Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22531 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22531 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 23/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato ad Erice (TP), 06/09/1975, difeso dall’avv. NOME COGNOME avverso la sentenza del 14/10/2024 del Tribunale di Benevento
letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udita la relazione svolta dalla consigliera NOME COGNOME
‘lette le conclusioni scritte con cui il Pubblico Ministero, in persona del Sos Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto che sia disposto annullamento senza rinvio della decisione impugnata, limitatamente all’art. 131-bis cod. pen.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza Tribunale di Benevento de 14 ottobre 2024, previa revoca del decreto penale di condanna ritualmente opposto, ha condannato COGNOME alla pena di trecento euro di ammenda in relazione alla contravvenzione di cui all’art. 656 cod. pen., per avere, durante periodó di emergenza pandemica, postato, in data 13 gennaio 2022, un selfie sul social Facebook che lo ritraeva all’interno del Tribunale di Benevento, nell’atto di affermare: «In Tribunale senza green pass né tampone. Aggirato un intero servizio d’ordine. Nulla è impossibile. E la prossima volta porto pure Fiocco rosso, il mio cagnolone taglia XXL».
In tale modo, egli aveva rappresentato che i controlli per l’accesso al palazzo di giust risultavano omessi o superficiali, per essere riuscito a superarli, mediante l’esibizione fraudol di green pass, diffondendo notizie false e tendenziose, idonee a suscitare allarme e turbare l’ordine pubblico.
All’esito dell’istruttoria, gli addetti al servizio di controllo, è emerso che NOME NOME COGNOME hanno effettuato regolari controlli al varco di accesso del Tribunal verificando il possesso, da parte di COGNOME, del tesserino professionale di avvocato, d documento di identità e del green pass, la cui validità è stata accertata mediante l’apposita applicazione; l’osservanza della procedura risultava altresì riscontrata attraverso le immag delle telecamere installate in loco, la cui registrazione era stata visionata dal luogotenente COGNOME che aveva riferito sul punto.
Alla luce del descritto compendio istruttorio, il Tribunale ha ritenuto integrata la fatti contravvenzionale di cui all’art. 656 cod. pen., osservando che la diffusione, tramite social media, della notizia relativa all’avvenuto aggiramento del sistema di controlli anti-pandemici da part un soggetto qualificato, asseritamente entrato, omettendo l’esibizione del green pass, all’interno del palazzo di giustizia, ha arrecato pericolo di turbamento dell’ordine e della tranqu pubblica, in un periodo in cui il timore del virus era gravemente avvertito presso la popolazione.
È stata irrogata la pena di euro 300,00 di ammenda, valutati gli elementi di cui all’ 133 cod. pen., oltre al pagamento delle spese processuali.
Ha interposto ricorso per cassazione la difesa di NOME COGNOME articolando seguenti profili di censura, di seguito sintetizzato conformemente al disposto dell’art. 173 d att. cod. proc. pen.
·2.1. Con un primo motivo di ricorso, la difesa lamenta la violazione art. 606 comma 1, lett. e) cod. proc. pen. per vizio di motivazione in relazione alla prova della responsa dell’imputato.
Il ricorrente sembra ventilare che la pubblicazione sul social media Facebook avrebbe riguardato la notizia relativa all’interrogatorio di garanzia cui il ricorrente era stato chi sensi dell’art. 350 cod. proc. pen. e quindi la frase sarebbe da riferirsi al contenuto dell’a rivoltagli, afferendo alla notizia del suo interrogatorio, non già a quanto accaduto all’acces tribunale.
In ogni caso – osserva il ricorrente – non vi sarebbe prova della riferibilità pubblicazione del post, in quanto a tale fine non sarebbe sufficiente la titolarità in capo a stesso del relativo account.
2.2. Con un secondo profilo, in parte reiterativo del primo, deduce la violazione art. 6 comma 1, lett. b) cod. proc. pen., lamentando l’insufficiente prova circa la paternità d
pubblicazione del post: certamente COGNOME è stato l’autore dello scatto fotografico, ma non è stata provata la riconducibilità del post, e quindi della relativa pubblicazione, all’azione cosciente dell’imputato.
