Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 4918 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 4918 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a SANTA MARIA CAPUA VETERE il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CAPUA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/05/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;
lette le conclusioni del difensore di COGNOME NOME, AVV_NOTAIO, che si è riportato ai motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento;
lette le conclusioni del difensore di COGNOME, AVV_NOTAIO, che si è riportato ai motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano, con sentenza del 22 maggio 2023, confermava la sentenza di condanna di COGNOME NOME e COGNOME NOME per il reato di cui all’art. 642 cod.pen.,
1.1 Avverso la sentenza propone ricorso il difensore di COGNOME, rilevando che già in appello era stata eccepita la tardività della querela, in quanto la parte offesa RAGIONE_SOCIALE aveva ricevuto la richiesta di risarcimento danni in data 8 giugno 2018, per cui sarebbe stata a conoscenza della sostenuta dubbia liceità del sinistro denunciato al massimo entro tre mesi dalla richiesta di risarcimento ai sensi dell’art. 148 del D.Lgs. 209/2005, visto che in quel termine avrebbe dovuto dare riscontro della accettazione o del diniego della richiesta di risarcimento; la querela era intervenuta solo in data 13 maggio 2019 e, poichè la compagnia di assicurazione non aveva proceduto al risarcimento del danno da lesioni agli imputati, era già a conoscenza dei motivi per rigettare la richiesta a settembre del 2018; nè poteva darsi rilievo alla inerzia nel ritardo per compiere gli accertamenti necessari.
1.2 Il difensore eccepisce la erroneità della motivazione quanto alla valutazione della sussistenza dell’elemento soggettivo e dell’elemento materiale del reato: illogica era la motivazione nella parte in cui si riteneva che le dichiarazioni degli imputati erano inverosimili perché rese dopo la conclusione delle indagini, e non vi era motivazione sulle ragioni che avevano portato la Corte d’appello a ritenere le dichiarazioni degli imputati inverosimili rispetto a tutti gl altri elementi di prova acquisiti al processo; non vi era motivazione sulla presunta incompatibilità delle lesioni refertate con il sinistro denunciato e, contrariamente a quanto affermato dai giudici di merito, l’incidente era avvenuto a Mondragone, non a Marcianise.
1.3 Il difensore lamenta la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., visto che la Corte di appello aveva rigettato la richiesta in quanto gli imputati avrebbero tentato di frodare l’assicurazione con documentazione autentica, senza considerare l’offesa particolarmente lieve e la non abitualità del comportamento
1.4 Il difensore eccepisce inoltre che la motivazione della Corte di appello relativamente alla mancata concessione delle attenuanti generiche era mancante, e non aveva considerato la giovane età e la incensuratezza dell’imputato
1.5 Il difensore lamenta la illogicità e la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata in relazione al diniego della concessione della
sospensione condizionale della pena senza subordinazione al risarcimento del danno.
2 Avverso la sentenza propone ricorso anche il difensore di NOME.
2.1 II difensore eccepisce l’omessa notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello, notificato invece ad altro difensore
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso proposto nell’interesse di COGNOME deve essere dichiarato inammissibile.
1.1 II primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo la quale il dies a quo per proporre querela deve essere individuato nella data della piena cognizione dei fatti da parte dell’interessato (Cass. Sez. 6, n. 3719 del 24/11/2015 – dep. 27/01/2016, Saba, Rv. 266954); la decorrenza del termine per la presentazione della querela è infatti differita quando la persona offesa deve compiere accertamenti al fine di acquisire la consapevolezza della illiceità penale del fatto, fermo restando che tale differimento si protrae solo per il tempo strettamente necessario al compimento di tali verifiche, non potendo farsi discendere dall’inerzia di una parte la produzione di effetti sfavorevoli per l’imputato (Cass. sez. 2, n. 7988 del 01/02/2017, COGNOME, Rv. 269726; Cass. Sez. 5, n. 17104 del 22/12/2014 – dep. 23/04/2015, COGNOME, Rv. 263620).
Ai sensi dell’art. 124 cod. pen., comma 1, il diritto di querela deve essere esercitato nel termine di decadenza di “tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il reato”, intendendosi per notizia del fatto la conoscenza certa dell’episodio delittuoso e quindi la piena cognizione che dello stesso si siano realizzati i requisiti costitutivi, nel senso che l’interessato sia venuto in possesso degli elementi necessari per proporre fondatamente l’istanza punitiva.
