Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33805 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33805 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/05/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME, nato a Pogradec (Albania) il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a Patos (Albania) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Trieste del 19.10.2023
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato nei confronti di COGNOME NOME e la declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto nell’interesse di COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza resa in data 19.10.2023, la Corte d’Appello di Trieste ha confermato la sentenza del Tribunale di Trieste in data 14.3.2022 di condanna di COGNOME NOME e COGNOME NOME alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione ciascuno per il reato di cui all’art. 13 comma 13 D.Lvo 286/98.
Avverso la predetta sentenza, ha, in primo luogo, proposto ricorso in data 23.2.2024 il difensore di NOME COGNOME, articolando tre motivi.
2.1 Con il primo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen., l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 47 cod. pen.
Nell’atto di appello, era stato dedotto l’errore sul fatto da part dell’imputato, che avrebbe escluso la punibilità per avere NOME male calcolato i cinque anni prima dei quali non poteva fare rientro nel territorio italiano dopo esserne stato espulso, facendoli decorrere non dall’ingresso in Albania ma dalla notifica del provvedimento del AVV_NOTAIO.
La Corte d’Appello di Trieste ha disatteso il motivo, sulla base del fatto che, da un lato, non aveva reso dichiarazioni in questo senso e, dall’altro, che nel decreto di espulsione era espressamente scritto che i cinque anni decorrevano dall’effettivo allontanamento dal territorio italiano.
A fronte di tali argomentazioni dei giudici di secondo grado, il ricorso sostiene, in primo luogo, che in realtà l’imputato ha “parlato” tramite il difensore e il silenzio da lui serbato non può essere valutato a suo carico, mentre, in secondo luogo, la Corte d’Appello si è sottratta ad ogni valutazione sull’errore in ordine al contenuto del decreto di espulsione, in quanto sul punto si è riportata alla sentenza di primo grado.
2.2 Con il secondo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 606 lett. b) e lett. e cod. proc. pen., l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale in riferimento all’art. 131 bis cod. pen. e la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.
Su questo punto, già dedotto in appello, la Corte d’Appello di Trieste ha richiamato il lungo elenco di denunce e condanne dell’imputato per escludere l’applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto.
Ma, in realtà, nel certificato del casellario giudiziale – si evidenzia – risu una sola condanna ex art. 444 cod. proc. pen. per un reato in materia di stupefacenti risalente nel tempo, mentre COGNOME è stato assolto da altri addebiti di estorsioni e droga con sentenze che sono state allegate al ricorso.
Si sostiene, di conseguenza, che i giudici di secondo grado abbiano impropriamente valorizzato i precedenti dell’imputato, che in realtà non sarebbero ostativi al riconoscimento della causa di non punibilità, e abbiano errato quando hanno definito non irrisorio il breve lasso di tempo che, al momento del rientro di COGNOME nel territorio italiano, ancora intercorreva rispetto alla scadenza dei cinque anni previsti nel decreto di espulsione.
2.3 Con il terzo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen., inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione
all’art. 62 bis cod. pen. e la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione
Si censura, in proposito, che la Corte d’Appello di Trieste si sia limitata a affermare, senza motivare e senza confrontarsi con il motivo d’appello, che non sussistevano i presupposti per la concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Avverso la sentenza, ha proposto ricorso in data 26.2.2024 anche il difensore di NOME, articolando due motivi.
3.1 Con il primo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 606 lett. c) cod. proc. pen., l’inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, e segnatamente dell’art. 601, comma 1, cod. proc. pen. in relazione agli artt. 178 e 179 cod. proc. pen.
Si censura, in particolare, che il decreto di citazione per il giudizio di appell sia stato notificato all’imputato, elettivamente domiciliato presso l’AVV_NOTAIO del foro di Milano, mediante consegna via pec all’AVV_NOTAIO del foro di Palermo, difensore del tutto estraneo al processo.
Di conseguenza, si è verificata una nullità della notifica ex art. 171 cod. proc. pen., che ha integrato una nullità di ordine generale ai sensi degli artt. 178 e 179 cod. proc. pen.
3.2 Con il secondo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., la mancanza della motivazione in ordine all’applicazione dell’aumento di pena per la recidiva.
