Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 32899 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2   Num. 32899  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/09/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
COGNOME NOME n. a Cava dei Tirreni il DATA_NASCITA avverso la sentenza della Corte di Appello di Salerno in data 16/12/2024 visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione della AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la memoria a firma del patrono della costituita parte civile, AVV_NOTAIO; udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito il difensore della parte civile, AVV_NOTAIO, che si è riportata alla memoria, alle conclusioni ed alla nota spese depositate; è riportato ai motivi di AVV_NOTAIO che si è associato uditi i difensori dell’imputata, AVV_NOTAIO che si ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento e alle conclusioni del codifensore insistendo per l’accoglimento del ricorso. 
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 16 dicembre 2024 la Corte di Appello di Salerno, in riforma della decisione del Tribunale di Nocera Inferiore del 26/6/2023, dichiarava l’estinzione  per  maturata  prescrizione  del  delitto  di  appropriazione  indebita aggravata  ascritto  a  COGNOME  NOME  e  confermava  la  condanna  della
stessa al risarcimento del danno nei confronti della parte civile costituita liquidato in complessivi euro 495.850,00.
 Hanno  proposto  ricorso  per  c assazione  i  difensori  dell’imputata,  i  quali hanno dedotto i motivi di seguito riportati nei termini strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 127, commi 1 e 3, cod. proc. pen. per omesso avviso all’indagata dell’udienza fissata a seguito di opposizione alla richiesta di archiviazione, omessa declaratoria di nullità del procedimento ex art. 409 cod. proc. pen. e dell’ordinanza di imputazione coatta; nullità ex art. 185 cod. proc. pen. del decreto di citazione a giudizio, delle sentenze di condanna di primo e secondo grado e delle relative statuizioni civili per inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità nonché vizio della motivazione. Al proposito, si rappresentava che, a seguito di opposizione alla richiesta di archiviazione formulata dalla persona offesa, il Giudice per le indagini preliminari aveva fissato l’udienza ai sensi dell’art. 409 codice di rito per la data del 26/2/2019; il relativo avviso veniva notifica to all’indagata a mezzo posta con raccomandata spedita il 7/2/2019, con tentativo di consegna non andato a buon fine per assenza della destinataria il 19 febbraio seguente e successivo deposito del plico presso l’ufficio postale, di cui l’indagata veniva n otiziata a mezzo di ulteriore lettera raccomandata. A seguito del mancato ritiro del plico, la procedura di notificazione si concludeva dopo il decorso di dieci giorni il 2 marzo 2019, ovvero in epoca successiva l’udienza fissata. Il 26 febbraio, intanto, l’udienza era stata rinviata all’8 maggio e, in ragione dell’astensione dei difensori, al 5 giugno successivo, data in cui, assente l’indagata, rappresentata dal difensore d’ufficio, il G.i.p. rigettava la richiesta di archiviazione e disponeva l’imputazio ne coatta nei confronti della ricorrente, cui faceva seguito la citazione diretta a giudizio dell’imputata in assenza di avviso ex art. 415bis cod. proc. pen. e di udienza preliminare. Segnalavano i difensori di aver tempestivamente eccepito la nullità d ell’udienza ex art. 409 cod. proc. pen., celebrata nonostante l’indagata non fosse stata avvisata né fosse comparsa, dinanzi al primo giudice il quale riteneva, alla luce della sequenza procedimentale, pur correttamente ricostruita, che la notifica dell’avviso avesse raggiunto lo scopo di notiziare l’indagata sulla base del deposito dell’atto, attribuendo alla stessa un’efficacia sanante ex post ed evidenziando incongruamente l’assenza di rilievi difensivi sul punto nonchè il rispetto dei termini di comparizione per effetto dei rinvii succedutisi. Dopo aver richiamato la giurisprudenza di legittimità riguardo la piena assimilazione dell’avviso alla citazione a giudizio, la difesa deduceva ancora che le disposizioni a garanzia del contraddittorio sono inderogabili e la loro violazione deve essere rilevata anche
d’ufficio a pena di nullità del procedimento senza che possa assumere rilievo la mancata allegazione delle specifiche attività difensive che in concreto sarebbero state impedite. Aggiungevano che la Corte territoriale aveva ritenuto infondato il gravame difensivo richiamando la giurisprudenza di legittimità secondo cui l’omessa notifica dell’avviso ex art. 409 cod. proc. pen. rileva unicamente in relazione alla specifica fase dell’opposizione e non determina la nullità derivata di quella successiva, orientamento dal quale si dissente ritenendo che la sentenza impugnata ne abbia, comunque, pretermesso la lettura integrale, trascurando che gli arresti citati muovono dal presupposto che la mancata partecipazione all’udienza camerale non comprometta i diritti dell’indagato, il quale può esercitarli in sede di avviso di conclusione delle indagini ovvero nell’udienza preliminare. I n assenza di detti snodi processuali la giurisprudenza di legittimità ritiene che la violazione del diritto al contraddittorio ex art. 409 cod. proc. pen. nei casi di citazione diretta e di mancato avviso di conclusione delle indagini possa essere fatta valere dinanzi al giudice del dibattimento che, ove ne accerti la sussistenza, deve dichiarare la nullità della citazione a giudizio, contestualmente annullando anche l’ordinanza di imputazione coattiva.