In tale contesto è frequente l’incertezza circa la tempestività della querela ed il dubbio al riguardo investe, in particolare, il dies a quo. L’indirizzo giurisprudenziale prevalente è nel senso che l’onere della prova dell’intempestività della querela è a carico di chi allega l’inutile decorso del termine e la decadenza dal diritto di proporla va accertata con criteri rigorosi, non potendosi ritenere verificata in base a semplici supposizioni prive di valore probatori
Nel caso in esame la Corte di merito ha ritenuto che soltanto a seguito della comunicazione della RAGIONE_SOCIALE relativa alla mancata presenza della
autovettura sul luogo del sinistro l’assicurazione è venuta a conoscenza della truffa; a tale proposito, si deve rilevare che la tardività della querela può essere rilevata in sede di legittimità se risulta dalla sentenza impugnata, ovvero da atti da cui sia desumibile immediatamente ed inequivocabilmente il vizio denunciato, senza necessità di una specifica indagine fattuale che, comportando l’accesso agli atti, non é consentita al giudice di legittimità (Sez 2, Sentenza n. 37383 del 21/06/2016, COGNOME, Rv. 267948 – 01); pertanto, la valutazione della Corte di appello non può essere oggetto di censura, in quanto relativa alla valutazione dei fatti, operazione sulla quale non è consentita censura in sede di legittimità.
1.2 D secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte nel giudizio di legittimità rimane comunque esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito: la Corte di appello ha ritenuto inverosimile che gli imputati non fossero nelle condizioni di rilevare direttamente il numero di targa della autovettura che li avrebbe investiti, vista la non gravità delle lesioni riportate e che il numero di targa errato che il conducente dell’autovettura avrebbe fornito corrispondeva casualmente ad una vettura dello stesso modello e colore di quella che avrebbe causato il sinistro,
1.3 Analoghe considerazioni devono essere svolte con riferimento alla mancata applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., sulla quale vi è motivazione congrua e coerente con le risultanze processuali a pag. 7 della sentenza impugnata.
1.4 La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità, che, pertanto, è insindacabile in cassazione (vedi Cass., Sez. 5, Sentenza n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli Rv. 271269 – 01); anche per quanto riguarda la eccepita illogicità e la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata in relazione al diniego della concessione della sospensione condizionale della pena senza subordinazione al risarcimento del danno, vi è motivazione a pag.7 della sentenza impugnata, alla quale il motivo di ricorso contrappone inammissibili valutazioni di merito.
1.5 Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di C 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME è fondato.
COGNOME aveva infatti nominato proprio difensore l’AVV_NOTAIO, presente infatti all’udienza avanti al giudice per l’udienza preliminare, ma già la sentenza di primo grado aveva erroneamente indicato come suo difensore quello del coimputato (AVV_NOTAIO), con la conseguenza che anche il decreto di citazione per il giudizio di appello era stato notificato all’AVV_NOTAIO e non all’AVV_NOTAIO, malgrado la presenza in atti di una nomina con elezione di domicilio presso il suddetto legale; deve essere quindi osservato che si è verificata una nullità assoluta, sulla base del principio sancito dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui l’omesso avviso dell’udienza al difensore di fiducia tempestivamente nominato dall’imputato integra una nullità assoluta ai sensi degli artt. 178, comma primo lett. c) e 179, comma primo cod. proc. pen., quando di esso è obbligatoria la presenza, a nulla rilevando che la notifica sia stata effettuata al difensore d’ufficio e che in udienza sia stato presente un sostituto nominato ex art. 97 comma quarto, cod. proc. pen.: non può, infatti, essere leso il diritto dell’imputato “ad avere un difensore di sua scelta”, riconosciuto dall’art. 6, comma terzo lett. c), della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Sez. U, n. 24630 del 26/03/2015 – dep. 10/06/2015, Maritan, Rv. 263598).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME e dispone tramettersi gli atti alla Corte di appello di Milano per l’ulteriore corso. Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 ciascuno a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30/01/2024