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Notifica PEC difensore: valida anche se unica per più

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di quattro imputati condannati per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni. La sentenza stabilisce che la notifica PEC al difensore è valida anche se effettuata con un unico atto per più assistiti, purché i nominativi siano indicati nel documento. Inoltre, chiarisce che il principio del ‘ne bis in idem’ non si applica se i reati, pur derivando dalla stessa azione, tutelano beni giuridici diversi (es. getto pericoloso di cose vs. lesioni), non essendoci identità del fatto storico-naturalistico.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Notifica PEC al Difensore e Ne Bis in Idem: la Cassazione fa chiarezza

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 26622/2024, affronta due questioni di grande rilevanza pratica nel processo penale: la validità della notifica PEC al difensore effettuata con un unico atto per più assistiti e la corretta applicazione del principio del ne bis in idem. La pronuncia offre spunti fondamentali per gli operatori del diritto, confermando un orientamento giurisprudenziale che valorizza l’efficienza degli strumenti telematici senza sacrificare le garanzie difensive.

I fatti di causa

Il caso trae origine dalla condanna, confermata in appello, di quattro individui per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni aggravate. I fatti si erano verificati nel contesto di complesse operazioni di sgombero di un edificio, durante le quali gli imputati avevano opposto resistenza, causando danni e lesioni.

I motivi del ricorso: dalla notifica PEC difensore al divieto di doppio processo

Gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione basandosi su diverse argomentazioni. I motivi principali riguardavano vizi procedurali e una presunta violazione del principio del ne bis in idem.

In primo luogo, la difesa ha sostenuto la nullità assoluta della sentenza d’appello per omessa notifica del decreto di citazione a tre degli imputati. L’avviso, infatti, era stato inviato tramite un’unica PEC al difensore comune, che era anche domiciliatario. Secondo i ricorrenti, questa modalità non poteva sanare il vizio per tutti gli assistiti. Per un altro imputato, si contestava l’incertezza assoluta sul destinatario, poiché il suo nome non era indicato nell’oggetto della PEC.

In secondo luogo, si eccepiva la violazione del divieto di essere processati due volte per lo stesso fatto (ne bis in idem). Gli imputati sostenevano di essere già stati sottoposti a un procedimento per i medesimi fatti, qualificati diversamente come ‘getto pericoloso di cose’, e che tale procedimento si era concluso con esito positivo della messa alla prova.

Le motivazioni della Cassazione: la validità della notifica PEC difensore

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, ritenendo le argomentazioni manifestamente infondate. Sul tema della notifica PEC al difensore, la Corte ha ribadito un principio ormai consolidato: l’invio di un atto in copia unica al difensore, sia in qualità di legale che di domiciliatario di più imputati, non costituisce causa di nullità.

I giudici hanno sottolineato le peculiarità del mezzo telematico: la PEC mette l’atto nella piena disponibilità del destinatario, che può visualizzarlo, stamparlo e inoltrarlo un numero indefinito di volte senza costi aggiuntivi. Se l’atto notificato, come nel caso di specie, contiene l’indicazione di tutti i nominativi degli assistiti, la notifica è da considerarsi rituale per ciascuno di essi. Anche l’argomento relativo all’oggetto della PEC è stato respinto, in quanto il contenuto dell’atto allegato identificava compiutamente tutti i destinatari.

La questione del ‘Ne Bis in Idem’

Anche il motivo relativo alla violazione del ne bis in idem è stato giudicato infondato. La Corte ha ricordato che, per applicare tale principio, è necessaria una perfetta coincidenza del fatto storico-naturalistico, inteso nella sua interezza: condotta, nesso causale ed evento. Non è sufficiente una parziale sovrapposizione dell’azione.

Nel caso specifico, il precedente procedimento riguardava la contravvenzione di ‘getto pericoloso di cose’ (art. 674 c.p.), un reato di pericolo posto a tutela della pubblica incolumità in senso generico. I reati oggetto del nuovo giudizio, invece, erano la resistenza a pubblico ufficiale e le lesioni personali. Questi ultimi tutelano beni giuridici diversi (la pubblica amministrazione e l’incolumità individuale) e presentano elementi costitutivi differenti. Le lesioni, ad esempio, presuppongono un evento pregiudizievole per l’integrità fisica che non è contemplato dalla contravvenzione di getto di cose. Mancando l’identità del ‘fatto’, il principio del ne bis in idem non poteva trovare applicazione.

Le conclusioni

La sentenza consolida l’orientamento favorevole all’efficienza del processo telematico, affermando che una singola notifica PEC al difensore è pienamente valida per tutti i suoi assistiti indicati nell’atto, senza che ciò leda il diritto di difesa. Al contempo, offre una chiara interpretazione restrittiva del principio del ne bis in idem, ancorandolo alla nozione di ‘idem factum’ in senso sostanziale e non meramente formale. Una decisione che bilancia le esigenze di celerità processuale con la tutela rigorosa dei diritti fondamentali dell’imputato.

È valida una notifica inviata con un’unica PEC al difensore di più imputati?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che la notifica è valida. Le peculiarità del mezzo telematico consentono al difensore di avere piena disponibilità dell’atto per tutti i suoi assistiti, a condizione che i loro nominativi siano chiaramente indicati nel documento notificato.

Quando si applica il principio del ‘ne bis in idem’ (divieto di doppio processo)?
Il principio si applica solo quando vi è una completa identità del fatto storico-naturalistico tra il primo e il secondo giudizio. L’identità deve riguardare tutti gli elementi del reato: la condotta, l’evento e il nesso di causalità. Non è sufficiente che le azioni siano avvenute nello stesso contesto.

Perché in questo caso non è stato riconosciuto il ‘ne bis in idem’ tra il reato di getto pericoloso di cose e quelli di lesioni e resistenza?
Perché i reati tutelano beni giuridici differenti e hanno elementi costitutivi diversi. Il getto pericoloso di cose è un reato di pericolo contro la pubblica incolumità; le lesioni sono un reato contro la persona che richiede un danno fisico effettivo; la resistenza è un reato contro la pubblica amministrazione. Non sussistendo l’identità del ‘fatto’, il principio non era applicabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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