I giudici di secondo grado si sono limitati a richiamare la gravità del reato, senza fornire adeguata motivazione circa l’apprezzamento in concreto della idoneità della nuova condotta a rivelare la maggior capacità a delinquere del reo.
Con requisitoria scritta del 30.4.2024, il Sostituto Procuratore generale ha chiesto l’annullamento senza rinvio nei confronti di COGNOME della sentenza impugnata, in quanto effettivamente il decreto di citazione di appello è stato notificato a un difensore diverso da quello di fiducia, e la declaratoria d inammissibilità per il ricorso di COGNOME, in quanto la motivazione del giudice circa il preteso errore sul fatto, la particolare tenuità del fatto e il diniego d attenuanti generiche è congrua e il ricorso tende a sollecitare valutazioni di merito non consentite.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivo di ricorso proposti nell’interesse di COGNOME RAGIONE_SOCIALE sono infondati per le ragioni di seguito esposte.
1.2 Quanto al primo motivo, si deve osservare che la Corte d’Appello di Trieste ha motivato congruamente sull’aspetto dell’errore sul fatto invocato nel ricorso, facendo riferimento al chiaro e inequivocabile tenore testuale del provvedimento del AVV_NOTAIO che esclude ogni ipotesi di errore o fraintendimento.
In ogni caso, l’imputato non ha allegato alcun elemento specifico in proposito e lo riconosce lo stesso ricorso, nel quale si dice – a fronte del medesimo rilievo dei giudici di secondo grado – che piuttosto COGNOME ha “parlato” per bocca del suo difensore.
Ma, ai fini dell’applicazione dell’art. 47 cod. pen., non è sufficiente che l’imputato affermi di non avere avuto la consapevolezza su un elemento costitutivo del reato che caratterizza il fatto tipico, ricadendo su chi invoc l’errore l’onere di provare – o almeno di allegare elementi specifici che consentano una verifica dell’assunto – di aver agito presupponendo una realtà diversa da quella effettiva (Sez. 3, n. 949 del 7/10/2014, dep. 2015, Rv. 261782 – 01).
Di conseguenza, è da ritenersi che il ricorso contenga la mera riproposizione di un motivo di appello sul quale la Corte d’Appello di Trieste ha fornito una adeguata motivazione, con cui il ricorrente non si confronta.
1.3 n secondo motivo e il terzo motivo del ricorso di COGNOME possono essere trattati congiuntamente, perché la Corte d’Appello di Trieste ha reso, in sostanza, una motivazione unica sul diniego dell’applicazione, dapprima, dell’art. 131-bis cod. pen. e, poi, dell’art. 62-bis cod. pen.
In particolare, i giudici di secondo grado hanno evidenziato che il fatto non potesse considerarsi di trascurabile entità, tenuto conto che: 1) il provvedimento di espulsione era stato giustificato dalla precedente condanna di COGNOME (per droga ed estorsione) e dalle precedenti denunce, sicché il provvedimento stesso era da ritenersi «motivato sulla rilevante pericolosità sociale del prevenuto>; 2) l’anticipato reingresso era avvenuto tre mesi prima della scadenza, termine breve ma non irrisorio e, comunque non tale, da rendere trascurabile l’offesa al bene giuridico tutelato; 3) non si poteva valorizzare, come sostenuto dalla difesa, che il reingresso anticipato fosse dettato dalla volontà di COGNOME di ricongiungersi ai familiari, in quanto la presenza dei familiari in Italia risulta sin dal 2002 e non aveva di fatto impedito all’imputato di commettere reati negli anni successivi.
Si tratta di una motivazione appropriata, che, sebbene svolta per escludere l’applicazione della causa di non punibilità dell’art. 131-bis cod. pen. e poi all fine richiamata anche per il diniego delle circostanze attenuanti generiche (“non vi sono pertanto i presupposti né per il riconoscimento dell’ipotesi di cui all’ar 131 bis c.p., né per la concessione delle circostanze attenuanti generiche”), si può attagliare ad entrambi i profili indicati dal difensore.
La complessiva motivazione del mancato accoglimento della richiesta di applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., infatti, ha coperto, accanto ai parametri inerenti alla gravità del reato e al grado di colpevolezza dell’imputato, anche i profili soggettivi del reo, cui è invece prevalentemente collegata la eventuale concessione delle attenuanti generiche: tali profili sono ben vagliati nella motivazione dei giudici di secondo grado, nella quale si richiamano i precedenti penali e la pericolosità dell’imputato.
