Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 13561 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 13561 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/11/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale COGNOME
GARGIU LO
che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
udito l’AVV_NOTAIO del foro di MILANO in difesa di COGNOME NOME e COGNOME NOME che, dopo dibattimento, si è riportata ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento;
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza del 21 novembre 2023 con la quale la Corte di appello di Milano, ha confermato le condanne inflitte nei confronti dei ricorrenti dal Tribunale di Milano con sentenza emessa in data 18 ottobre 2022 per il reato continuato di truffa.
1.1. I ricorrenti, con il primo motivo di impugnazione, eccepiscono la nullità della notifica dell’avviso di chiusura delle indagini preliminari e del decreto di citazione a giudizio conseguente alla violazione ed erronea applicazione degli artt. 96, 157, 159, 161, 171, 178, 179, 552 cod. proc. pen., 24 e 111 Cost.
1.2. La difesa ha rimarcato che i verbali di identificazione, dichiarazione di domicilio e nomina di difensore di fiducia sottoscritti dai ricorrenti (in data 17 novembre 2016 per quanto riguarda la COGNOME ed in data 21 febbraio 2018 per quanto riguarda il COGNOME) sarebbero relativi esclusivamente al procedimento iscritto nel registro delle notizia di reato della Procura della Repubblica di Ivrea in relazione al delitto di truffa commesso al danni di NOME COGNOME, procedimento successivamente trasmesso per competenza territoriale alla Procura della Repubblica di Milano.
Di conseguenza, le predette nomine di difensore e dichiarazioni di domicilio sarebbero valide e produttive di effetti esclusivamente con riferimento a tale procedimento penale ed a tale fattispecie criminosa e non in relazione agli altri reati commessi in luoghi e tempi diversi indicati nell’avviso di chiusura delle indagini preliminari emesso dalla Procura della Repubblica di Milano in data 11 ottobre 2019.
1.3. Il Pubblico ministero, a seguito della mancata notifica presso il domicilio dichiarato dagli imputati nell’originario procedimento relativo alla truffa commessa in danno del COGNOME, avrebbe erroneamente notificato l’avviso di chiusura delle indagini preliminari mediante consegna di copia al difensore di fiducia ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., senza tenere conto del fatto che l’atto di nomina del difensore di fiducia deve riferirsi ad un procedimento specifico con conseguente inefficacia in procedimenti diversi da quello in cui è intervenuta la nomina fiduciaria.
A giudizio della difesa, la notifica dell’avviso di chiusura delle indagini preliminari effettuata ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. sarebbe, pertanto, tamquam non esset in quanto compiutasi mediante consegna a difensore la cui nomina era inefficace.
Il Pubblico Ministero, verificata l’impossibilità di effettuare la notifica nel luogo di residenza degli indagati e l’inefficacia delle dichiarazioni di domicilio in atti,
avrebbe dovuto disporre nuove ricerche ai sensi dell’art. 159 cod. proc. pen.; gli inquirenti si sarebbero limitati ad effettuare parziali ricerche della COGNOME e del COGNOME presso il domicilio dichiarato e presso il Comune di residenza in violazione dell’art. 159 cod. proc. pen. che prevede l’attivazione di ricerche cumulativamente in tutti i luoghi indicati al comma 1 della norma citata con conseguente nullità della notifica dell’avviso di chiusura delle indagini preliminari.
1.4. I ricorrenti hanno eccepito anche la nullità del decreto di citazione diretta a giudizio sia in considerazione della nullità della notifica dell’avviso di cui all’art. 415-bis cod. proc. pen. sia in considerazione del fatto che tale decreto è stato erroneamente notificato mediante consegna ai difensori di fiducia ex art. 161, comma 4, cod. proc. pen.
