Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 27097 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 27097 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/06/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
NOME, nato in Egitto il DATA_NASCITA;
NOME, nato in Egitto il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza emessa il 03/07/2023 dalla Corte di appello di Lecce visti gli atti, la sentenza impugnata e i ricorsi; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto di annullare la sentenza impugnata, limitatamente alla posizione di NOME, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Lecce, e di dichiarare
inammissibile il ricorso di NOME;
lette le memorie e conclusioni scritte dell’AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME e NOME sono stati citati a giudizio innanzi al Tribunale di Lecce per rispondere dei delitti di resistenza a pubblico ufficiale e di lesioni aggravate, commessi in Aradeo il 1 dicembre 2017.
Il Tribunale di Lecce, con sentenza emessa in data 13 dicembre 2019, ha assolto entrambi gli imputati dal reato di lesioni aggravate perché il fatto non sussiste e ha condannato NOME e NOME rispettivamente alla pena di sei e di nove mesi di reclusione per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale; pena sospesa e non menzione per il solo NOME.
La Corte di appello di Lecce, con la pronuncia impugnata, in riforma della sentenza di primo grado appellata dal pubblico ministero, previo riconoscimento del vincolo della continuazione con il reato di cui all’art. 337 cod. pen., ha dichiarato responsabili entrambi gli imputati del reato di cui agli artt. 582, 585, 576 n. 1 cod. pen. e li ha condannati ciascuno alla pena di mesi uno di reclusione e così complessivamente NOME alla pena di sette mesi di reclusione e NOME NOME a quella di dieci mesi di reclusione, confermando nel resto la sentenza di primo grado.
AVV_NOTAIO, difensore degli imputati, ricorre avverso tale sentenza e ne chiede l’annullamento.
4.1. Il difensore per il solo NOME deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., la nullità del giudizio d appello e della sentenza impugnata, per omessa notifica delle conclusioni del AVV_NOTAIO Generale presso la Corte d’appello al difensore di fiducia dell’imputato, nominato, con atto ritualmente depositato in via telematica, sin dal 13 giugno 2023.
Il difensore rileva che nel verbale dell’udienza del 3 luglio 2023 l’AVV_NOTAIO risultava ancora quale difensore di ufficio di entrambi gli imputati ed eccepisce di non aver non aver ricevuto la comunicazione delle conclusioni del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, in qualità di difensore di fiducia di NOME COGNOME; tale comunicazione era, invece, stata eseguita in favore dell’AVV_NOTAIO.
Ad avviso del difensore, la mancata notifica delle conclusioni ha pregiudicato il diritto di partecipare dell’imputato al giudizio di appello, celebrato secondo il ri delineato dall’art. 23-bis del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. in legge 18 dicembre 2020, n. 176, all’udienza del 2 del 3 luglio 2023.
4.2. Con il secondo motivo il difensore per entrambi gli imputati deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., l’omessa motivazione con riferimento all’entità dell’aumento della pena di un mese di reclusione operato per la continuazione.
Tale aumento di pena sarebbe, infatti, privo di motivazione, in quanto la Corte di appello si sarebbe limitata a richiamare sul punto esclusivamente e apoditticamente «le peculiari modalità del fatto».
Non essendo stata richiesta la trattazione orale del procedimento, il ricorso è stato trattato con procedura scritta.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 20 maggio 2023, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, nella persona della AVV_NOTAIO, ha chiesto di annullare la sentenza impugnata, limitatamente a NOME, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Lecce, e di dichiarare inammissibile il ricorso di NOME.
Con conclusioni scritte depositate in data 28 maggio 2024 il difensore ha replicato alle conclusioni del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO e ha chiesto l’accoglimento di entrambi i ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi devono essere rigettati.
Il difensore, con il primo motivo, proposto nell’interesse del solo NOME, ha dedotto la nullità del giudizio di appello e della sentenza impugnata, per omessa notifica delle conclusioni del AVV_NOTAIO Generale presso la Corte d’appello al difensore di fiducia dell’imputato.
3. Il motivo è infondato.
Sul tema della ricorribilità per la prima volta in cassazione della nullità conseguente all’omessa comunicazione al difensore dell’imputato delle conclusioni del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO nel rito di appello celebrato nelle forme cartolari si è registrato un contrasto di giurisprudenza, che è ormai superato.
Secondo un primo orientamento, nel giudizio cartolare di appello celebrato secondo la disciplina emergenziale pandemica, la mancata comunicazione in via telematica al difensore dell’imputato delle conclusioni del pubblico ministero determina una nullità AVV_NOTAIO a regime intermedio, deducibile con il ricorso per
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cassazione anche da parte del difensore che abbia presentato conclusioni scritte nel giudizio di appello senza nulla eccepire (Sez. 5, n. 29852 del 24/06/2022, V., Rv. 283532 – 01).
