Notizia di reato tardiva: quando un ritardo non invalida il processo
Nel complesso mondo della procedura penale, il rispetto delle tempistiche è fondamentale per garantire l’efficienza della giustizia e la tutela dei diritti di difesa. Tuttavia, non tutte le violazioni dei termini hanno lo stesso peso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: una notizia di reato tardiva non comporta automaticamente la nullità del procedimento, ma si configura come una mera irregolarità. Questo articolo analizza la decisione e le sue implicazioni pratiche.
I fatti del caso
Il caso in esame ha origine dalla condanna di una persona per il reato di guida in stato di ebbrezza, previsto dall’articolo 186 del Codice della Strada. Dopo la conferma della condanna in appello, l’imputata ha proposto ricorso per cassazione, basando le proprie doglianze su un vizio di natura procedurale. Nello specifico, si contestava il ritardo con cui la polizia giudiziaria aveva depositato la comunicazione di notizia di reato e i verbali degli accertamenti effettuati con l’etilometro.
La contestazione: una notizia di reato tardiva è un vizio insanabile?
La difesa della ricorrente ha sostenuto che il mancato rispetto dei termini previsti dal Codice di procedura penale per la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero costituisse una violazione sostanziale, tale da inficiare la validità del procedimento. Secondo questa tesi, il ritardo avrebbe compromesso il corretto svolgimento delle indagini e, di conseguenza, il diritto di difesa.
La decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che i motivi presentati fossero semplicemente una ripetizione di argomenti già valutati e respinti nei precedenti gradi di giudizio, senza un reale confronto con le motivazioni delle sentenze impugnate. La Corte ha colto l’occasione per consolidare un orientamento giurisprudenziale già esistente in materia.
Le motivazioni
Il cuore della decisione risiede nella qualificazione del ritardo nella comunicazione della notizia di reato. La Cassazione ha stabilito che la violazione dell’obbligo di depositare tempestivamente la comunicazione e i relativi verbali costituisce una mera irregolarità processuale, priva di una specifica sanzione di nullità o inutilizzabilità.
Citando un proprio precedente (sentenza n. 11666/2021), la Corte ha spiegato che le tempistiche di deposito degli atti di indagine non incidono sulla validità degli accertamenti compiuti, come quelli con l’etilometro. L’unico effetto di tale ritardo è quello di posticipare la decorrenza dei termini a disposizione della difesa per l’espletamento delle proprie attività, come la richiesta di ulteriori indagini o la presentazione di memorie. In sostanza, il diritto di difesa non viene leso, ma semplicemente il suo esercizio viene traslato nel tempo.
Le conclusioni
L’ordinanza conferma un principio di pragmatismo processuale: non ogni inosservanza formale determina il crollo dell’intero impianto accusatorio. Per invalidare un procedimento, è necessaria una violazione di norme la cui inosservanza è espressamente sanzionata con la nullità o l’inutilizzabilità. Di conseguenza, la Corte ha condannato la ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, come previsto per i casi di ricorso inammissibile.
Un ritardo nel deposito della comunicazione di notizia di reato rende nullo il procedimento?
No, secondo la Corte di Cassazione, la violazione dell’obbligo di tempestivo deposito della comunicazione di notizia di reato e dei relativi verbali integra una mera irregolarità priva di sanzione processuale e non invalida il procedimento.
Quali conseguenze ha il deposito tardivo degli atti di indagine sulla difesa?
Il deposito tardivo incide unicamente sulla decorrenza del termine per l’espletamento delle successive attività difensive, posticipandone l’inizio senza pregiudicare il diritto di difesa stesso.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione si limita a ripetere argomenti già esaminati nei gradi precedenti?
Se un ricorso è meramente reiterativo di deduzioni già ampiamente esaminate e respinte dai giudici di merito, senza un effettivo confronto con le loro argomentazioni, la Corte di Cassazione lo dichiara inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38043 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38043 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MANTOVA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/11/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale l’imputata è stata condannata per il reato prev dall’art.186, comma 2, lett.b) e comma 2sexies, d.lgs. 30 aprile 1992, n.285.
Con l’unico motivo di ricorso, l’imputata ha dedotto la violazione deg artt.347, comma 2bis e 366 cod.proc.pen..
Il ricorso è inammissibile, in quanto meramente reiterativo di deduzioni g ampiamente esaminate da parte dei giudici di merito, i quali – con argomentazion con le quali il motivo omette qualsiasi effettivo confronto – hanno rilevato, conclusioni confortate dalla giurisprudenza di questa Corte, che la violazi dell’obbligo di tempestivo deposito della comunicazione di notizia di reato e verbali delle operazioni di accertamento compiute tramite l’etilometro, integra u mera irregolarità priva di sanzione processuale, incidendo tali tempistiche s sulla decorrenza del termine per l’espletamento delle successive attività difen (Sez. 4, n. 11666 del 02/12/2020, dep. 2021, Gennaro, Rv. 280957).
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorren al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro tremila a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 settembre 2024
Il Consigliere estensore
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