene al modo di essere della persona escussa; tale giudizio può essere effettuato solo attraverso la dialettica dibattimentale, mentre è precluso in sede di legittimità quando il giudice del merito abbia fornito una spiegazione plausibile della sua analisi probatoria (Cfr. Sez.2, n.7667 del 29/01/2015, Rv.262575; Sez. 3, n. 8382 del 22/01/2008, Rv. 239342; Sez. 3, n. 41282 del 05/10/2006, Rv. 235578).
Nella specie, i Giudici di appello hanno confermato l’affermazione di responsabilità dell’imputato per il reato contestato, con argomentazioni congrue e non manifestamente illogiche, richiamando la ricostruzione in fatto e le valutazioni del primo giudice fondate sulle dichiarazioni rese dalla persona offesa, ritenuta pienamente attendibile e il cui narrato accusatorio trovava anche riscontri oggettivi
nelle ulteriori risultanze istruttorie acquisite (pp. 11 e 12 della sentenza impugnata).
La motivazione è adeguata e non manifestamente illogica ed in linea con i principi di diritto suesposti e si sottrae, pertanto, al sindacato di legittimità.
Del tutto destituita di fondamento è la censura difensiva secondo cui la Corte di appello avrebbe disposto accertamenti peritali per valutare l’attendibilità della persona offesa.
I Giudici di appello hanno correttamente valutato in senso positivo la attendibilità della persona offesa, esaminando le dichiarazioni rese dalla persona offesa, nelle diverse sedi processuali in cui venivano rese, ed evidenziandone la linearità, precisione e coerenza, rimarcando l’assenza di intenti di rivalsa o risentimento nei confronti dell’imputato ed esaminando e confutando le censure difensive; le dichiarazioni testimoniali rese dalla dott.ssa COGNOME in dibattimento, psicologa dell’età evolutiva, non sono state richiamate dai Giudici di appello ai fini della valutazione di attendibilità della persona offesa nè sono state rilevanti al predetto fine, ma solo evidenziate quale riscontro oggettivo alla già valutata attendibilità della persona offesa.
Del pari destituita di fondamento è la doglianza con la quale si lamenta che i Giudici di appello avrebbero utilizzato ai fini della valutazione di attendibilità dell persona offesa e della liquidazione del danno in favore della parte civile un documento (relazione UONPIA) non acquisito al fascicolo del dibattimento.
Non solo il ricorrente non ha allegato il documento in questione e comprovato la mancata inclusione nel fascicolo del dibattimento, ma dalla stessa lettura della sentenza impugnata emerge che il contenuto del documento in questione era stato menzionato dalla teste dott.ssa COGNOME in sede di escussione dibattimentale con riferimento al danno subito dalla persona offesa e, soprattutto, che i Giudici di appello avevano, comunque, dato rilievo decisivo, ai fini della liquidazione del predetto danno, alle dichiarazioni rese dalla persona offesa (che aveva dichiarato di aver sofferto nel periodo degli abusi di disturbi di varia natura).
Infine, quanto alle censure relative alle modalità di assunzione delle dichiarazioni rese dalla persona, prima in sede di audizione protetta e poi in dibattimento, deve rilevarsene l’inammissibilità e la manifesta infondatezza.
Va, innanzitutto, evidenziato che il divieto di porre domande suggestive di cui all’art. 499 cod. proc. pen. non si applica alle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari dalla persona informata sui fatti, in quanto la norma riguarda il dibattimento e non le indagini preliminari (Sez.3, n. 11450 del 06/11/2018, Rv.275156 – 02).
Va, poi, osservato che, secondo l’orientamento costante di questa Corte, in tema di esame testimoniale, la violazione del divieto di porre domande suggestive
non comporta né l’inutilizzabilità né la nullità della deposizione, non essendo prevista una tale sanzione dall’art. 499, comma 3, cod. proc. pen., né potendo la stessa essere desunta dalle previsioni contenute nell’art. 178 cod. proc. pen.; la domanda suggestiva può compromettere la genuinità della dichiarazione ove abbia inciso sul risultato della prova in maniera da rendere il materiale raccolto globalmente inidoneo ad essere valutato; ne consegue che per sostenere l’assenza di genuinità della prova dichiarativa, non è sufficiente affermare e comprovare che una o più domande abbiano suggerito la risposta, ma occorre estendere l’analisi dell’affidabilità della prova nel suo complesso, ben potendo il giudizio di piena attendibilità del teste essere fondato sulle risposte ad altre domande (Sez. 3, n. 49993 del 16/09/2019, Rv. 277399 – 01; Sez.3, n. 42568 del 25/06/2019, Rv. 277988 – 01; Sez.3, n. 36413 del 09/05/2019, dep.26/08/2019, Rv.276682 01).
Nella specie, il ricorrente si è limitato ad indicare le domande e le risposte ritenute di natura suggestiva, senza estendere l’analisi dell’affidabilità della prova nel suo complesso, risultando, quindi, il motivo del tutto generico.
Le censure, inoltre, presentano anche un ulteriore profilo di inammissibilità.
Secondo l’orientamento largamente prevalente di questa Corte, che va qui ribadito, in tema di esame testimoniale, il divieto di porre domande suggestive non opera con riguardo al giudice, il quale, agendo in un posizione di terzietà, può rivolgere al testimone tutte le domande ritenute utili a fornire un contributo per l’accertamento della verità, ad esclusione di quelle atte ad incidere sulla sincerità della risposta (Sez.6, n. 8307 del 13/01/2021, Rv. 280710 – 01; Sez.3, n.21627 del 15/04/2015, Rv.263790 – 01; Sez. 1, n.44223 del 17/09/2014,Rv.260899 01; Sez.3, n. 27068 del 20/05/2008, Rv. 240261 – 01; Sez. 3, n. 4721 del 12/12/2007,dep.30/01/2008, Rv.238794 – 01), in relazione alle quali la relativa eccezione deve essere proposta nel corso dell’acquisizione dell’atto istruttorio e non può essere sollevata per la prima volta con l’atto d’impugnazione (Sez.5, n. 27159 del 02/05/2018, Rv.273233 – 01; Sez. 1, n.44223 del 17/09/2014, Tozza, Rv. 260899; Sez. 3, n. 47084 del 23/10/2008,Rv.242255 – 01); eccezione che, nella specie, il ricorrente non deduce di aver tempestivamente formulato e nulla emergendo in proposito dalla sentenza impugnata, nella quale i Giudici di appello evidenziano solo l’infondatezza della doglianza.
In definitiva, il ricorso è per un motivo infondato e per gli altri inammissibile e va rigettato nel suo complesso, con condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen, al pagamento delle spese processuali.
Il ricorrente va, inoltre, condannato, in base al disposto dell’art. 541 cod.proc.pen. alla rifusione delle spese del grado sostenute dalle parti civili che, avuto riguardo ai parametri di cui alle tabelle allegate al D.M. n. 55/2014, come
aggiornate sulla base del DM n. 147/2022, all’impegno profuso, all’oggetto e alla natura del processo, si ritiene di dover liquidare nella misura di cui al dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili che liquida in complessivi euro 4.309,00 oltre accessori di legge.
Così deciso il 02/07/2024