Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 45201 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 45201 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a AVELLINO il 14/11/1986
avverso l’ordinanza del 20/05/2021 della CORTE APPELLO di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso+.
lette le conclusioni del PG in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato le istanze con le quali NOME COGNOME aveva chiesto disporsi la notifica dell’estratto contumaciale della sentenza n. 986 del 2021 emessa dalla Corte di appello di Napoli, previa declaratoria di non esecutività della stessa e, in subordine, il riconoscimento della continuazione tra i reati di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. n. 309 del 1990 giudicati con la predetta sentenza e quelli di cui agli artt. 416, 56, 628, 624, 625 e 648 cod. pen. oggetto della sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Avellino del 15 luglio 2014, confermata dalla Corte di appello di Napoli il 29 giugno 2016.
La prima richiesta è stata rigettata in quanto basata su un presupposto ritenuto insussistente, ossia l’essere stato celebrato il giudizio nella contumacia dell’imputato che, invece, già dichiarato contumace, era comparso in giudizio e, quindi, giudicato come «presente».
Il riconoscimento della continuazione è stato, invece, negato in ragione della disomogeneità delle condotte integranti i reati per i quali sono state riportate le condanne e dell’assenza di un programma criminoso unitario del quale non è stato possibile accertare l’iniziale momento deliberativo.
Avverso il provvedimento ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME per mezzo del proprio difensore, Avv. NOME COGNOME articolando due motivi.
2.1. Con il primo ha eccepito violazione di legge con riferimento alla richiesta di non esecutività della sentenza, ai sensi dell’art. 670 cod. proc. pen., per omessa notifica dell’estratto contumaciale di cui all’art. 548, comma 3, cod. proc. pen.
La sentenza è stata emessa il 3 febbraio 2021 dalla Corte di appello di Napoli nell’ambito di un processo nel quale, nel corso del giudizio di primo grado, il ricorrente è stato dichiarato contumace, prima dell’entrata in vigore della legge n. 67 del 2014 e non avrebbe potuto, quindi, essere dichiarato «libero assente», come, invece, avvenuto nel procedimento di appello conseguente ad annullamento della Corte di cassazione.
L’ordinanza non avrebbe risolto, a dire del ricorrente, il tema della ritualità della notifica dell’estratto contumaciale della sentenza della Corte di appello di Napoli del 3 febbraio 2021, stante la sostanziale natura contumaciale di quel giudizio.
Inoltre, la Corte di appello non avrebbe dato conto dell’esame completo di
tutti i verbali di udienza del giudizio di appello (compresi quelli relativi al giudizio originato dal secondo annullamento della Corte di cassazione): esame dal quale sarebbe stato agevole verificare il vizio derivante dall’omessa notifica della sentenza contumaciale.
2.2. In punto di mancato riconoscimento della continuazione, il ricorrente ha eccepito il travisamento dei principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, lamentando l’omessa considerazione dell’omogeneità temporale dei fatti per i quali sono state riportate le condanne, le modalità delle condotte di partecipazione ai sodalizi criminali, la relativa contiguità territoriale e l’omogeneità delle violazioni.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRMO
1. Il ricorso non merita accoglimento.
Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, l’omessa notifica dell’estratto contumaciale della sentenza n. 986/2021 della Corte di appello di Napoli.
L’adempimento avrebbe dovuto essere effettuato, secondo la ricostruzione contenuta nell’atto introduttivo del presente giudizio, stante l’avvenuta dichiarazione di contumacia nel corso del processo di primo grado davanti al Tribunale di Avellino.
La dichiarazione di assenza successiva a quella di contumacia sarebbe stata erronea risalendo la contumacia a periodo precedente l’entrata in vigore della legge n. 67 del 2014.
Difetta, tuttavia, nel caso di specie, il presupposto dal quale muove il ragionamento del ricorrente.
Infatti, risulta dimostrato documentalmente, per come riportato nel provvedimento impugnato e non contestato in ricorso, che l’imputato, nel corso del primo giudizio di appello, è stato presente in ben cinque udienze analiticamente indicate a pag. 2 dell’ordinanza impugnata.
In tal modo, è venuta meno, come correttamente segnalato nell’ordinanza del giudice dell’esecuzione, la situazione di fatto che aveva dato luogo alla declaratoria di contumacia, non rilevando la mancata revoca formale della relativa dichiarazione.
Conseguentemente, deve trovare applicazione il principio secondo cui «l’omessa pronuncia del formale provvedimento di revoca della contumacia nei confronti dell’imputato che, già dichiarato contumace, sia comparso in giudizio
determinando il venir meno della situazione di fatto che aveva originato la dichiarazione di contumacia, non spiega alcun rilievo, in quanto la contumacia viene a cessare indipendentemente dall’eventuale mancata pronuncia del formale provvedimento di revoca, previsto dall’art. 420 quater cod. proc. pen., con la conseguenza che, in tal caso, non è dovuta all’imputato la successiva notifica dell’avviso di deposito della sentenza, con il relativo estratto, ai sensi dell’art. 548, comma terzo, cod. proc. pen.» (Sez. 5, n. 6472 del 01/12/2004, dep. 2005, COGNOME, Rv. 231402; conforme Sez. 5, n. 1784 del 26/10/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251712).
Il dato non è stato, in alcun modo, contrastato dal ricorrente le cui allegazioni circa il mancato esame dei verbali del giudizio di appello definito con sentenza n. 986 del 2021 k dai quali avrebbe dovuto rilevarsi «il difetto giuridico dell’omessa notifica dell’avviso dell’estratto della suindicata sentenza contumaciale », si rivelano estremamente generiche e, comunque, non coerenti rispetto alla ratio decidendi del provvedimento impugnato che ha evidenziato proprio la non configurabilità, nel caso di specie, di una «sentenza contumaciale».
Il secondo motivo di ricorso riferito al mancato riconoscimento della continuazione è inammissibile in quanto meramente confutativo.
Deve essere richiamato il principio per cui «in tema di applicazione della continuazione, l’identità del disegno criminoso, caratterizzante l’istituto disciplinato dall’art. 81, secondo comma, cod. pen., postula che l’agente si sia previamente rappresentato e abbia unitariamente deliberato una serie di condotte criminose e non si identifica con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione dello stesso a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati; essi, seppure dello stesso tipo, non sono identificabili a priori nelle loro principali coordinate, ma rivelano una generale propensione alla devianza che si concretizza, di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali» (Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, Eloumari, Rv. 266615, conforme Sez. 2, n. 10033 del 07/12/2022, dep. 2023, Mounir, Rv. 284420).
Peraltro, «il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spaziotemporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita. Per detto riconoscimento è richiesto, inoltre, che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle
loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati, se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea» (Sez. U., n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Nel caso di specie il giudice dell’esecuzione si è attenuto ai riportati principi che governano la materia evidenziando, a fronte del dato temporale, pure preso in considerazione, l’eterogeneità delle violazioni, la diversità delle compagini associative (solo uno dei coimputati è comune alle due associazioni, una finalizzata al narcotraffico, l’altra alla commissione di reati contro il patrimonio), la mancata prova del momento in cui è sorta la deliberazione unitaria iniziale.
A fronte di tali elementi, il ricorrente ha riproposto i medesimi argomenti già spesi nell’istanza originaria, riassunti a pag. 3 dell’ordinanza e, dunque, presi in esame dal giudice dell’esecuzione.
La censura si rivela, pertanto, generica e aspecifica, risolvendosi nella mera istanza di rivalutazione di elementi fattuali già presi in considerazione.
Alla luce di quanto illustrato, discendono il complessivo rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 01/10/2024