La Corte di merito, inoltre, condividendo quanto già affermato dal primo giudice, aveva erroneamente ritenuto che fosse onere della difesa argomentare sulle conseguenze pregiudizievoli causate dall’omissione denunziata senza considerare che per effetto del la predetta violazione l’indagata è stata privata del diritto di farsi assistere da un difensore di fiducia, di accedere agli atti del fascicolo del pubblico ministero, di presentare memorie e documenti, di presenziare all’udienza ed essere sentita. Pertan to, i giudici d’appello avevano erroneamente dichiarato l’estinzione del reato per maturata prescrizione, ritenendo la causa estintiva prevalente sulla dedotta nullità, trascurando che la nullità derivata della sentenza di primo grado, se riconosciuta, avrebbe comportato la revoca delle statuizioni civili.
2.2. Con il secondo motivo si eccepiva violazione di legge e travisamento della prova in ordine alla valutazione di tempestività della querela. I difensori sostenevano che la persona offesa aveva riferito di aver chiesto la restituzione del danaro alla congiunta nell’estate del 2015, apprendendo dalla stessa che la somma custodita era stata spesa e non aveva alcuna intenzione di ristorarla. A fronte di siffatta manifestazione, secondo la ricorrente, risultava del tutto irrilevante l’intervento di alcuni familiari al fine di convincere l’imputata ad assumere l’impegno alla restituzione onde postergare il termin e per la proposizione della querela di circa due anni, facendo coincidere la decorrenza con l’invio della diffida scritta nell’ottobre 2017, dovendo fissarsi la decorrenza del termine per la proposizione dell’istanza punitiva al più tardi alla data del 06/07/2017. Al
riguardo, si  aggiungeva  che  i  giudici  d’appello  con  motivazione  illogica  e contraddittoria avevano ritenuto di non poter tener conto della diffida del giugno 2017 perché restituita per compiuta giacenza, valorizzando, tuttavia, la seconda, che  aveva  subito  la  medesima  sorte,  essendo  stata  restituita  al  mittente  per mancato ritiro della destinataria, così incorrendo in travisamento della prova.
Inoltre, le due diffide risultavano di tenore identico con la sola rimozione nella seconda del riferimento alla scrittura di riconoscimento del debito sottoscritta dal coniuge deceduto dell’imputata, la cui esistenza la p ersona offesa aveva negato in dibattimento.
I  giudici  di  merito,  pertanto,  alla  luce  delle  acquisizioni  dibattimentali, avrebbero dovuto pronunziare declaratoria d’improcedibilità dell’azione per difetto di querela.
CONSIDERATO IN DIRITTO
 Il  ricorso  è  proposto  per  motivi  puramente  reiterativi  di  questioni  già devolute all’analisi del giudice di appello e da questi respinte con argomenti privi di qualsiasi vizio e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
1.1. Ed invero, quanto al primo motivo, che deduce nullità della notificazione dell’avviso dell’udienza ex art. 409, comma 2, cod. proc. pen. e, conseguentemente, delle sentenze di primo e secondo grado, va ricordato come l’orientamento di legittimità ha ripetutamente sottolineato la sostanziale differenza tra avviso dell’udienza fissata dal giudice delle indagini preliminari a seguito di omesso accoglimento della richiesta di archiviazione e citazione dell’imputato per il giudizio, ribadendo come la nullit à assoluta di cui all’art. 179 cod. proc. pen. riguarda soltanto la mancata citazione per il giudizio e non anche tale avviso, e che ogni forma di applicazione estensiva delle previsioni di nullità è esclusa dal generale principio di stretta tassatività delle stesse.