Di conseguenza, può farsi applicazione del consolidato orientamento di legittimità, secondo cui, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché non sia contraddittoria e dia conto degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., che ha considerato ai fini della loro esclusion (Sez. 5, n. 43952 del 1/4/2017, Rv. 271269 – 01).
Nel caso di specie, la motivazione non è né contraddittoria (al contrario, e del tutto coerente con le premesse da cui muove), né carente, giacché prende in esame più elementi di quelli previsti dall’art. 133 cod. pen., e ciò sebbene si sia riconosciuto in genere che anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato è sufficiente per il diniego delle attenuan generiche (Sez. 2, n. 23903 del 15/7/2020, Rv. 279549 – 01).
Il primo motivo del ricorso presentato nell’interesse di NOME, invece, è fondato.
Effettivamente, dalla consultazione degli atti, consentita dalla natura della eccezione formulata, risulta che il decreto di citazione per il giudizio d’appello si stato notificato all’AVV_NOTAIO ad un indirizzo di posta elettronica certificata diverso dal suo.
Nel corso del giudizio di primo grado, l’AVV_NOTAIO del foro di Milano aveva rinunciato al mandato difensivo in data 24.11.2020, ma rimaneva quale domiciliatario dell’imputato, secondo l’elezione di domicilio alla quale costui aveva proceduto in data 20.2.2019. E anche nella carta intestata su cui l’AVV_NOTAIO del foro di Milano aveva redatto la rinuncia all’incarico di difensore di fiducia, era indicato un indirizzo di posta elettronica certifica diverso da quello sul quale è stata poi eseguita la notifica per il decreto di citazione di appello.
Giacché la rinuncia al mandato difensivo non ha fatto venire meno, in assenza di contrarie indicazioni, l’iniziale elezione di domicilio, la notifi all’imputato per il giudizio di appello avrebbe dovuto essere eseguita (come, peraltro, è stato tentato) al difensore di fiducia rinunciante.
In proposito, è stato affermato, infatti, che è consentita la notificazione d atti a mezzo fax o a mezzo pec al difensore domiciliatario dell’imputato, che
abbia rinunciato al mandato, nel caso in cui non sia intervenuta una modifica della domiciliazione, in quanto la nomina del difensore, l’elezione di domicilio e le rispettive revoche hanno oggetto e finalità diverse (Sez. 3, n. 3568 del 17/9/2018, dep. 2019, Rv. 274824 – 01).
A tale principio si era correttamente attenuta anche la Corte d’Appello di Trieste; sennonché, verosimilmente per un problema di omonimia, l’atto è stato notificato per errore ad un difensore diverso dal difensore donniciliatario di COGNOME.
Di conseguenza, si è effettivamente verificata una nullità assoluta della notifica citazione dell’imputato, in quanto avvenuta presso un domicilio diverso da quello validamente eletto in precedenza (da ultimo, Sez. 3, n. 31783 del 23/6/2023, Rv. 2894988 – 01).
Qui, deve solo aggiungersi che si trattava di una notifica comunque inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte dell’imputato – il quale non a caso è rimasto assente nel giudizio d’appello – in quanto l’avvocato NOME COGNOME del foro di Milano è stato rinominato difensore di fiducia da NOME solo dopo la sentenza della Corte d’Appello di Trieste, ai fini della proposizione del ricorso per cassazione, e pertanto non ha partecipato al giudizio di appello, nel quale l’imputato è stato assistito dallo stesso difensore d’ufficio che lo aveva seguito nel giudizio di primo grado e che aveva poi proposto appello.
L’accoglimento del primo motivo di ricorso assorbe con tutta evidenza il secondo motivo di ricorso, attinente alla dosimetria della pena che era stata inflitta a COGNOME all’esito del giudizio celebratosi in difetto dell’avviso all’imputa
Alla luce di quanto fin qui considerato, pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla posizione di NOME con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello di Trieste per i motivi sopra esposti.
Viceversa, va rigettato il ricorso proposto nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE, che conseguentemente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
o c -g 2 , nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello di Trieste; rigetta il ricorso ci –:di COGNOME NOME con condanna al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 24.5.2024 Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME con rinvio per 9