Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5660 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 5660 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 19/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA; avverso la sentenza del 22/09/2022 della Corte di appello di Trieste visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. n. 137 del 2020, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 6 giugno 2022, la Corte di appello di Trieste ‘ha parzialmente riformato la sentenza de 22 luglio 2020 del Tribunale di Pordenone, con la quale, NOME NOME era stato condannato alla pena di 2 anni e 4 mesi di reclusione, oltre alle pene accessorie, essendo stato ritenuto responsabile dei seguenti reati:
capo A) artt. 640, secondo comma, n. 1), e 81 cod. pen., perché, con artifizi e raggiri, consistiti nel presentare ai fornitori false dichiarazioni di intento in attestava di essere esportatore abituale e di aver diritto alla sospensione di imposta, acquistava autovetture per un totale di 281.883,99 euro tra il 2012 ed il 2013, non provvedendo al versamento dell’iva in ragione di 2.037,00 euro per il 2012 e 57.158,00 euro per il 2013, con l’aggravante dell’essere la truffa ai danni dello Stato;
capo B) artt. 81, cod. pen., 5 del d.lgs. n. 74 del 2000 perché, al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, non presentava la relativa dichiarazione per gli anni 2011 e 2013;
La Corte di appello di Trieste ha dichiarato non doversi procedere in ordine al reato di cui al capo A) dell’imputazione, essendo lo stesso estinto per intervenuta prescrizione, e ha rideterminato la pena in anni 1 e mesi 8 di reclusione, confermando nel resto il provvedimento impugnato.
Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, si denuncia la nullità della sentenza impugnata, per la mancata comunicazione alla difesa delle conclusioni scritte del Pubblico Ministero in violazione degli artt. 23-bis del d.l. n. 137 del 2020, nonché 178, comma 1, lettera c), e 180, cod. proc. pen.
2.2. Con un secondo motivo di ricorso, si lamenta l’erronea applicazione dell’art. 5 del d.lgs. n. 74 del 2000, oltre che degli artt. 187 e 192, cod. proc. pen Gli importi indicati nel capo B) dell’imputazione sarebbero il frutto dell’attività indagine della Guardia di Finanza, la quale avrebbe ricostruito il volume di affari della ditta RAGIONE_SOCIALE secondo una metodologia “induttiva”, in applicazione delle presunzioni di cui agli artt. 32 e ss. del d.P.R. n. 600 del 1973. Tuttavia, la motivazione del provvedimento impugnato avrebbe richiamato le dichiarazioni del teste di polizia giudiziaria COGNOME che, invece, aveva fatto riferimento ad un diverso metodo di conteggio, ovvero quello che era stato operato a partire dal dato desunto dai registri PRA. Pertanto, la motivazione della sentenza impugnata risulterebbe contraddittoria perché convaliderebbe una determinazione numerica operata utilizzando i dati desunti dai conti correnti, richiamando però una diversa determinazione, quella riferita dal teste sopra citato, operata sui dati desunti dal PRA. Si censurano, inoltre, le modalità attraverso le quali si è giunti ad affermare il superamento della soglia di punibilità, con particolar riferimento all’erronea valutazione circa l’inerenza degli addebiti contestati all’imputato. Infatti, dal l attivo si sarebbero considerati tutti gli accrediti avvenuti sui conti correnti
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prescindere dal rapporto con una causale che indichi la correlazione con una cessione, mentre, dal lato passivo, si sarebbero presi in considerazione solo alcuni addebiti, quelli con la causale espressamente riconducibile agli acquisti, e dunque mai nelle ipotesi di prelievo di contante.
Quanto al regime del margine, il provvedimento impugnato risulterebbe viziato, perché avrebbe dovuto esaminare la sussistenza dei suoi presupposti di fatto (ai sensi dell’art. 36, del d.l. n. 41 del 1995), con particolare riferime all’acquisto di svariate autovetture usate da privati. La quantificazione dell’Iva dovuta risulterebbe ancora viziata dalla violazione di legge posto che gli inquirenti avrebbero ricondotto ai ricavi imponibili anche i bonifici provenienti dall’estero, relativi alla cessione di auto ad acquirenti stranieri; operazione illegittima tenut conto che le cessioni di beni effettuate verso l’estero o verso paesi comunitari sarebbero, ai sensi dell’art. 7 del d.P.R. n. 633 del 1972, non imponibili ai fini Iva Il ricorrente richiama svariati bonifici provenienti dall’estero, il cui ammontare, pe l’anno 2013, sarebbe pari a 153.468,00 euro di imponibile, illegittimamente computato ai fini del calcolo dell’imposta.