In questo senso, si è dapprima affermato come l’irrituale avviso all’indagato dell’udienza fissata a seguito della richiesta di archiviazione non accolta dal G.i.p. (art. 409, comma 2, cod. proc. pen.), non configura una nullità assoluta, in quanto il riferimento dell’art. 179, comma 1, cod. proc. pen. alla citazione deve essere inteso nel senso della citazione a giudizio; detta irritualità, peraltro, è idonea ad incidere esclusivamente sul diritto dell’indagato ad interloquire in punto di completezza delle indagini (Sez. 1, n. 37810 del 15/03/2016, Serra, Rv. 268146 -01).
Successivamente,  si  è  condivisibilmente  stabilito  che  l’omessa  notifica  al difensore dell’indagato dell’avviso dell’udienza fissata per la discussione dell’opposizione all’archiviazione rileva unicamente in tale ambito processuale, e
non  determina  la  nullità  derivata  della  successiva  fase  processuale,  ai  sensi dell’art. 185 cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 35246 del 26/04/2018, M., Rv. 273774 -01).
1.2. Nello stesso senso, occorre ancora citare quella pronuncia che precisa in motivazione come tale principio attesa la comune ratio , si deve ritenere valido sia con riguardo all’omessa notifica del menzionato avviso all’indagato, che nella ipotesi di tardività degli stessi avvisi e ciò in quanto l’indagato consegue tutela nella fase delle indagini, mediante la possibilità di inviare memorie e, eventualmente, essere sentito a seguito dell’avviso ex art. 415bis cod. proc. pen., e la violazione delle disposizioni in considerazione (di cui agli artt. 409, comma 2, e 410, comma 3, cod. proc. pen.), a norma dell’art. 185 cod. proc. pen., non determina alcun effetto invalidante sulla successiva fase processuale (Sez. 2, n. 51735 del 31/10/2023, Bani, Rv. 285678 -02, in motivazione).
1.3. L’applicazione dei sopra esposti principi, già correttamente richiamati dalla sentenza di appello, impone di affermare che l’irritualità della notificazione dell’avviso dell’udienza fissata ex art. 409, comma 2, cod. proc. pen. non determina la nullità delle sentenze di primo e secondo grado, non vertendosi certamente in ipotesi di nullità assoluta: ipotesi -quest’ultima che sola avrebbe consentito la revoca delle statuizioni civili, pur rimanendo ferma la declaratoria di estinzione del reato a fini penali (Sez. 4, n. 42461 del 09/05/2018, Todaro, Rv. 274764 -01).
1.4. Ed assume ancora rilievo decisivo la circostanza che, in ogni caso, non trattandosi  di  nullità  assoluta  perché  non  attinente  la  citazione  in  giudizio, l’invalidità avrebbe dovuto essere tempestivamente rilevata nella prima occasione utile quando, invece, risulta espressamente che all’udienza del 5 giugno 2019 il difensore nominato nulla eccepiva.
1.5. Né tale conclusione può ritenersi in conflitto con la giurisprudenza costituzionale richiamata nel primo motivo di ricorso; ed invero, va ricordato che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 418 del 15.11.1993 (con la quale veniva dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 409, comma 2, cod. proc. pen. in riferimento all’art. 24 Cost.) , con specifico riguardo alla configurazione dell’udienza ex art. 409 cod. proc. pen. e alla necessaria partecipazione del difensore dell’indagato ha chiarito che ‘nel ricostruire la normativa in discussione non si può infatti prescindere dalla disposizione dettata dall’art. 61 del codice di rito: una norma, questa, che – estendendo diritti e garanzie dell’imputato alla persona sottoposta alle indagini preliminari – sottolinea come le garanzie di difesa dell’indagato debbano operare- sia pure in forme diversificate- lungo tutta la fase delle indagini preliminari e, pertanto, anche in relazione allo snodo cruciale disciplinato dall’art 409, che può segnare
alternativamente o l’epilogo definitivo del procedimento o la ripresa e l’approfondimento delle indagini sulla scorta delle indicazioni fornite dal giudice o la formulazione dell’imputazione su ordine del giudice … Alla luce di questi principi va quindi letta la norma impugnata che, nel menzionare specificamente il pubblico ministero, la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa, ha inteso identificare, con la necessaria precisione, i protagonisti sostanziali del contraddittorio destinato a svolgersi nell’udienza in camera di consiglio, senza, peraltro, escludere la necessità dell’avviso al difensore dell’indagato. In questa chiave di lettura può, pertanto, risultare coerente anche il richiamo operato dall’art. 409 al procedimento camerale disciplinato dall’art. 127 del codice, dove si prevede l’invio dell’avviso alle parti, alle altre persone interessate ed ai difensori. La scelta legislativa di regolare l’udienza sulla richiesta di archiviazione richiamandosi alla disciplina generale del procedimento in camera di consiglio rende, infatti, evidente la volontà di assicurare non solo la presenza del pubblico ministero, delle parti e delle altre persone interessate (nella specie la persona offesa) ma anche del difensore dell’indagato al fine di garantire, con certezza, il concreto esercizio del diritto di difesa e l’effettività del contraddittorio’.