È stato, in particolare, evidenziato che l’effettuazione di nuove ricerche degli odierni ricorrenti era resa ancora più necessaria in considerazione del fatto che il difensore in precedenza nominato dal COGNOME, appena ricevuta la notifica del decreto di citazione, formalizzava rinuncia al mandato e del fatto che il difensore di fiducia nominato dalla COGNOME non si era mai occupato del caso,come accertato dallo stesso Tribunale di Milano che procedeva a segnalare l’abbandono di difesa ed a nominare un difensore di ufficio.
Il Tribunale avrebbe, pertanto, dovuto rilevare la nullità assoluta ed insanabile del decreto di citazione a giudizio e ordinare la rinnovazione della notifica dell’atto, previe nuove ricerche degli imputati.
1.5. I ricorrenti, con il secondo motivo di impugnazione, eccepiscono la nullità della sentenza di primo grado e della sentenza di appello conseguente alla violazione ed erronea applicazione degli artt. 420-bis e 420 -quater cod. proc. pen.
Il Tribunale, ritenendo la nomina dei difensori di fiducia e contestuale dichiarazione di domicilio nonché la mancata comunicazione della variazione del domicilio elementi sintomatici della conoscenza del processo e della volontà degli imputati di sottrarsi alla conoscenza dello sviluppo del giudizio, avrebbe erroneamente dichiarato l’assenza degli imputati, senza tenere conto che gli stessi hanno avuto contezza esclusivamente di essere indagati dalla Procura della Repubblica di Imperia per il solo reato di truffa commesso in danno del COGNOME.
Di conseguenza gli imputati, al momento della dichiarazione di assenza, non avevano avuto conoscenza concreta ed effettiva del processo nella sua interezza ossia con riferimento a tutte le accuse contenute nel capo di imputazione; mancata conoscenza resa ancora più certa in considerazione dell’assoluta mancanza di contatti e di flussi informativi tra il COGNOME ed il difensore di fiducia nominato nel 2018 (circostanza che ha indotto l’AVV_NOTAIO a rinunciare all’incarico) e dell’assoluto disinteresse manifestato dal difensore della COGNOME che
ha indotto il Tribunale a nominare un difensore di ufficio ex art. 102 cod, proc. pen.
I giudici di merito non avrebbero tenuto conto dei principi di diritto affermati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di assenza: le Sezioni Unite hanno, in particolare, affermato che aver nominato un difensore di fiducia che poi ha rinunciato al mandato non consente di affermare con certezza la conoscenza del processo da parte dell’imputato e che il giudice può procedere in assenza dell’imputato soltanto quando vi è assoluta certezza che l’imputato sia a conoscenza dell’accusa e del giorno e del luogo di udienza, tenendo conto che la conoscenza debba riferirsi al processo e non alla fase delle indagini; in particolare la mera conoscenza di un atto del procedimento non basterebbe per presumere la conoscenza certa del processo in quanto l’interessato ben potrebbe essere a conoscenza della pendenza del procedimento ma essere ignaro della celebrazione del processo.
La difesa ha, inoltre, sostenuto che la mancata comunicazione della modifica del domicilio dichiarato non può intendersi come espediente per sottrarsi al processo e che la notifica al difensore ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. non comporta ex se una presunzione relativa di conoscenza del processo e, quindi, non può dirsi satisfattiva dell’esigenza di certezza di compiuta conoscenza del processo da parte dell’imputato (affermazioni fondate sul contenuto della sentenza n. 21997/2020).
1.6 La ricorrente COGNOME, con il terzo motivo di impugnazione, lamenta violazione ed erronea applicazione degli artt. 192 e 533 cod. proc. pen. e 110 cod. pen., travisamento della prova nonché carenza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla penale responsabilità dell’imputata.
La Corte territoriale, con motivazione congetturale ed apodittica, avrebbe fondato la condanna della COGNOME esclusivamente in considerazione del fatto che la ricorrente è l’intestataria del conto corrente sul quale sono state versate le somme pagate dalle persone offese, in assenza di alcun elemento indiziario da cui desumere che detto conto corrente fosse effettivamente stato aperto dalla COGNOME e fosse nella sua disponibilità esclusiva, anche e soprattutto in considerazione del fatto che si tratta di un conto corrente on line che può essere aperto mediante il mero invio di una copia del documento di identità.