La deduzione di tale nullità con il ricorso per cassazione è, infatti, tempestiva, in quanto il difensore e l’imputato, a causa dell’inadempimento dell’obbligo di comunicazione, vengono a conoscenza delle conclusioni rassegnate dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO solo con il deposito della sentenza; trattandosi di nullità al cui verificarsi la parte non ha assistito, la deduzione della stessa non è soggetta ai limiti temporali di cui all’art. 182, comma 2, cod. proc. pen.
Secondo l’orientamento ormai largamente prevalente nella giurisprudenza di legittimità, invece, nel giudizio cartolare di appello celebrato secondo la disciplina emergenziale pandemica da Covid-19, la mancata comunicazione in via telematica al difensore dell’imputato delle conclusioni del procuratore AVV_NOTAIO, in violazione dell’art. 23-bis del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, incidendo sull’assistenza dell’imputato, determina una nullità AVV_NOTAIO a regime intermedio, che è deducibile dal patrocinatore nel primo (e unico) atto successivo di partecipazione “cartolare” al procedimento costituito dalla formulazione delle proprie conclusioni, di talché deve considerarsi tardiva l’eccezione formulata per la prima volta con il ricorso per cassazione (ex plurimis: Sez. 5, n. 10864 del 01/02/2024, COGNOME, Rv. 286087 – 01; conf. Sez. 6, n. 1107 del 06/12/2022 (dep. 13/01/2023), S., Rv. 284164 – 01; Sez. 6, n. 10126 del 03/03/2022 Ud. (dep. 23/03/2022), NOME, Rv. 283048 – 02; Sez. 2, n. 27880 del 16/05/2023 Ud. (dep. 27/06/2023), COGNOME, Rv. 284898 – 01).
Questo orientamento ha precisato che la regola posta dall’art. 182, comma 2, cod. proc. pen. deve pur sempre trovare applicazione, adeguandola alla peculiarità del rito camerale emergenziale, che non prevede la partecipazione delle parti se non nelle forme del contraddittorio scritto.
L’omessa comunicazione in via telematica al difensore dell’imputato delle conclusioni del procuratore AVV_NOTAIO è, dunque, deducibile dal patrocinatore nel primo (e unico) atto successivo di partecipazione “cartolare” al procedimento costituito dalla formulazione delle proprie conclusioni.
Il difensore che rilevi che le conclusioni presentate dal pubblico ministero non gli sono state comunicate telematicamente, pur non essendo presente al compimento dell’atto nullo, proprio per evitare che la invalidità possa estendersi ad atti successivi e, in specie, alla sentenza del giudice, ha l’onere di eccepire l’intervenuta nullità all’atto della formulazione delle proprie conclusioni.
Declinando tali principi nel caso di specie, il motivo di ricorso è infondato, in quanto l’AVV_NOTAIO, pur non avendo ricevuto comunicazione delle
conclusioni del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, non ha eccepito tale nullità all’atto della proposizione delle proprie conclusioni.
L’eccezione, formulata per la prima volta quale motivo di ricorso per cassazione è, dunque, tardiva, in quanto avrebbe dovuto essere proposta nel primo momento utile e, quindi, nei cinque giorni antecedenti la data stabilita per la celebrazione dell’udienza fissata per la deliberazione della corte di appello.
Con il secondo motivo il difensore ha dedotto, nell’interesse di entrambi gli imputati, l’omessa motivazione con riferimento all’entità dell’aumento della pena di un mese di reclusione operato per la continuazione del delitto di lesioni aggravate con quello di resistenza a pubblico ufficiale.
5. Il motivo è infondato.
Secondo le Sezioni unite di questa Corte, in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269 – 01; conf. Sez. U, n. 7930 del 21/04/1995, COGNOME, Rv. 201549 – 01).
Nella motivazione le Sezioni unite hanno precisato che il grado di intensità della motivazione richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e deve essere tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati che risultino rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia oper surrettiziamente un cumulo materiale di pene.
La Corte di appello di Lecce ha, tuttavia, fatto buon governo di tali consolidati principi, in quanto ha motivato l’entità dell’aumento di pena determinato per il delitto di lesioni in ragione dalle peculiari modalità esecutive della condotta, e per NOME anche del suo stato di incensuratezza.
Tali rilievi, in applicazione dell’art. 133 cod. pen., hanno indotto la Corte di appello ad aumentare la pena base stabilita per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale di un mese di reclusione per la continuazione con il reato di cui agli artt. 582, 585, 576, n. 1 cod. pen.
La Corte d’appello ha, dunque, assolto legittimamente e non illogicamente all’onere di motivazione che le spettava per legge.
6. Alla stregua di tali rilievi i ricorsi devono essere rigettati.
I ricorrenti devono, pertanto, essere condannati, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 4 giugno 2024.