Appare evidente che, nella lettura della Corte costituzionale, l’udienza camerale prevista dall’art. 409 cod. proc. pen. è certamente destinata a svolgersi con il necessario rispetto dei principi del contraddittorio ma da nessun passaggio di tale pronuncia può ricavarsi che l’irrituale avviso per la stessa determini una nullità assoluta ex art. 179 cod. proc. pen.; ed anzi, il richiamo espresso all’art. 127 cod. proc. pen. comporta affermare che nel caso in esame si verte in ipotesi di nullità a regime intermedio, come già rilevato dal primo giudice e dalla Corte di appello, soggetta a sanatoria ed a precisi termini per la sua rilevabilità che, nel caso di specie, non risultano rispettati posto che come già anticipato, alla prima udienza utile nulla veniva rilevato dal difensore nominato in sostituzione.
1.6. Peraltro, nel caso in esame, occorre rilevare come nel concorso di nullità e prescrizione il giudice di appello non avrebbe potuto comunque disporre la nullità delle fasi precedenti; invero, per costante interpretazione giurisprudenziale, il principio di immediata declaratoria delle cause di non punibilità di cui all’art. 129 cod. proc. pen. opera anche nel caso in cui la causa estintiva del reato ricorra contestualmente a una nullità processuale assoluta e insanabile, a condizione che l’operatività della causa estintiva non presupponga specifici accertamenti e valutazioni e sia, pertanto, inidonea a definire immediatamente il procedimento (Sez. U, n. 17179 del 27/02/2002, Rv. 221403 -01; Sez. 2, n. 1259 del 26/10/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284300 -01).
Principio, questo, ribadito da altre analoghe pronunce anche nel caso specifico di accertata nullità della notifica del decreto di citazione diretta a giudizio in primo
grado che non avrebbe comunque impedito l’obbligo di declaratoria della causa estintiva (Sez. 2, n. 6338 del 18/12/2014, dep. 2015, Argentieri, Rv. 262761 -01).
1.7. Ne consegue, pertanto, che, a fronte di una dedotta nullità attinente ad un semplice avviso e non ad una citazione a giudizio, la sussistenza della causa estintiva della prescrizione è stata comunque correttamente dichiarata dal giudice di appello.
Il secondo motivo in tema di tempestività della querela propone una alternativa lettura di mezzi di prova non consentita nel giudizio di legittimità e si riduce ad una riproposizione di questioni già devolute alla corte di merito; il giudice di secondo grado, attraverso una puntuale analisi del succedersi dei fatti avvenuti nel 2017 (vedi motivazione sentenza impugnata pag. 11), ha spiegato come la piena contezza in capo alla vittima della volontà dell’imputata di non restituire le ingenti somme può ritenersi maturata soltanto a seguito della omessa risposta alla formale diffida dell’ottobre 2017 e ciò perché , come anche esposto nella ricostruzione del fatto, tra il 2015 ed il 2017 vi erano state trattative tra le parti attuate anche mediante l’intercessione di altri familiari che dovevano ancora escludere la certezza dell’appropriazione.
Trattasi,  con  evidenza,  di valutazione  di elementi  probatori  involgenti accertamenti  di  puro  fatto  interpretati  in  assenza  di  qualsiasi  travisamento  o manifesta illogicità da parte del giudice di secondo grado e perciò non censurabili nella presente sede.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in euro tremila. L’imputata va, infine, condannata alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME RAGIONE_SOCIALE che si liquidano in complessivi euro 3.686,00 oltre accessori di legge. 
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l’imputata alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME NOME che liquida in
complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di legge.
Roma, 25 settembre 2025 IL CONSIGLIERE COGNOME.                                                IL PRESIDENTE NOME COGNOME