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Notifica irreperibile: quando è legittima? La Cassazione

Un individuo, condannato per ricettazione e porto di un coltello, ha presentato ricorso in Cassazione contestando la validità della notifica del decreto di citazione a giudizio, in quanto dichiarato irreperibile. L’imputato sosteneva che le ricerche non fossero state approfondite. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che la notifica irreperibile era legittima poiché le ricerche erano state eseguite correttamente presso la residenza e nelle banche dati di polizia, come previsto dalla legge. La Corte ha inoltre respinto le censure sulla qualificazione del reato e sulla congruità della pena.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Notifica irreperibile: quando è legittima secondo la Cassazione?

La procedura di notifica irreperibile rappresenta un punto cruciale nel bilanciamento tra l’efficienza del processo penale e la tutela del diritto di difesa dell’imputato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. N. 20168/2024) ha ribadito i criteri di validità di tale procedura, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato che lamentava ricerche incomplete. Analizziamo la decisione per comprendere i principi applicati.

I fatti del caso: condanna per ricettazione e porto di coltello

Il caso trae origine dalla conferma, da parte della Corte di Appello di Messina, di una condanna a dieci mesi di reclusione nei confronti di un uomo. Le accuse erano di ricettazione, per essere stato trovato in possesso di un portafoglio rubato, e di porto abusivo di un coltello lungo ventitré centimetri.

I motivi del ricorso: notifica, qualificazione del reato e pena

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso per cassazione basato su tre motivi principali:

1. La questione della notifica irreperibile

La difesa sosteneva la nullità della notifica del decreto di citazione a giudizio di primo grado. A suo dire, il decreto di irreperibilità era stato emesso sulla base di ricerche insufficienti, limitandosi a un “verbale di vane ricerche” senza controlli approfonditi. La notifica era stata quindi effettuata al difensore di fiducia, compromettendo il diritto dell’imputato di partecipare attivamente alle fasi preliminari del processo.

2. La richiesta di riqualificazione in furto

Un secondo motivo di doglianza riguardava la mancata riqualificazione del reato da ricettazione a furto. La difesa evidenziava una confessione resa dall’imputato durante il dibattimento, che a suo parere avrebbe dovuto provare che egli fosse l’autore materiale del furto e non un semplice ricettatore.

3. La critica al trattamento sanzionatorio

Infine, veniva criticata la motivazione della Corte d’Appello sulla determinazione della pena, ritenuta carente e basata su una generica affermazione di “congruità”, senza un’adeguata valutazione degli elementi previsti dall’art. 133 del codice penale.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte, fornendo chiarimenti importanti su ciascuno dei punti sollevati.

Validità della notifica all’imputato irreperibile: ricerche adeguate

Sul primo motivo, la Corte ha stabilito che la procedura di notifica irreperibile era stata eseguita correttamente. I giudici hanno sottolineato che, ai fini dell’emissione del decreto di irreperibilità, le ricerche devono essere eseguite cumulativamente in tutti i luoghi indicati dall’art. 159 del codice di procedura penale. Nel caso specifico, le ricerche erano state effettuate non solo presso il luogo di residenza ma anche consultando le banche dati S.D.I. e SIDET. Poiché queste indagini non avevano permesso di rintracciare l’imputato, l’emissione del decreto e la successiva notifica al difensore di fiducia sono state ritenute pienamente legittime.

Infondatezza della riqualificazione del reato

La Cassazione ha giudicato manifestamente infondato anche il secondo motivo. La Corte d’Appello aveva correttamente ritenuto che non vi fossero prove certe del fatto che l’imputato fosse l’autore del furto. La deposizione dibattimentale, indicata dalla difesa come una confessione, è stata considerata di “assoluta genericità” e, pertanto, non decisiva per modificare il titolo del reato.

Congruità della pena e discrezionalità del giudice

Anche il terzo motivo è stato respinto. La Corte ha ricordato che i giudici di merito godono di un ampio margine di discrezionalità nella quantificazione della pena. Per motivare la propria scelta, è sufficiente utilizzare espressioni come “pena congrua” o “pena equa”, a meno che la sanzione inflitta non sia di gran lunga superiore alla media edittale. Nel caso in esame, la pena era stata considerata mite, tenendo conto dell’implicita applicazione di un’attenuante e della mancata inflizione della pena pecuniaria. Di conseguenza, la motivazione è stata giudicata adeguata e priva di vizi logici.

Conclusioni

La sentenza ribadisce tre principi fondamentali. In primo luogo, la legittimità della dichiarazione di irreperibilità e della conseguente notifica irreperibile al difensore dipende dalla completezza e dalla cumulatività delle ricerche effettuate dalle autorità, secondo le prescrizioni del codice di rito. In secondo luogo, la riqualificazione di un reato in sede di impugnazione richiede prove certe e inequivocabili, non potendosi basare su dichiarazioni generiche. Infine, la discrezionalità del giudice nel determinare la pena è molto ampia e la motivazione può essere sintetica, purché logica e aderente alle risultanze processuali.

Quando è considerata valida una notifica a un imputato irreperibile?
La notifica è valida quando il decreto di irreperibilità è emesso a seguito di ricerche effettuate cumulativamente in tutti i luoghi previsti dalla legge (art. 159 cod. proc. pen.), come la residenza e le banche dati delle forze dell’ordine, anche se queste non hanno dato esito positivo.

Una confessione generica in dibattimento può portare alla riqualificazione del reato da ricettazione a furto?
No. Secondo la Corte, una dichiarazione di “assoluta genericità” non costituisce prova certa e sufficiente a dimostrare che l’imputato sia l’autore materiale del furto, pertanto non è idonea a giustificare una riqualificazione del reato.

Il giudice deve motivare dettagliatamente una pena ritenuta congrua?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che, per motivare la quantificazione della pena, espressioni come “pena congrua” o “pena equa” sono sufficienti, a meno che la pena applicata non sia di gran lunga superiore alla misura media prevista dalla legge per quel reato. In tal caso, è richiesta una spiegazione più specifica e dettagliata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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