I giudici di appello hanno, inoltre, desunto il coinvolgimento della COGNOME esclusivamente dal fatto che la ricorrente in data 17 novembre 2017 ha riferito di coabitare con il COGNOME, senza tenere conto della carenza di elementi probatori atti a dimostrare che tale coabitazione fosse già iniziata nel 2016.
1.7. Il ricorrente COGNOME, con il terzo motivo di impugnazione, lamenta violazione ed erronea applicazione degli artt. 192 e 533 cod. proc. pen. e 110
cod. pen., travisamento della prova nonché carenza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla penale responsabilità dell’imputato.
La Corte territoriale, con motivazione congetturale ed apodittica, avrebbe fondato la condanna del COGNOME esclusivamente sul fatto che le utenze telefoniche utilizzate per porre in essere le condotte truffaldine in danno delle persone offese NOME ed NOME sarebbero intestate al ricorrente, in assenza di alcun elemento indiziario da cui desumere che dette utenze fossero effettivamente nella disponibilità esclusiva del COGNOME.
La motivazione è basata su elementi del tutto presuntivi in relazione alla truffa commessa in danno del COGNOME nel luglio del 2016; i giudici di appello, in assenza di accertamento dell’utenza telefonica utilizzata dal truffatore per contattare la persona offesa, hanno desunto il coinvolgimento del COGNOME esclusivamente dal fatto che lo stesso fosse intestatario delle utenze utilizzate per truffare altre persone offeso e del fatto che il ricorrente nel 2018 abbia riferito di coabitare con la COGNOME, senza tenere conto della carenza di elementi probatori atti a dimostrare che tale coabitazione fosse già iniziata nel 2016.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi sono parzialmente fondati
1.1 Relativamente al primo motivo di ricorso, si deve rilevare che, a fronte dell’eccezione della difesa COGNOME secondo la quale l’elezione di domicilio poteva valere solo per il procedimento avente come parte offesa COGNOME, in quanto gli altri due procedimenti non erano ancora iniziati ed erano stati riuniti successivamente, il Tribunale aveva rilevato che “quando la dichiarazione di domicilio, come nel caso di specie, sia stata raccolta ed allegata agli atti, risulta comunque raggiunto lo scopo di garantire l’identità del dichiarante, la data della dichiarazione e l’inequivocità del suo contenuto anche qualora si tratti di dichiarazione effettuata contestualmente a un atto del procedimento avente diversa finalità; che pertanto correttamente essendo stata accertata l’inidoneità del domicilio dichiarato dagli imputati, la notifica dell’avviso ex art. 415 bis è stata eseguita ai sensi 161 co.4 mediante consegna al difensore, essendo onere dell’imputato comunicare la variazione del domicilio eletto”
Trattasi, all’evidenza, di una mancata risposta a quella che era l’eccezione della difesa, che osservava che per due procedimenti non vi era stata affatto elezione di domicilio, né tanto meno nomina di difensore; la Corte di appello, nel richiamare l’ordinanza del Tribunale aggiungendo che COGNOME era stato “raggiunto dalla conoscenza concreta ed effettiva dell’esistenza di un processo a suo carico” (pag.7 sentenza impugnata) è caduta nello stesso errore, posto che COGNOME era
stato sì posto a conoscenza di un processo, ma relativo ad un solo episodio e non agli altri due che gli venivano contestati.
Deve quindi rilevarsi come nel caso in esame si sia verificato un caso di nullità assoluta, in quanto incidente sul diritto di difesa, e che come tale debba valere anche nei confronti dell’imputata NOME, che ha sollevato identica eccezione di nullità soltanto con il ricorso per cassazione.