.Di conseguenza, si insta per l’annullamento della decisione impugnata.
2.3. Con un terzo motivo, si deduce la violazione dell’art. 131-bis cod. pen., traendo t richiesta dai caratteri della condotta, espressione di mera goliardia, dalla assenza di pericol della medesima, dalla mancata provocazione di allarme dalla pubblicazione della notizia che, in sostanza, non aveva conosciuto reale diffusione fino alla pubblicazione del post relativo alla convocazione di COGNOME per l’interrogatorio ex art. 350 cod. proc. pen.
Il Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto che sia disposto annullamento senza rinvio della decisione impugnata, limitatamente all’art. 131-bis cod. pen.
La difesa ha depositato memoria in data 15 maggio 2025, richiamando i motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, limitatamente al difetto di motivazione in ordine alla man applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., mentre deve essere rigettato nel resto.
1.1. Il ricorrente si duole del vizio di motivazione della sentenza impugnata, in relazi alla prova della responsabilità dell’imputato per il reato ascritto.
Ad avviso del Collegio, i rilievi formulati si presentano in parte inammissibili, in infondati.
È infondata la censura con la quale si lamenta che il Tribunale abbia evidenziato come la pubblicazione riguardasse la notizia dell’interrogatorio, ai sensi dell’art. 350 cod. proc. pen quotidiano on line “Ottopagine” di Benevento e che, in tale prospettiva, la condotta non sarebbe riconducibile all’odierno ricorrente.
In proposito, è sufficiente osservare che l’accusa afferisce alla pubblicazione su Facebook della fotografia, ritraente NOME COGNOME presso le aule dibattimentali del palazzo di giust di Benevento e non riguarda, per contro, la pubblicazione della notizia sul giornale “Ottopagin alla quale il Tribunale si limita ad accennare nell’articolato motivazionale della decisione ricostrUisce la sussistenza della responsabilità dell’imputato, sulla base della circostanza ch post pubblicato sul profilo Facebook, sotto l’account intestato a NOME COGNOME, recava la notizia, accompagnata dal selfie pacificamente realizzato dall’imputato, dell’ingresso all’interno del palazzo di giustizia, in mancanza di green pass.
·Sotto altro profilo, la doglianza censura la asserita non riferibilità del post all’odierno imputato, osservando che «se è vero che /’account (…) possa astrattamente riferirsi alla sua
persona, apodittica rimane la circostanza del fatti che egli sia stato il soggetto che produ quel
post».
•Il Collegio osserva, a fronte di scansioni argomentative non illogiche, prive contraddittorietà ed esaurienti offerte dalla decisione, come la censura si riveli aspecific
quantotomette di offrire ogni indicazione circa le ragioni per cui il titolare dell’account
non debba essere ritenuto l’autore del
post con il quale è stata diffusa la propria immagine, scattata con
modalità
selfie da parte dello stesso e diffusa mediante il canale
social Facebook.
Ne deriva l’inammissibilità della doglianza.
2. È fondato, invece, il motivo di censura con il quale il ricorrente lamenta la violaz dell’art. 131-bis cod. pen., sotto il profilo della omessa motivazione circa la richiesta,
senso avanzata dalla difesa e riportata nelle conclusioni, di cui si dà atto in sentenza.
Difetta, invero, ogni riferimento motivazionale, in risposta a tale istanza, conclusivame avanzata dalla difesa che, conseguentemente, non risulta avere formato oggetto di valutazione
da parte del Tribunale.
Alla stregua delle precedenti considerazioni, deriva la fondatezza del motivo e conseguente annullamento della decisione, con rinvio, per esame sul punto, al Tribunale di Benevento in diversa composizione.
P.Q. M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla causa di non punibilità di cui all’art. 1 bis cod. pen., con rinvio per un nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Benevento, in diver persona fisica. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 23/05/2025