Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 504 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 504 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato in Marocco il 08/09/2000 , rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME di fiducia;
avverso la sentenza del 28/03/2024 della Corte d’appello di L’aquila visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5 -duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112 e che, conseguentemente, il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte depositate dal sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni scritte depositate in data 22/10/2024 dal difensore del ricorrente, avv.
NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso ;
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata sentenza la Corte di Appello di L’Aquila, in parziale riforma della pronuncia emessa in data 24/02/2023 dal Tribunale di Pescara, così statuiva:
dichiarava non doversi procedere per difetto di querela in ordine al reato di cui al capo a) di imputazione, previa riqualificazione dello stesso in furto aggravato ai sensi dell’art. 625 n. 4 cod. pen.;
-confermava il giudizio di responsabilità in ordine ai reati di rapina e lesioni personali contestati ai capi b) e c) di imputazione;
-rideterminava in mesi 5 di reclusione ed euro 250,00 di multa la pena in aumento, a titolo di continuazione esterna, sulla sanzione irrogata con sentenza irrevocabile emessa dal Tribunale di Pescara in data 31/03/2020.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. c), cod. proc. pen., violazione di legge in relazione all’art. 178 codice di rito sotto il profilo del difetto di rituale partecipazione del pubblico ministero al procedimento.
Rileva il ricorrente che nel giudizio di primo grado la pubblica accusa era rappresentata da un viceprocuratore onorario, privo della prescritta delega da parte del Procuratore della Repubblica in quanto mai depositata in dibattimento.
La sentenza pronunciata dal Tribunale è quindi nulla e tale vizio -erroneamente ritenuto sanato dalla Corte territoriale poiché eccepito per la prima volta con l’atto di appellodeve invece ritenersi insanabile e rilevabile d’ufficio in ogni stato e grad o del procedimento in quanto rientrante nella categoria prevista dall’art. 178, comma 1 lett. a), cod. proc. pen., concernente l’iniziativa del pubblico ministero nell’esercizio dell’azione penale.
2.2. Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. c), cod. proc. pen., violazione di legge in relazione all’art.20 bis cod. pen. e vizio di motivazione.
La Corte di appello ha omesso di pronunciarsi sulla richiesta difensiva, formulata in sede di conclusioni scritte, con la quale era stata avanzata richiesta di sostituzione della pena detentiva in sanzione pecuniaria e a sostegno era stato prodotto il decreto di ammissione dell’imputato al gratuito patrocinio a spese dello Stato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è inammissibile.
E’ manifestamente infondato il primo motivo con il quale si ripropone in questa sede l’eccezione di nullità della sentenza di primo grado per difetto di rituale partecipazione del Pubblico Ministero all’udienza, avendo svolto le funzioni requirenti un vice p rocuratore onorario privo di delega e, quindi, dell’effettivo potere di rappresentare la competente Procura della Repubblica.
Dall’esame del fascicolo di cognizione, consentito a questa Corte in ragione della natura processuale della questione dedotta, emerge che nel dibattimento di primo grado l’ufficio del Pubblico Ministero era effettivamente rappresentato da un vice procurato re onorario e al verbale di udienza non è allegata la relativa delega rilasciata dal Procuratore delle Repubblica; risulta inoltre che alcuna eccezione sul punto era dedotta dal difensore fiduciario il quale rilevava solo con l’atto di appello il difetto d i rituale partecipazione del Pubblico Ministero ai sensi dell’art. 178, comma 1 lett. b), cod. proc. pen.
Tanto premesso, del tutto corrette sono le argomentazioni con le quali la sentenza impugnata (pag. 4) ha disatteso l’eccezione difensiva.
La mancata esibizione della delega non determina alcuna nullità in quanto l’art. 162 disp. att. cod. proc. pen. non la prevede; peraltro detta omissione non integra un’ipotesi di nullità generale, considerato che gli atti processuali sono assistiti da presunzione di legittimità, sicchè la delega deve ritenersi sussistente fino a prova contraria (Sez. 5 n. 10523 del 27/03/1999, COGNOME, Rv. 214402; Sez. 4 n. 24043 del 09/03/2004, COGNOME, Rv. 228579; Sez. 5 n. 23229 del 23/04/2003, COGNOME, Rv, 224834; Sez. 5, n. 32728 del 13/05/2010, COGNOME e altro, Rv. 248415; Sez. 5, n. 37254 del 14/10/2020, COGNOME, Rv. 28077).
Ove, invece, si voglia ritenere che tale delega sia mancata e quindi il magistrato onorario abbia esercitato le funzioni requirenti in assenza di delega del Procuratore della Repubblica, si è verificata una nullità di ordine generale prevista dall’art. 178, comma primo, lett. b) cod. proc. pen., concernente la violazione delle disposizioni relative alla partecipazione necessaria del Pubblico Ministero al procedimento (e non quella, insanabile, relativa alla iniziativa del Pubblico Ministero nell’esercizio dell’azione penale, come richiamato dal ricorrente) che, però, avrebbe dovuto essere rilevata nei modi e nei termini prescritti dall’art. 180 cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 22409 del 30/03/2007, P.M. in proc. COGNOME, Rv. 23692801; Sez. 5, n. 6216 del 24/11/2015, COGNOME ed altri, Rv. 26609701; Sez. 5, n. 37254 del 14/10/2020, COGNOME, Rv. 28077 già cit.).
Nel caso in esame l’eccezione di nullità è stata proposta per la prima volta dopo la deliberazione della sentenza di primo grado, ovvero solo con l’atto di appello, sicchè essa va considerata tardiva.
E’ inammissibile anche il secondo motivo di ricorso con il quale si lamenta la violazione di legge in relazione all’art. 20 bis cod. pen. ed il vizio di motivazione per avere
la Corte di appello omesso di pronunciarsi sulla richiesta difensiva di sostituzione della pena detentiva in pecuniaria.
L’istanza di sanzione sostitutiva non è stata formulata benchè utilmente proponibile -nell’atto di appello, depositato in data 17 marzo 2023 e quindi in epoca ben successiva alla introduzione dell’art. 20 bis cod. pen., avvenuta con il D.L.vo n. 150 del 2022 e con decorrenza dal 30 dicembre 2022; né è stata avanzata tramite motivi aggiunti.
Poiché quindi tale norma era già in vigore al momento della proposizione del gravame, nel caso di specie non può trovare applicazione la disciplina transitoria contenuta nell’art. 95 del D.L.vo n. 150 del 2022, con la conseguenza che deve considerarsi tardiva l’istanza formulata dal difensore solo in sede di conclusioni scritte depositate per il giudizio di secondo grado (peraltro, privo di procura speciale in tal senso conferita dall’imputato, come risulta dall’esame degli atti).
Il giudice di appello non era quindi tenuto a pronunciarsi in merito alla applicabilità o meno delle pene sostitutive di cui all’art. 20-bis cod. pen.
La sostituzione della reclusione con una pena sostitutiva non costituisce infatti diritto dell’imputato, sicchè in assenza di una rituale e tempestiva richiesta in tal senso dell’imputato, non vi era obbligo per il giudice di secondo grado di motivare in ordine alla insussistenza dei relativi presupposti.
Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così è deciso, 06/11/2024
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
La Presidente NOME COGNOME