2.3. Con una terza censura, si denuncia la contraddittorietà della motivazione del provvedimento impugnato in merito alla presenza della prova del superamento della soglia di punibilità. La motivazione della sentenza impugnata, nel giustificare la quantificazione del debito, desunto dal conteggio dell’Iva dovuta sui versamenti sui conti correnti meno l’Iva in acquisto, avrebbe richiamato le dichiarazioni del teste di polizia giudiziaria, già riportate nel secondo motivo di ricorso, le qua riguarderebbero però un diverso metodo di conteggio, ovvero quello operato a partire dai dati dei registri PRA. In ogni caso, il conteggio effettuato dai regist PRA condurrebbe a importi di Iva dovuta inferiori alla soglia di punibilità.
2.4. Con un quarto motivo di ricorso, si lamenta l’omessa motivazione relativa a specifici fatti afferenti alla prova del mancato superamento della soglia di punibilità di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 74 del 2000. Entrambi i giudici di merito avrebbero in alcun modo considerato la presenza di ricavi provenienti dall’estero, 153.000,00 euro nel 2013, e la presenza di prelievi in contanti, 36.100,00 euro nel 2011 e 43.500,00 euro nel 2013. Non si sarebbe tenuto conto dell’acquisto di autoveicoli usati per importi relativamente bassi, per i quali, sia la prassi che l prossimità cronologica avrebbero dovuto far concludere che il pagamento fosse avvenuto in contanti. Infine, sarebbero stati computati come incassi i versamenti tramite contanti di 7.000,00 euro nel 2013 ed altri versamenti tramite assegni.
2.5. Con una quinta censura, si denunciano l’omessa pronuncia e l’omessa motivazione circa la sussistenza della consapevolezza della misura dell’iva evasa. L’elemento soggettivo sarebbe in ogni caso carente, anche nella forma del dolo
eventuale, posto che i dati posseduti dal contribuente sarebbero stati tali da escludere l’esistenza di uno sbilancio evidente fra l’Iva a credito e l’Iva a debito.
2.6. Con un ultimo motivo di ricorso, si lamenta l’omessa motivazione in merito alla doglianza relativa all’eccessività della pena inflitta sollevata con l’at di appello. Infine, il ricorrente fa presente che il reato di cui al capo di imputazion relativo all’omessa presentazione della dichiarazione d’imposta per l’anno 2011 risulterebbe prescritto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso – con il quale si denuncia la nullità della sentenza impugnata per mancata comunicazione alla difesa delle conclusioni scritte del Pubblico Ministero in violazione dell’art. 23-bis del d.l. n. 137 del 2020 – è fondato ed assorbente rispetto alle altre censure.
La più recente giurisprudenza di legittimità è concorde nel ritenere che nel giudizio cartolare di appello celebrato nel vigore della disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid-19, l’omessa comunicazione al difensore dell’imputato delle conclusioni scritte del AVV_NOTAIO Generale integra una nullità AVV_NOTAIO a regime intermedio, deducibile con ricorso per cassazione, ex art. 180, cod. proc. pen., anche dal difensore che abbia presentato conclusioni scritte nel giudizio di appello senza nulla eccepire, trattandosi di nullità al cui verificarsi parte non ha assistito, non soggetta ai limiti temporali di cui all’art. 182, connma 2, cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 34790 del 16/09/2022, Rv. 283901; Sez. 5, n. 20885 del 28/04/2021, Rv. 281152). Infatti, come questa Corte ha già avuto modo di precisare, la nozione di “intervento dell’imputato” non può essere restrittivamente intesa nel senso di mera presenza fisica dell’imputato, al quale deve garantirsi l’effettivo esercizio dei diritti e delle facoltà di cui lo stesso è titolare (Sez. 4242 del 20/06/1997, Rv. 208597). Il contraddittorio “cartolare” sostituisce salvo espressa volontà delle parti – quello “orale” e costituisce una fase centrale del processo, dato che invera il principio costituzionale del contraddittorio. Deve essere chiarito, inoltre, che le conclusioni della parte privata sono facoltative e che le stesse sono funzionali non solo a rafforzare le ragioni dell’eventuale impugnazione, ma soprattutto a contrastare gli argomenti del pubblico ministero. Non può dunque pretendersi che le conclusioni possano contrastare con il contenuto di un atto ignoto, non essendo lo stesso stato comunicato, e non può ritenersi che l’omessa comunicazione debba essere eccepita con le conclusioni scritte, tenuto conto che la parte non ha assistito alla nullità in ragione dell “cartolarità” del rito.
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Tali principi trovano applicazione anche nel caso in esame, in cui risulta dagli atti che la requisitoria del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO non è stata comunicata alla parte, la quale, tempestivamente, ha eccepito la nullità con il ricorso per cassazione.
La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio, con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Trieste, per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Trieste, per l’ulteriore corso.
Così deciso il 19/10/2023