1.2 Manifestamente infondati sono, invece, i motivi (proposti da entrambi i ricorrenti) relativi alla mancata ricerca degli imputati (essendo stato correttamente applicato il disposto di cui all’art. 161 comma 4 cod, proc. pen.) ed alla incolpevole mancata conoscenza del processo: come precisato da Cass. Sez.5, Sentenza n. 12445 del 13/11/2015 Cc. (dep. 23/03/2016) Rv. 266368, 29918 del 2016, grava sull’imputato l’onere di attivarsi per tenere contatti informativi con il proprio difensore sullo sviluppo del procedimento, per cui sussiste colpa nella mancata conoscenza della celebrazione del processo quando la persona sottoposta alle indagini, o imputata, dopo aver nominato un difensore di fiducia in un procedimento penale, non si attiva autonomamente per mantenere con lo stesso i contatti periodici essenziali per essere informato dello sviluppo di tale procedimento.” (Sez.3, Sentenza n. 38513 del 22/06/2016 Cc. (dep. 16/09/2016) Rv. 267947).
Nel caso di specie, gli imputati, che avevano eletto domicilio presso il difensore di fiducia nominato, avevano posto in essere due azioni processuali che generano la presunzione di conoscenza ed escludono quindi la ignoranza incolpevole della conoscenza dell’esistenza del processo; il trasferimento degli imputati mai comunicato all’autorità giudiziaria nonché la nomina di un difensore di fiducia, risultano ampiamente sufficienti a ritenere che gli imputati fossero edotti dell’esistenza di un procedimento a loro carico e soprattutto che si siano disinteressati della sua evoluzione, non comunicando la modifica del domicilio e non coltivando i rapporti con il difensore nominato.
1.3 Quanto al procedimento che vede come parte offesa COGNOME, le censure dei ricorrenti attengono al merito e sono, come tali inammissibili, non considerando che (vedi sentenza di appello, pag. 3, 8 e 9) gli accertamenti disposti ai sensi dell’articolo 507 cod. proc. pen. hanno dimostrato che:
l’utenza utilizzata per contattare le persone offese era intestata al COGNOME .
-gli imputati all’epoca dei fatti erano conviventi come riferito dal teste COGNOME e come emerge dal verbale di identificazione in atti;
il truffatore aveva chiesto a NOME di effettuare il versamento della somma sul conto corrente intestato alla moglie NOME COGNOME, con la quale NOME aveva avuto anche un contatto telefonico;
i versamenti di somme sono stati effettuati sul conto intestato alla NOME;
la persona offesa COGNOME COGNOME riferito che il truffat02avevania confidato di essere titolare di un negozio in procinto di chiudere, circostanza successivamente accertata dagli inquirenti;
nessuna giustificazione o versione dei fatti alternativa a quella accusatoria è stata proposta agli imputati rimasti assenti nel corso del procedimento.
Su tutti tali aspetti, evidenziati dalla Corte di appello, i motivi di ricors propongono una mera rivalutazione del compendio probatorio, non consentita in questa sede, stante la preclusione, per il giudice di legittimità, di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, e considerato che, in tal caso, si demanderebbe alla Cassazione il compimento di una operazione estranea al giudizio di legittimità, quale è quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione (cfr. ex plurimis, Cass., sez. VI, 22/01/2014, n. 10289).
Vista la nullità dell’avviso di conclusione delle indagini, la sentenza impugnata e quella di primo grado devono, pertanto, essere annullati senza rinvio relativamente ai reati contestati in danno di COGNOME e COGNOME, con trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano per l’ulteriore corso, con eliminazione della relativa pena e rigetto nel resto del ricorso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, la sentenza di primo grado, nonché il decreto che dispone il giudizio nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME, limitatamente ai reati consumati in danno di COGNOME e COGNOME, e dispone trasmettersi gli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano per l’ulteriore corso.
Rigetta nel resto i ricorsi e determina la pena per il reato in danno di COGNOME in mesi due di reclusione ed euro 50 di multa per COGNOME, ed in mesi uno e giorni quindici di reclusione ed euro 50 di multa per COGNOME.
Così deciso il 13 marzo 2024
Il Consigliere estensore
La Presidq ,